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Autoaiuto e Spiritualità nel trattamento dell'alcolismo in Italia: uno studio

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Autoaiuto e Spiritualità nel trattamento dell’alcolismo in Italia: opinioni ed atteggiamenti dei professionisti del sistema delle dipendenze


Valeria Zavan, Patrizia Scuderi


Introduzione


Nelle sue grandi linee il sistema italiano di trattamento delle dipendenze è composto da una prevalente componente pubblica costituita dal Servizi per le Dipendenze, da una componente che fa capo al privato sociale e da una componente che si riferisce al volontariato ed al sistema dell’automutuoaiuto.
In campo alcologico inoltre, a questi sistemi di trattamento si affianca un tradizionale e diffuso sistema di intervento ospedaliero pubblico finalizzato alla disintossicazione, ed una rete di strutture dedicate al ricovero riabilitativo per lo più riferentesi al sistema del privato convenzionato.


I Servizi per le Dipendenze, integranti o meno le Alcologie, hanno un assetto prevalentemente ambulatoriale con diffusione capillare sul territorio nazionale ed una tradizione sostanzialmente laica1; le maggiori organizzazioni del privato sociale, intendendo con questo un sistema che si occupa in prevalenza di intervento riabilitativo residenziale (Comunità Terapeutiche - CT), pur essendo nella sostanza laiche, hanno per una quota parte uno sviluppo storico che ha fatto o fa capo a figure carismatiche e/o a principi ispiratori provenienti dal mondo cattolico e religioso. Questi comunque per lo più non svolgono un ruolo esplicito nei programmi dei percorsi riabilitativi.


Il sistema del self-help, i cui maggiori rappresentanti sono i gruppi 12 Passi (Alcolisti Anonimi - AA - e similari da una parte e il sistema ecologico-sociale dall’altra (Club Alcologici Territoriali - CAT), per contro, pur non esprimendo principi ispiratori religiosi, sottolineano l’importanza della spiritualità nell’approccio al recupero e alla riabilitazione (spiritualità del programma di AA, spiritualità antropologica nei CAT).


Nel 2010 erano presenti in Italia 563 Servizi per le Dipendenze, con 6.793 operatori e con 172.211 dipendenti da sostanze e 65.360 dipendenti da alcol in trattamento.
Comunque solo l’8.7% (circa 16.000) dei pazienti è stato inviato da questi stessi presso una CT e solo il 7% (con un range dal 2.8% al 13.9%) (dati riferiti alla sola alcoldipendenza del 2009) è stato inviato ad un gruppo self help (CAT od AA).
Il trend di invio ai gruppi risulta comunque in evidente discesa nel corso del tempo.
Questo nonostante il 33.9% and 42.8% dei Servizi dichiari di collaborare rispettivamente con AA e CAT.
Da tali dati appare evidente che la maggior parte degli utenti affetti da dipendenza fa capo al Servizio pubblico, cioè ad un sistema sostanzialmente laico.


Le diverse realtà terapeutiche inoltre, connotate dalle rispettive filosofie di riferimento, convivono e interagiscono tra loro con gradi variabili di collaborazione reciproca senza in genere interferire direttamente sui principi che li contraddistinguono.
Dai dati derivanti dalle indagini nazionali su campioni di AA (2009 e 2011 – circa 450 gruppi in Italia) emerge inoltre che meno del 30% viene a conoscenza dei gruppi self-help da un professionista e tra questi da meno del 7% di un professionista delle dipendenze.
Stesso andamento è stato rilevato dalla unica indagine italiana su un campione di appartenenti ad NA (Narcotici Anonimi) nel 2005, con un invio da parte dei professionisti del 26.5% dei frequentanti di cui il 13.6% proveniente da indicazioni di operatori dei Servizi perle dipendenze.


Maggiore appare invece l’invio presso i CAT, attualmente con circa 2000 gruppi all’attivo. Complessivamente coloro che frequentano i gruppi di autoaoiuto in Italia sono stimati essere circa 10.000, almeno per i gruppi dedicati ai problemi alcol correlati.
Appare evidente da tali dati come l’utilizzo dei gruppi di autoaiuto non sia al momento una delle risorse maggiormente utilizzate dai Servizi né durante il trattamento né come aftercare.
Ciò appare in contrasto con il grande utilizzo invece dei gruppi self help tipo 12 Passi negli Stati Uniti, e maggiormente similare invece ai dati proventi da altri Paesi europei.


Laudet e Vederhus hanno analizzato i fattori che contribuiscono alla percezione di inelegibilità all’invio ai gruppi self-help (solo 12 Passi) attraverso un questionario costituito da domande semplici, da domande aperte e da diverse scale Likert-like, somministrato ad un campione di professionisti delle dipendenze norvegesi e quindi comparato con un campione di professionisti americani.


I colleghi norvegesi hanno dichiarato una percezione di inelegibilità all’invio ai gruppi quando presente in ordine decrescente: una comorbilità psichiatrica, mancanza di motivazione all’astensione, alcuni contenuti specifici dei gruppi che possano costituire ostacolo alla partecipazione (ad es. la filosofia o alcuni format del gruppo) tra cui l’aspetto religioso/spirituale, problemi cognitivi o di disabilità, un trattamento a mantenimento con oppiacei, una generale mancanza di indicazione alla partecipazione ad un gruppo.
Per contro, le domande del questionario che sondavano le conoscenze rispetto a caratteristiche organizzative, pratiche e modalità di contatto con gli stessi gruppi, hanno evidenziato da parte dei clinici una maggiore conoscenza delle pratiche di invio ed una molto minore conoscenza di principi, pratiche ed organizzazione dei gruppi.


È interessante in particolare notare la diffusa convinzione che il programma di AA sia lo stesso del “programma Minnesota”.
Nel comparare le risposte dei clinici norvegesi con quelle dei clinici americani circa gli ostacoli percepiti rispetto all’invio ai gruppi le differenze statisticamente significative si sono evidenziate solo rispetto alla dichiarazione che gli aspetti religiosi possono essere di ostacolo per molti (p<0.001) e che l’enfasi sul concetto di impotenza può essere dannosa (p<0.001) per il paziente ed infine che per alcuni la partecipazione ai gruppi può essere troppo intensa (p<0.001).


Infine, ma non meno interessante, la comparazione della percezione di importanza del ruolo dei gruppi nel sistema di trattamento e nel recupero, dell’impegno delle organizzazioni nella collaborazione e di valutazione di preparazione al fine di effettuare un invio efficace risultava minore nei clinici norvegesi in maniera statisticamente significativa.


In considerazione di quanto sopra detto e della scarsità degli studi, specie in Italia, circa l’attitudine, le conoscenze ed i criteri di invio dei professionisti delle dipendenze ai gruppi di auto aiuto, si è deciso di sottoporre allo stesso questionario un campione di operatori delle dipendenze italiani per evidenziare somiglianze o differenze con operatori delle dipendenze di altri paesi.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare sulla rivista "Mission" 39/2013 al seguente link: http://www.federserd.it/periodico/mission39.pdf


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it