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News di Alcologia

Bere è diventato uno stile di vita

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Quasi non passa giorno in cui l'intossicazione da alcol o da altre sostanze non travolga vite umane. Ogni volta restiamo attoniti e continuiamo a chiederci se si poteva evitare l'ennesima tragedia e se è possibile far qualcosa perché non ce ne siano altre. E tutte le volte fioccano le discussioni, i pareri, le polemiche.
Come in questi giorni in cui si dibatte sulle nuove "regole" che, proibiscono l'uso di alcol ai giovanissimi. Sono un limite doveroso, un inutile proibizionismo o, addirittura, un danno economico che penalizza il florido mercato delle bevande alcoliche' Da una parte sappiamo che le campagne di prevenzione dirette ai giovani sono sempre risultate poco efficaci, dall'altra sappiamo pure che il proibizionismo non serve a nulla.
Proibizionismo e proibizione (quel piccolo prefisso "ismo" fa una grande differenza) sono due concetti profondamente diversi. Il proibizionismo, un po' come il moralismo, scende dall'alto e non si preoccupa se i soggetti a cui è diretto ne condividano criteri e finalità. La proibizione (come la morale) è invece un'operazione che parte dal basso e che permette al legislatore di ratificare una necessità largamente condivisa. La regola, in questo caso, non fa che sancire ciò che la società già ritiene indispensabile e diventa pertanto una sanzione condivisa in partenza, a cui è più facile e più naturale aderire. Le regole, in ogni caso, non fanno piacere ad alcuno perché limitano la nostra innata tendenza a soddisfare gli impulsi. Forse è per questo che un vecchio adagio afferma che le regole sono fatte per essere violate, soprattutto da parte dei giovani, nei quali è forte l'impulso alla sfida e alla trasgressione.
Eppure, come vediamo nell'abuso di alcol (e di molte altre sostanze e aspetti comportamentali) le modalità eccessive del bere, il cosiddetto "binge drinking" (il bere per lo sballo) ormai non sono più una trasgressione alla regola, ma un nuovo stile di vita, una normalità, non un'eccezione. Per moltissimi giovani sarebbe impensabile "fare serata" senza bere o senza "sballare". Il bere (alcolici) è diventato per molti un modo di essere, un modo di comportarsi, una sorta di nuovo "galateo", quindi uno stile di vita, in sostanza una "nuova normalità".
È questo che forse ci può aiutare a capire quanto sia inutile e donchisciottesco proibire se, allo stesso tempo, legittimiamo stili di vita e comportamenti che vengono considerati "trendy", socializzanti e quindi, più o meno apertamente, accettati ed ammirati dalla nostra cultura.
Come facciamo a dire ai nostri ragazzi che l'alcol fa male se nello stesso tempo diamo loro messaggi mediatici e culturali per cui un giovane con un bicchiere in mano appare molto più desiderabile' I divieti rischiano davvero di diventare solo sterile proibizionismo se continuiamo ad utilizzare questa modalità schizofrenica: da una parte la proibizione e dall'altra la tolleranza, se non addirittura l'ammirazione, verso i comportamenti di abuso.
In tutte le reazioni comparse in questi giorni sui media, sia quelle favorevoli ai divieti sia quelle contrarie, mi ha colpito l'assenza totale di sdegno da parte dei genitori e degli adulti in genere di fronte all'evidenza che i giovani fanno del male a se stessi e agli altri attraverso i comportamenti di abuso. Purtroppo fino a quando i genitori non proveranno orrore di fronte a certe modalità di vivere e di pensare dei loro figli, il mondo degli adulti non farà altro che essere complice di questa situazione.
La società, costruisce i suoi valori attraverso l'elaborazione collettiva dei criteri che dirigono la vita di tutti. È su questi procedimenti che si crea la "cultura" a cui tanto ci si appella. Evidentemente sull'alcol e su altri stili di vita a rischio questa condivisione non c'è ancora stata e, finché non ci sarà, ci dovremo rassegnare a convivere con un certo numero di vittime che non sarà possibile evitare. Per una prevenzione efficace quindi l'obiettivo dev'essere completamente diverso: non è soltanto ai giovani che si deve parlare ma, forse, soprattutto agli adulti. È doloroso pensarlo, ma nel mondo contemporaneo forse il problema più grave dei giovani sono proprio gli adulti perché sono questi ultimi che, da che mondo è mondo, hanno il compito di formare le nuove generazioni attraverso le loro convinzioni e i loro esempi per diventare dei maestri da seguire. E Dio ci scampi dai cattivi maestri!