338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

British Medical Journal: attenzione al drink dello stacanovista

British Medical Journal: attenzione al drink dello stacanovista


Attente al drink dello stacanovista

Secondo uno studio del British Medical Journal, chi lavora più di 48 ore a settimana appare più incline a cedere al piacere dell'alcol, anche oltre la soglia considerata pericolosa. Senza differenze di genere, etnia, età o status socioeconomico. Un tendenza che si crea quando il lavoratore si percepisce poco efficiente o sente che le proprie risorse non sono adeguate per far fronte alle responsabilità, facendo insorgere uno stress negativo.

Una birra dopo il lavoro con i colleghi, in stile british, per rallegrare il lunedì. Un tardo aperitivo con gli amici per spezzare la settimana e allentare la tensione. Un paio di cocktail contro lo stress il venerdì sera, perché ce li siamo proprio meritati. Se queste frasi suonano familiari, forse è vero quello che sospettano alcuni ricercatori: che potrebbe esserci una relazione tra le troppe ore riservate all'agenda lavorativa e uno dei comportamenti che mettono più a rischio la salute, ossia l'abuso di alcolici.

Più lavoro, più mi piace bere. Lo studio che pone la questione è molto ampio e serio, ed è pubblicato su una rivista più che autorevole, il British Medical Journal. È stato condotto da ricercatori di oltre 30 istituti e università, soprattutto del nord Europa (capofila, l'Istituto di salute occupazionale finlandese). In tutto, sono stati analizzati oltre 80 ricerche condotte in 14 paesi (non solo europei), per un totale di oltre 400mila persone coinvolte. E alla fine di tutte le analisi e degli incroci di dati, quello che è emerso è che chi lavora più di 48 ore a settimana appare più incline a cedere al piacere dell'alcol, anche oltre la soglia considerata pericolosa (21 bicchieri di vino a settimana per gli uomini e 14 per le donne). I ricercatori non hanno trovato differenze rilevanti di genere, etnia, età o status socioeconomico: il nesso sembra valere per tutti.

Quando bere è una strategia. La questione resta aperta in attesa di nuovi studi più mirati. Ma un dato è comunque importante: gli alcolici sono considerati un rapido anestetico contro lo stress da tutti i lavoratori, indipendentemente dagli stereotipi sociali. "Non è sempre detto che chi lavora molte ore sia più stressato di chi ne lavora meno ma, in linea generale, la quantità di tempo speso in ufficio è un buon indicatore indiretto dello stress lavorativo", spiega Antonio Chirumbolo, docente di psicologia del lavoro presso l'Università Sapienza di Roma. "Ed è anche vero che bere alcolici è una classica strategia di coping, cioè quei comportamenti che le persone mettono in atto, più o meno consapevolmente, per fronteggiare le situazioni stressanti. Per quanto riguarda noi italiani, se da un lato abbiamo una cultura del bere diversa, cioè più sociale, rispetto ai paesi anglosassoni e del Nord Europa, dall'altro siamo ormai molto contaminati dalle mode. Insomma, quanto emerso dallo studio potrebbe ben applicarsi alla nostra realtà quotidiana".

Lo stress lavorativo. Quando il lavoro può creare un forte disagio? "Per esempio, secondo uno dei modelli più accreditati in psicologia, quando il lavoratore percepisce che le proprie risorse, sia quelle interne che quelle relazionali, non sono adeguate per far fronte alle responsabilità", risponde lo psicologo. "Quando non vi è solidarietà con i colleghi, o di fronte a incomprensioni con i superiori, o quando l'impegno richiesto è percepito come troppo grande rispetto a ciò che si può o si vuole dare, o ancora quando il proprio ruolo è ambiguo e poco definito: tutte le volte che c'è discrepanza tra le richieste dell'ambiente e le proprie energie, insorge lo stress negativo, spesso legato alla sensazione di mancanza di controllo".

(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://d.repubblica.it/attualita/2015/04/22/news/bere_tanto_alcol_lavorare_troppo_stacanovisti_stress_lavoro-2570012/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)