C'era il rito dell'aperitivo, il rito di bere qualcosa per sciacquarsi la bocca dalla giornata lavorativa...
Ho sempre bevuto, fin da giovane... C'era il rito dell'aperitivo, il rito di bere qualcosa per sciacquarsi la bocca dalla giornata lavorativa, o semplicemente per rinfrescarla e preparare il palato per i pasti...
Devo iniziare il mio racconto partendo da molto lontano in quanto provengo da quella che adesso si chiamerebbe una "famiglia allargata". Sì, perchè oltre ai componenti classici della famiglia, il babbo, la mamma e i figli (siamo in tre, di cui uno mio fratello gemello), viveva con noi anche lo zio Antonio. Egli ha rappresentato per noi, figli di papà Tommaso, il vero padre, il caposaldo, l'indirizzo a cui rivolgerci quando qualcosa andava storto o semplicemente quando si aveva voglia di parlare e di sfogarsi, per esempio per la scuola o per una tristezza che non voleva andare via, dovuta magari ad una ragazza o ad un pessimo voto.
Non vi sono casi di alcolismo nella mia famiglia. La nostra era una famiglia composta da persone tranquille e normali, senza tanti "grilli per la testa". Forse la mancanza di questi "grilli", di vere passioni come lo sport (mai fatto in maniera continuativa), la musica (mai fatta studiando qualche strumento), ha fatto sì che piano piano mi avvicinassi al bere.
Ho sempre bevuto, fin da giovane, un bicchiere a pasto in famiglia, poi fuori con gli amici.
Talvolta bevevo molto, fosse per un brutto voto, fosse per una litigata con la ragazza che consideravo meravigliosa e perfetta...
Ho anche bevuto per noia, per sopportare una ragazza di cui non mi importava nulla o semplicemente perchè, in fondo, non mi piaceva quello che facevo. Con questo rito particolare lasciavo trascorrere le giornate.
Giornate vuote, piene di sigarette, musica e, chiaramente, vino.
C'era il rito dell'aperitivo, il rito di bere qualcosa per sciacquarsi la bocca dalla giornata lavorativa, o semplicemente per rinfrescarla e preparare il palato per i pasti.
Rilassarsi, anche.
Sedersi con in mano un buon bicchiere di vino, le sigarette al tavolino del mio locale preferito, specialmente di sera, e aspettare la mia lei, normalmente in ritardo: era quello che adoravo. Continuo ad adorare questo rito, ma ora ho tolto il vino.
L'alcol è subdolo, dà allegria in primis, fa socializzare, ti aiuta nei momenti tristi o quando sei stanco. Due bicchieri ti aiutano a finire i lavori difficili.
Ma in che modo? A che prezzo?
Se al tavolino non aspetti più nessuno, nemmeno un amico per fare due chiacchiere, è perchè sei isolato, circondato da un muro che ti sei piano piano costruito, significa che sei solo.
Solo, perchè neanche la tua bevanda, l'alcol, ti può dare una mano a sollevarti. In quel momento capisci che non ha più senso continuare così e decidi di parlarne in famiglia per poter trovare una soluzione e risolvere quella che ormai è diventata una malattia.
Capire che l'amore per l'alcol porta a problemi gravi ti può portare a farti aiutare. La ricerca di un medico fidato e una clinica hanno fatto di me un uomo nuovo, ma vari avvenimenti (la separazione da mia moglie, l'incontro con quella che ora è la mia compagna), hanno fatto sì che decidessi per l'ingresso presso il CUFRAD, anche su consiglio del mio Ser.T. di appartenenza.
Qui mi trovo abbastanza bene, certo mi manca casa e la famiglia, ma spero, anzi sono sicuro di ritornare a essere quello di una volta, quel "ragass" che non aveva bisogno di bere per "fare qualcosa".
Il vino può aspettare tranquillamente. Sarò io l'artefice per poter vedere nascere il sole, sobrio, pulito, e sentire a pieni polmoni l'aria fresca che indica un nuovo giorno, un giorno della mia vita che vale la pena di essere vissuto pienamente!
Ora non c'è più un tramonto che debba per forza essere seguito dall'alba: non passo più le mie nottate sveglio con un bicchiere in mano.
Imbraccio una chitarra, lascio che siano quelle le corde che tirino su la mia vita, e che non mi sia estraneo il volermi bene.
Da quando non bevo ho ricominciato a vedere il mondo lucido così come deve essere. Senza nebbia.