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Cocaina e nuovi stili di consumo: i cocainomani "da lavoro"

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Ecco i cocainomani da lavoro. Ma ora lo sballo non c'entra
I dopati della cocaina appartengono a tutte le categorie professionali. Dopo i camionisti e i cottimisti, l'ultima novità sono gli artigiani.

Idraulici, elettricisti, imbianchini. Gente che magari non ha particolari problemi ma che crede di rendere di più prendendo la sostanza. La

coca promette molto, ti offre chiavi di accesso ma poi, al massimo dopo un anno, inizia a presentarti il conto
Come agisce la psiche di chi sniffa per lavorare? "Il periodo della coca intesa come sostanza di moda sta finendo - ragiona Riccardo Gatti,

capo dell'Asl 1 di Milano, uno dei massimi esperti italiani di tossicodipendenze - La sovraesposizione iniziata con lo yuppismo e il post

yuppismo ha lasciato il posto anche a usi "altri". Utilizzi comuni, come quelli del doping sul lavoro. Nessuna categoria esclusa". Il cuoco

che a forza di tirare non ricorda più gli ordini che arrivano in cucina. La baby sitter che crede di essere più vigile e attenta. Il pilota

che si spara l'eroina per spegnere la fiamma della coca. Il camionista che per stare sveglio alterna le strisce bianche con le meno care

anfetamine. Il campione di motociclismo che, nonostante o forse proprio a causa della fama e del successo, cede alla tentazione dell'additivo

chimico. "Da una parte - continua Gatti - c'è la convinzione di potere resistere a una fatica oggettiva, o percepita come tale.

Dall'altra, partendo da un'insicurezza di base, ci si illude di riuscire ad ottenere da se stessi più di quello che si è".
Dimenticate l'immagine, tanto cara al cinema, del broker di Borsa che come i suoi colleghi "lupi" di Wall Strett diventa un aspirapolvere per

essere carico e seguire H-24 l'andamento dei mercati mondiali. Appare stantia anche l'idea che la coca imbianchi solo poche e ben remunerate professioni (i luoghi comuni erano abitati dai mondi della finanza, della moda, dell'arte, dello spettacolo). Dice Roberto Bertolli, direttore della casa di cura "Le Betulle" di Appiano Gentile (assieme a Furio Ravera, autore di "Un fiume di coca"): "C'è un allargamento a tutte le categorie professionali. Dopo i camionisti e i cottimisti, l'ultima novità sono gli artigiani. Idraulici, elettricisti, imbianchini.

Gente che magari non ha particolari problemi ma che crede di rendere di più prendendo la sostanza. La coca promette molto, ti offre chiavi di

accesso ma poi, al massimo dopo un anno, inizia a presentarti il conto".
TRAPPOLA TRASVERSALE. Dall'autista al medico, dal pilota al giornalista, dal carpentiere al tecnico di laboratorio, i dopati della cocaina

stanno sul bordo delle statistiche ufficiali. In Italia sono censiti 2 milioni di cocainomani abituali, 700mila saltuari, il 20% della

popolazione l'ha provata tra i 15 e i 23 anni e il 5% dei minorenni la usa frequentemente. Ma loro, i cocainomani da lavoro, difficilmente

entrano nei numeri. Si nascondono a se stessi, la "dichiarazione di consumo", per loro, è ultima spiaggia. Più di quanto lo sia per il tipico

cocainomane da sballo. Fissare percentuali è impossibile. Ma c'è chi ritiene che il rapporto di un lavoratore ogni cinque - nelle categorie

più esposte - sia tutt'altro che imprudente. Esempi? I muratori a cottimo nel triangolo dell'edilizia (Milano, Bergamo, Brescia), un

distretto nel quale, secondo i medici del lavoro, il consumo di sostanze è cresciuto, negli ultimi dieci anni, di quasi il 50%.
Da Nord a Sud: a Lanciano, la metà degli utenti del Sert è costituita da operai della vicina Fiat-Sevel. Racconta Fabio Rancati,

amministratore delegato di Crest: "Mi chiama un grosso imprenditore. La normativa lo obbliga a sottoporre al test delle urine anche i

mulettisti e lui non sa come comportarsi. Gli dico: lo devi fare. Fa fare i test, e quattro operai risultano positivi alla coca. In base alla

legge avrebbe dovuto segnalarli e farli curare. E invece... C'è molta sottovalutazione del rischio di danni che un lavoratore che si droga -

a prescindere che sia un manager o un operaio - può procurare all'azienda. Io il test lo estenderei a tutte e le categorie".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)