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Cirrosi, l'alcol è un veleno

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Cirrosi, l'alcol è un veleno
L'infiammazione cronica provoca cicatrici fibrose. Speranze dalla sperimentazione sui farmaci
Milano - Molte raccomandazioni sul corretto stile di vita e una ventata di buone aspettative sul futuro delle cure delle malattie del fegato

dal Congresso annuale dell'Associazione europea per lo studio del fegato (Easl) svoltosi a Berlino. Siamo alla soglia di una svolta culturale

e farmacologica. Come prima cosa gli epatologi puntano a far crescere il senso di responsabilità della gente.
L'attenzione ai fattori di rischio, infatti, abbinata all'impiego dei nuovi antivirali ad alta barriera genetica, che bloccano il virus e

«spengono» l'infiammazione del fegato, possono dare ottimi risultati. Più in là, gli studi sull'interferone lambda dovrebbero permettere di

mettere il guinzaglio all'epatite C con ridotti effetti collaterali. E ancora per l'Hcv, si sta lavorando anche alla realizzazione di un

vaccino. Buone notizie, quindi, se si pensa che nel nostro Paese si stima che il 3% della popolazione sia già venuto a contatto col virus

dell'epatite C, che si diffonde col ritmo di 1.000 nuovi casi all'anno ed è la prima causa di trapianto di fegato al mondo.
"Un corretto stile di vita alimentare, evitare l'abuso di alcol, il fumo e la sedentarietà». Sono le regole di Maurizia Brunetto,

responsabile di Gastroenterologia ed Epatologia dell'Azienda ospedaliera universitaria pisana. "Non solo proteggono la salute del fegato, ma contribuiscono a mantenere alta l'efficacia di eventuali terapie. Ed è anche importante che chi sa di avere una storia familiare di malattie di fegato si rivolga al medico di famiglia per andare a fare gli approfondimenti necessari per capire se ha un rischio virologico. Il consiglio vale anche per chi ha fatto uso di droghe per via endovenosa o ha avuto una vita sessuale estremamente promiscua. Un altro aspetto da vagliare è quello delle persone che hanno effettuato interventi chirurgici importanti o ricevuto trasfusioni di  angue prima degli anni

Novanta".
L'epatite è un'infiammazione del fegato dovuta a un agente virale ed è responsabile dell'80% dei casi di tumore epatico primario al mondo. E' una malattia subdola perché non dà sintomi fino a quando le condizioni del fegato risultano seriamente compromesse. L'infiammazione cronica delle epatiti B e C danneggia le cellule epatiche creando delle cicatrici (fibrosi) che compromettono la capacità funzionale del fegato. Nel corso degli anni le cicatrici peggiorano e arrivano a cambiare l'architettura dell'organo (cirrosi). Questa situazione, estremamente degenerata, se non viene arrestata con gli antivirali e l'interferone porta al cancro.
La vaccinazione è oggi il miglior metodo di prevenzione dell'epatite B, ma è efficace solo per chi non è mai stato esposto al virus.

Attualmente si sperimenta sull'uomo, e proprio in Italia (due studi in fase I), un vaccino per l'epatite C. "Una ricerca fertile" la

definisce Heiner Wedemeyer, segretario generale Easl, appena agli inizi, ma che mostra dati incoraggianti. Siamo impazienti di avere maggiori evidenze sull'efficacia di questa nuova arma per la prevenzione». Intanto il convegno ha definito che il 28 luglio sarà la giornata mondiale dedicata alla lotta contro la malattia.
La Food and drug Administration Usa intanto ha recentemente approvato il telaprevir per il trattamento del virus dell'epatite C. L'

approvazione arriva poco dopo l'approvazione di boceprevir, una molecola analoga ma di un'altra casa farmaceutica. Telaprevir è approvato per il trattamento dell'epatite C cronica genotipo 1 in associazione con peginterferone alfa e Ribavirina, in pazienti naive, o precedentemente trattati con interferone, con età superiore ai 18 anni e con malattia epatica compensata, compresa la cirrosi. Le tre fasi di studio randomizzate sono state condotte su circa 2250 pazienti. La terapia si dimostra più efficace nella misura del 20-45% rispetto agli attuali standard di cura.
di Maurizio Maria Fossati


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)