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Bisogni e dipendenze: osservazioni psicologiche

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Bisogni e Dipendenze...
Dott.ssa Mariarita Valentini
«Se davvero alla base dell'iniziazione alla droga sta un bisogno di trascendersi e una nostalgia del sacro, allora anche la liberazione da

essa può essere raggiunta con un salto qualitativo corrispondente, che trascenda la precedente situazione.
Qui forse sta la radice del fallimento di tante terapie fondate prevalentemente sulla disintossicazione: non si può solo eliminare qualcosa,

bisogna proiettare il soggetto verso una dimensione completamente nuova» (Zoja 1985)
Le sostanze da cui si dipende indicano un astrazione, un'entità, un oggetto, un'idea, un'autorità di cui si pensa di aver bisogno, per cui si

vive e ... si muore.
Non sono un'esperta di droga, ma ho esperienza professionale con pazienti affetti da dipendenze. Per essere esperti sulla droga bisogna

almeno essere filosofi, politici, religiosi, dipendenti.
Lo stregone assume il prodotto di un cactus (mescalina) per entrare in trance e poter compiere le sue divinazioni. Il soldato ferito prende

la morfina per sopportare il dolore. Lo studente si stimola con anfetamine per superare lo stress dell'esame. L'operaio beve il suo bicchiere

di vino alle otto del mattino, per iniziare il suo "dannato" lavoro. Il giornalista accende la quarantesima sigaretta della giornata per riuscire a finire il suo articolo. La casalinga mangia il suo centesimo cioccolatino per non sentirsi insoddisfatta, sola e depressa. Il giocatore mescola per la millesima volta il suo mazzo di carte, pensando che questa è la volta buona per la sua fortuna. L'impiegato con l'ennesimo stereotipato sorriso, racconta la cinquantesima barzelletta che lo aiuta a fare il verso di ridere invece di piangere. Il ragazzo aspira una "boccata" di cocaina pensando che è la vita e non la morte.
Nove personaggi, nove droghe, nove situazioni di dipendenza. Nove ricerche diverse di qualcosa che si può chiamare piacere, sofferenza, senso di colpa, voglia di sentire di più, voglia di sentire di meno, distrazione, concentrazione, rischio, magia, illusione, delusione, pianto, riso, "emozione di ricambio". Naturalmente accade che secondo l'epoca e il contesto sociale cambi la considerazione sui tipi di dipendenza.

Quindi una sostanza può essere farmaco o droga prescritta o condannata secondo le circostanze. L'eroina è stata sintetizzata dalla Bayer per salvare "eroicamente" i morfinomani della prima guerra mondiale ed è stata perciò santificata. Dopo qualche anno è stata condannata perché creava una dipendenza maggiore della morfina. Quante sostanze hanno compiuto questa carriera "morale" che le identifica come angeli o diavoli secondo l'effetto sintomatico sulle persone? Ognuno naturalmente cerca i mezzi per evitare o non avvertire i disagi che si incontrano nella vita. Ne, "Il disagio della civiltà" (1930) Freud afferma: «La vita così come ci è imposta è troppo dura per noi, ci regala troppi dolori, disinganni, compiti impossibili da risolvere. Per sopportarla abbiamo bisogno di qualche palliativo ... ». Questi palliativi di cui parla Freud possono trasformarsi in dipendenze. Ogni dipendenza ha le sue caratteristiche peculiari che, secondo il campo che influenzano, si tingono di una considerazione o di un'altra. L'ideologismo, cioè la dipendenza da un'idea o da un'ideologia condiziona la possibilità di affrontare adeguatamente l'argomento della dipendenza. E allora la questione è spostata sulle droghe buone e le droghe cattive; si preferisce parlare delle centinaia di morti dovuti all'uso della cocaina ed eroina, non delle migliaia di morti per uso di alcolici. Si preferisce parlare di chi fuma lo spinello di marijhuana e tacere dei gravi danni psico-fisici accertati che comporta l'uso smodato delle sigarette. C'è un vecchio detto: «L'alcolismo non viene dalla bottiglia, viene dalla persona». Certo. Come l'obesità non viene dal cibo, come la farmacodipendenza non viene dal farmaco, come la tossicodipendenza non viene dalla cocaina. E allora perché si investono tanti soldi per pubblicizzare delle sostanze (alcool, farmaci, alimenti, sigarette) e poi se ne investono altrettanti per metterci in guardia dalle stesse sostanze? A chi interessa veramente la prevenzione dei disagi psico-fisici e delle tossicodipendenze? La logica direbbe: a nessuno, visti gli atteggiamenti e le azioni che condizionano la realtà socioeconomica. Effettivamente forse è più esatto precisare: a nessuno di quelli che detengono il potere conviene aver chiarezza sul fenomeno della dipendenza poiché ne rimarrebbe coinvolto esso stesso. È semplice, banalmente semplice; ma se si scende nel particolare delle logiche sociali le cose si complicano. E allora è chiaro che qualsiasi tipo di prevenzione è impossibile, se non si vuole rivoluzionare un sistema sociale. È come combattere il sintomo, senza affrontarne la causa. Come farsi abbassare la febbre e poi morire di polmonite. È come prendersela con la propria macchina e non con se stessi responsabili della guida. Ma sì, forse sarà meglio dire: morte alla droga! È il modo migliore per illudersi di fare qualcosa, ma è un modo come un altro per non cambiare.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)