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Bolzano: il primario del Sert, "In 92 casi su 100 lo sballo è da alcol"

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Il primario del Sert: «In 92 casi su 100 lo sballo è da alcol»


Il problema alcol esiste eccome. E questo è un fatto innegabile, nonostante le recenti prese di posizione dell’assessore Sabina Kasslatter Mur. «Negli ultimi sei o sette anni - afferma Elio Dellantonio, primario del Sert - il fenomeno è andato in crescendo, e tutt’ora si assiste ad un periodo di espansione». Ogni tentativo di minimizzare e negare, «è un comportamento irresponsabile».

E se i numeri recentemente pubblicati dall’Astat non fossero abbastanza, il medico ne aggiunge uno che dà una visione plastica del problema: su cento ingressi in pronto soccorso per problemi derivanti dall’assunzione di sostanze stupefacenti, 92 sono per alcol e 8 per droghe e psicofarmaci.

«Per una maggiore completezza aggiungo che 84 accessi su cento derivano solamente dall’assunzione di alcolici, 8 da altre sostanze e ancora 8 dal mix dei due fattori ma con dominante alcolica». Detto questo però la questione non può darsi per chiusa, aggiunge il primario, «Le statistiche riportano un’età compresa tra i 14 e i 29 anni, ma in mezzo ai due estremi ci passano molte differenze».

Se sono tutti “giovani”, dal punto di vista medico è evidentemente più grave che a cercare lo “sballo alcolico” sia un ragazzino in fase di sviluppo che un adulto formato. «Vorrei che fosse chiaro: l’alcol è una sostanza tossica, esattamente come tutte le altre sostanze illegali, e fa male». Fa malissimo invece se la componente tossica attecchisce su tessuti (di organi o cervello) ancora in fase di crescita e quindi più delicati: «Imparare a bere non è come imparare il tedesco, per cui prima si inizia e meglio è; anzi vale l’opposto: nel corpo di un giovane non ancora totalmente sviluppato l’alcol non viene completamente “digerito” e resta in circolo più a lungo procurando danni maggiori». Per questa ragione non si può parlare solo di “bere responsabile” afferma il medico, «si dovrebbe innanzitutto dire: bere il più tardi possibile, e se proprio di deve iniziare, allora farlo responsabilmente». E soprattutto si devono cercare soluzioni. «Ma che non siano la stessa ricetta di proibizionismo e punizioni; si scatenerebbero solo reazioni contrarie e peggiori».

Per andare all’origine del problema bisogna affrontare la questione culturale di questo territorio: «l’Alto Adige ha una tradizione alcolica ad alto rischio di patologie, che viene generalmente sottovalutata e perdonata con leggerezza». Ma non solo, nel frattempo la richiesta di alcol dai giovani è aumentata, «registriamo i primi casi di alcol di tredicenni». La questione giovanile quindi si innesta sul terreno fertile dell’economia vitivinicola e gli effetti si moltiplicano.

«Vorrei che la gente capisse che con il binge-drinking (“lo sballo alcolico, ndr) i ragazzi cercano deliberatamente la perdita di controllo; per le ragioni più svariate: stress scolastico, familiare, lavorativo, emotivo». I ritmi della vita di un giovane sono cambiati, «e mancano gli esempi, anzi abbondano gli esempi negativi». Se un giovane beve spesso lo fa per imitazione di un adulto. «Questa è un’altra questione da non sottovalutare, non si può nascondere il problema negli adulti parlando solo dei giovani: i ricoveri seriali per alcol, fino a 10 in un anno per la stessa persona, arrivano dopo i trent’anni». E a quel punto si tratta di alcolismo. «E dopo la pensione scatta ancora un altro meccanismo: più tempo libero, più bar e più alcol: solo che nel frattempo il fegato si è invecchiato e il corpo ne risente il doppio». In sostanza «non drammatizzare, ma soprattutto non minimizzare», avvisa Dellantonio. E investire in uno studio serio che dia numeri su cui lavorare per il futuro.

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)