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Bulimia e anoressia, un male oscuro che si nasconde anche nella Rete

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Bulimia e anoressia, un male oscuro che si nasconde anche nella Rete
Quella dell'alimentazione disturbata è una delle grandi emergenze del nostro tempo. Riguarda gli adolescenti, soprattutto, ma la novità è che forme di anoressia rispuntano massicciamente anche fra le donne sulla soglia della meno pausa. I dati ufficiali sono questi: i malati conclamati in Italia sono tre milioni, crescono ogni anno del 3 per cento. E ancora: solo una piccola percentuale dei giovani malati di anoressia o bulimia viene alla luce (il 2%), ma si calcola che in realtà una ragazza (ragazzo) su quattro ne soffra segretamente. Infine 4 ragazzi/e su 10 non sono soddisfatti della propria forma fisica.
Come spiegano sia il professor Rotella - responsabile dell'agenzia di obiesologia a Careggi - che la dottoressa Mezzani, psichiatra al centro disturbi alimentari di villa dei Pini a Firenze - il rapporto con il cibo sta diventando uno dei principali sintomi di disagio dei ragazzi, come l'alcol, come la droga. Colpa prima di tutto del contesto sociale, che al corpo riserva sempre molta attenzione, e ovviamente di quello familiare, i cui disordini psicologici o alimentari ricadono sui figli.
A complicare le cose, ora, c'è anche la Rete. Nascono come funghi siti o blog in cui scambiarsi informazioni per nascondere il proprio disagio e per raggiungere stadi sempre più pericolosi di anoressia o bulimia senza che gli altri possano accorgersene. E anche per compensare le responsabilità che il mondo della moda sente di avere, la rivista Vogue ha avviato una campagna di raccolta di firme per chiedere una legge che imponga la chiusura di questi siti (leggi articolo qui sotto).
Nel video che accompagna questa nuova puntata della rubrica parla Renata Perretti, una giovane donna miracolosamente sopravvissuta a 35 anni di anoressia/bulimia. Ha raccontato la sua storia in un libro intitolato "A testa in giù" e in questa nostra intervista ne ripercorre le tappe. Il messaggio ai genitori è prima di tutto questo: non parlate di grassezza o magrezza, non parlate di cibo ma semmai di forma fisica. E se poi serve un numero per capire quando cominciare a preoccuparsi, sappiate che il rapporto fra peso e altezza al quadrato deve stare fra 18,7 e 25. Al di sotto di questa soglia rivolgetevi a un esperto. Perché non c'è niente ma proprio niente di male a chiedere aiuto.
Qualche domanda al professor Rotella: cosa devono fare i genitori quando hanno il sospetto che la figlia sia in difficoltà alimentare?
Di fronte al dubbio della presenza di un disturbo del comportamento alimentare in famiglia, purtroppo non è possibile delineare delle strategie o delle condotte da seguire che possano portare alla risoluzione del problema. Ma "fare la cosa giusta" non può e non deve essere l'obiettivo dei parenti coinvolti.
Ovvero?
I parenti devono comprendere ed accettare molto precocemente che sono le persone meno indicate per poter aiutare i propri cari. Questo perché la componente emotiva in queste circostanze è troppo elevata, tanto da non rendere obiettive le persone coinvolte. Poi queste problematiche sono tutt'altro che semplici da affrontare e richiedono un grande numero di conoscenze ultraspecialistiche, che soltanto dei professionisti possono avere.
Quando bisogna cominciare a sospettare?
Per esempio dopo rapide variazioni del peso corporeo o notando condotte particolari o stravaganti nei confronti del cibo
Bisogna parlarne, del problema, o è meglio sorvolare?
A mio parere l'atteggiamento migliore da tenere è quello di evitare il più possibile di parlare del problema, soprattutto durante i pasti. Bisognerebbe al contrario riuscire a far sentire la propria presenza alla persona cara senza farle avvertire in modo eccessivo pressioni o preoccupazioni. In altre parole riuscire ad offrire il proprio aiuto, ma chiarendo che la strada per la risoluzione del problema deve passare attraverso il consulto di uno specialista al di fuori del nucleo familiare. Chi si occupa di disturbi alimentari sa benissimo che per portare avanti un percorso di cura che sia proficuo nel lungo termine sono assolutamente necessarie la consapevolezza del problema e la ferma volontà della persona interessata di affrontare il problema affidandosi a una persona esperta.
Quale comportamento in famiglia può favorire disturbi alimentari?
Lo studio del dottor Ricca di Careggi dimostra che il sovrappeso e l'obesità dei genitori influiscono senz'altro sulle condotte alimentari dei figli così come le eccessive preoccupazioni sul peso e la forma corporea del figlio/a