Broncopneumopatia cronica ostruttica (BPCO): danni del fumo
fumi domestici malattia cronica giovani alcolismo
A lanciare l'allarme gli pneumologi. I livelli di polveri sottili registrati fra le quattro mura possono superare anche di 40 volte la soglia massima consentita all'aperto. Per riparare, "arieggiare bene le stanze è d'obbligo"
adnkronos.com 4 dicembre 2009
Fornelli accesi, sigaretta 'libera', fuoco nel camino. L'aria di casa può essere più inquinata di quella esterna, e i livelli di polveri sottili registrati fra le quattro mura possono superare anche di 40 volte la soglia massima consentita all'aperto. A mettere in guardia contro lo 'smog' casalingo sono gli esperti dell'Aipo (Associazione italiana pneumologi ospedalieri), riuniti a Milano per il loro 40esimo congresso nazionale.
Gli specialisti intervengono su un tema 'caldo' soprattutto in questi giorni, dopo gli avvisi di garanzia notificati in seguito a un esposto del Codacons al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, al sindaco di Milano Letizia Moratti e al presidente della Provincia Guido Podestà. E a rischiare di più respirando i 'fumi' domestici sono i pazienti con Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva): 2,6 milioni solo in Italia, dove però un malato su due non sa di esserlo, avverte l'Aipo.
Ad 'avvelenare' l'aria di casa, spiega, sono "attività come cucinare, fumare, accendere il camino". Per riparare, "arieggiare bene le stanze è d'obbligo" specie per chi soffre di Bpco, la quinta causa di morte nel mondo, che nel nostro Paese uccide 18 mila persone all'anno. Un killer sottovalutato, tanto che "la patologia non viene diagnosticata nel 50-75% dei casi", stima Antonio Corrado, presidente Aipo. "Sensazione di 'fiato corto' e difficoltà crescente a compiere sforzi anche minimi sono i campanelli d'allarme a cui fare attenzione", precisa. Ma oggi troppi pazienti non consultano il medico dopo i primi sintomi e la diagnosi arriva quando il danno polmonare è già esteso.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la Bpco colpisce già 80 milioni di abitanti del pianeta; uccide una persona ogni 15 secondi, diventerà la terza causa di morte nel 2030 e solo in Europa costa ogni anno 10 miliardi di euro. Primo imputato: il fumo di sigaretta. "Fumare è una malattia - dice Leonardo Fabbri, docente di medicina respiratoria all'università di Modena e Reggio Emilia - una tossicodipendenza di cui la medicina e la società devono occuparsi. L'Oms, infatti, classifica il tabagismo tra le patologie da dipendenza farmacologica, nella stessa lista in cui si trovano anche l'abuso di alcol e l'assunzione di eroina".
Contro la Bpco, anche per intercettare il 50% di 'sommerso', è quindi "necessario ricorrere a tutti gli strumenti a nostra disposizione per aumentare la cultura della prevenzione, in particolare continuando la battaglia contro fumo di tabacco e inquinamento ambientale e domestico", sottolinea l'esperto. "Oltre alla corretta informazione/educazione - aggiunge - è importante utilizzare tutte le armi terapeutiche a nostra disposizione". Con un occhio ai nuovi farmaci. Dal 2010 sarà disponibile in Italia il roflumilast, che "potrebbe diventare un farmaco completamente nuovo da aggiungere agli esistenti nel trattamento della Bpco", precisa Fabbri. Appartiene alla famiglia degli inibitori dell'enzima fosfodiesterasi 4 (PDE4) - ricorda l'Aipo in una nota - funziona con un altro meccanismo rispetto al cortisone ed "è stato messo a punto per agire diversamente dai broncodilatatori, perché tratta l'infiammazione alla base della malattia e non semplicemente agendo in maniera primaria sui sintomi quotidiani". In studi clinici, puntualizza Fabbri, "ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante delle riacutizzazioni nei pazienti con Bpco da moderata a grave (fra il 15 e il 37%), anche quando associato alla terapia standard inalatoria". In alcuni pazienti può causare nausea, diarrea e perdita di peso, reversibili se si interrompe il trattamento.