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"Con tenacia e tanto dialogo aiuto le persone a uscire dal tunnel dell'alcol": la testimonianza di un volontario

"Con tenacia e tanto dialogo aiuto le persone a uscire dal tunnel dell’alcol": la testimonianza di un volontario

di PIETRO TROIANELLO
- CODOGNO -
ENTRATO a far parte di un piccolo gruppo di pionieri che tra Lodi, Casalpusterlengo e Codogno si impegnavano sul versante dell'aiuto a quanti rischiavano di

rovinare con l'alcol sia la loro vita, sia quella delle loro famiglie, Franco Tramontano ha deciso di orientarsi lungo un particolare percorso di

volontariato, inoltrandosi con passione e determinazione. Nel 1997 gli era capitata l'opportunità di iscriversi assieme ad altri 12 volontari ad un corso di

specializzazione, promosso a Lodi su input delle autorità sanitarie. «All'inizio eravamo un po' disorientati - ricorda -. Poi c'è stato un primo contatto con

l'Acat regionale (Associazione club alcolisti in trattamento)».
Quel seminario è diventato la molla della sua scelta di contrastare l'alcool?
«Solo in parte. Durante il corso sull'alcolismo è riaffiorato in maniera prepotente il ricordo di un episodio accaduto a Milano, quando ero volontario in

parrocchia. Si stava celebrando la processione al seguito della statua della Vergine e un sacerdote si rivolse a me e ad altre persone dicendo con aria

allarmata: "Per favore intervenite; c'è un ubriaco che disturba e infastidisce tutti". Fui tra i primi ad accorrere. Presi sotto braccio il "disturbatore",

lo invitai a seguire la processione e per tutto il percorso lui mi parlò dei sui problemi, raccontandomi tanti particolari della sua vita. Era ubriaco,

certamente, ma aveva un gran bisogno di confidarsi».
Così ha deciso di impegnarsi in gruppi nei quali la comunicazione e la condivisione sono la base per staccarsi dalla "bottiglia"?
«È vero! Confronto e condivisione sono i cardini dei nostri club che poi confluiscono in associazioni territoriali, nell'Acat regionale e nazionale. E adesso

anche nell'Acat mondiale. Noi interveniamo sulle persone ( uomini, ma spesso anche donne) e sulle loro famiglie. Il coinvolgimento familiare è indispensabile

come ha insegnato il professor Vladimir Hudolin, autore del modello operativo al quale da sempre ci ispiriamo».
Qual'è stata per lei l'esperienza più gratificante in questi ultimi anni?
«Ce ne sono molte e non nascondo che purtroppo ho registrato anche qualche insuccesso. Una sfida particolarmente impegnativa ha riguardato un giovane che

proprio non voleva smettere di bere. Non so quale fosse il suo disagio, perchè c'è sempre un disagio che spinge ad alzare il gomito. A volte questo disagio

rimane latente per anni e diventa più impegnativo cercare di rimuoverlo. Ebbene per quel giovane così ribelle sono riuscito a trovare una via d'uscita. L'ho

indotto a svolgere attività di volontariato. Oggi è così coinvolto che all'alcol non pensa proprio più».
Quale messaggio è invogliato a rivolgere soprattutto ai giovani?
«Non dico e non dirò mai "non bevete". Sarebbe impossibile con tutti i modelli che ci vengono proposti ogni giorno dalla tv, dai film, dalle immagini di

tante persone che sempre più spesso hanno un bicchiere tra le mani. Invece affermo: "bevi con moderazione" e soprattutto: "non farti imbottigliare", proprio

come suggerisce uno spot ricorrente nella nostra associazione».