Capri: vino e salute, una "guida" per chi si mette alla guida
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Oggi al Centro Congressi di Capri dalle 10,30 convegno «Vino e Salute». Roberto Sgalla, dirigente della Polizia Stradale, Terenzo Medri, presidente nazionale Ais e Lucio Mastroberardino parleranno della guida in stato di ebbrezza. Ecco un contributo di Gimmo Cuomo sul tema, dall'introduzione di «Campania da bere 2008».
La prima volta fu nel lontanissimo 1995. La patente mi fu ritirata sulla base di un semplice rilievo strumentale (1,1 il tasso alcolemico a fronte di un livello massimo accettabile di 0,8), durante uno degli allora rarissimi controlli a tappeto, disposti probabilmente per giustificare l'acquisto dei primi, rudimentali, etilometri ed effettuati con l'ottusa mancanza di discernimento, necessaria in casi del genere, da zelanti tutori della legge. La seconda (e ultima) volta, nel 2001, fui appiedato senza un test, sulla base di un riscontro sommario successivo a un piccolo incidente. Anche in quell'occasione un mese senz'auto, fu il verdetto. Ebbene, mentre la prima volta decisi di oppormi (senza successo) a quella che considero tuttora una sostanziale vessazione, nel secondo caso, pur avendo, in assenza di una certificazione strumentale, molte più possibilità di farla franca, ritenni sacrosanta la sanzione (...). Gli episodi autobiografici dimostrano che può accedere di avere in circolazione nelle vene una quantità di alcol maggiore del limite previsto dalla legge e non mostrare alcun segno di appannamento di riflessi, mentre, viceversa, non c'è bisogno di un test ad hoc per capire che un conducente non è in grado di guidare. Del resto, è evidente che non tutti hanno lo stesso grado di tollerabilità verso gli alcolici. E' che la stessa quantità di alcol che metterebbe al tappeto una ragazzina porrebbe essere assunta come aperitivo da un soggetto di differente struttura fisica. Ora, la questione della prevenzione e repressione del fenomeno della guida in stato di ebbrezza è stato portato all'attenzione dell'opinione pubblica e del legislatore dalla crescita del numero delle cosiddette stragi del sabato sera, cioè di quegli incidenti mortali provocati per lo più da giovanissimi di ritorno da locali notturni dove hanno consumato in quantità industriale alcol e non solo.
Non mi sfugge, anzi sono profondamente convinto, che l'incolumità dei cittadini rappresenta un bene primario, che uno Stato civile deve irrinunciabilmente garantire. Ma sono altrettanto convinto che se la risposta ad un fenomeno si fornisce solo in termini di repressione, il risultato sarà deludente. Di fronte all'incalzare dell'opinione pubblica, mentre da un lato si è provveduto ad abbassare la soglia del (consentitemi se lo ricordo, presunto) stato di ebbrezza, dall'altro si sono moltiplicate in maniera esponenziale le sanzioni penali e amministrative per chi viene beccato. Ammetto: un giro di vite occorreva. Ma credo che la strada scelta sia stata quella più ipocrita e sbrigativa: sparare nel mucchio, assimilando in premessa l'irresponsabile ventenne a chi ha consumato in compagnia una bottiglia di vino. Forse sarò condizionato dalle mie precedenti esperienze o dal lavoro attuale. Ma, credetemi, non riesco proprio a considerare pericoloso per le collettività, fino a prova contraria, chi su tre portate distribuisce 375 millilitri di vino. I frequentatori delle discoteche non bevono il vino (...). Dove voglio andare a parare? Spero che i doverosi controlli per verificare il rispetto delle nuove norme siano ispirati a un sano realismo, che tenga conto di circostanza e situazioni diverse. Effettuare test a tappeto, senza aver rilevato in precedenza delle infrazioni al codice della strada o comunque comportamenti anomali dell'automobilista fermato, effettuare dei test in maniera indiscriminata solo perché si ha bisogno di dati (leggi numero di patenti ritirata) da buttare in pasto all'opinione pubblica dopo l'ennesimo incidente mortale, sarebbe sbagliato. In altre parole, accettiamo le norme più severe. Ma, almeno, sia saggia e mirata la loro applicazione. Non si abbandonino gli agenti della pattuglia di turno a loro stessi, senza regole di ingaggio precise. Sarebbe come lasciare ai soldati in missione di pace la possibilità di aprire il fuoco a piacimento. La politica di applicazione di norme che prevedono sanzioni pesantissime per un reato (solo) di pericolo, insomma, sia prudente. E tenga conto che a cena fuori vanno anche i magistrati, i prefetti, i poliziotti. Sarebbe imbarazzante accorgersi che la patente di nessuno di questi abbia contribuito alle statistiche.