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Consumismo compulsivo, trappola d'oro per la mente insaziabile

Consumismo compulsivo, trappola d'oro per la mente insaziabile

CONSUMISMO COMPULSIVO, TRAPPOLA D'ORO PER LA MENTE INSAZIABILE

E’ tempo di saldi!
Ed una vocina, tanto sottile quanto irresistibile e imperiosa, si annida e riecheggia tra le pieghe dell’inconscio insoddisfatto del consumatore, attraendolo seduttivamente all’ultima offerta imperdibile.
“Must have!” è l’imperativo che risuona tonante fra le scritte dei negozi per insidiarsi nell’animo disarmato di chi si aggira curiosamente fra gli scaffali.
Un imperativo che sembra non lasciare altra via di fuga se non cedere al desiderio del prossimo acquisto, quello assolutamente irrinunciabile, quello a cui affidiamo il compito di soddisfarci, almeno per un po’.


Ma proviamo a comprendere i processi psicologici che sottendono al consumismo compulsivo che caratterizza la nostra mentalità occidentale.

Cultura del consumo e modelli di identificazione
Viviamo costantemente immersi in una società consumistica che ci vuole perennemente consumatori, acquirenti, di un numero sempre più crescente di beni, prodotti e servizi.
Ogni anno cambiano le mode e dalle passerelle arrivano le nuove tendenze che ci impongono di aggiornare il guardaroba per essere al passo coi tempi, belli e attraenti come la società ci richiede.
Vengono continuamente sfornati nuovi e sempre più prestanti modelli di smartphone, iphone, prodotti informatici, automobili, e così via.


L’intera economia del mondo occidentale si fonda sul ruolo sociale del consumatore, sul suo potere d’acquisto, e su costruzioni psicologiche condivise che identificano il raggiungimento di un determinato stato psicologico interiore (benessere, felicità…) con il conseguimento di un risultato, spesso “monetizzabile”.


Il concetto di felicità infatti, nella nostra cultura, coincide spesso con l’idea del perseguimento di un obiettivo soggettivo (“sarò felice quando avrò quel lavoro”, “sarò felice quando mi sposerò”…), e una volta raggiunto, la felicità viene continuamente posticipata e demandata all’obiettivo successivo, in una continua rincorsa a qualcosa di inafferrabile.
Entro questa più ampia costruzione sociale della felicità, si inscrive anche la psicologia del consumismo che, attraverso un marketing efficace e persuasivo, propone ai potenziali acquirenti il proprio modello di felicità: l’acquisto della casa dei sogni, dell’automobile di lusso, le scarpe di marca, il viaggio esotico da sempre sognato.
Così passiamo la vita a lavorare e produrre, per poter disporre del nostro potere d’acquisto come consumatori; acquistiamo, consumiamo, buttiamo, acquistiamo di nuovo.


Ma la felicità, questa sconosciuta dispettosa, rimane sempre altrove.
In questo modello di felicità, si inserisce anche un altro aspetto psicologico e sociale su cui le strategie pubblicitarie fanno leva: l’offerta continua di modelli di identificazione ai quali aderire attraverso l’acquisto di determinati prodotti.
Il messaggio del marketing propone i suoi prodotti come status symbol di una precisa identità sociale, alla quale ci è richiesto di uniformarci per poter essere apprezzabili e socialmente integrati.
Questo messaggio comincia così a penetrare nell’inconscio collettivo, e a creare modelli culturali che tendono a radicarsi quanto più vengono condivisi, rafforzando sempre più la cultura del consumismo. Non è più solo la pubblicità a proporre il più recente modello di smartphone o le ultime tendenze della moda, ma è la società stessa a consolidare l’idea dell’acquisto di alcuni beni come parte della costruzione dell’identità sociale dell’individuo.
Ma davvero noi siamo e ci accettiamo in base a quello che possediamo, indossiamo, consumiamo, produciamo, raggiungiamo?


Il circolo vizioso del consumismo compulsivo

La trappola d’oro del consumismo alletta facilmente i meccanismi complessi della nostra mente evoluta, sempre avida di stimoli e alla perenne ricerca di qualcosa in cui tenersi impegnata.
Essa ricalca l’abitudine compulsiva della mente a ricercare continue forme di appagamento- siano esse materiali, sensoriali, psicologiche o relazionali- che possano soddisfare quel bisogno incessante di raggiungere una felicità perennemente sfuggente.
Alla base di questa rincorsa- che assume più la forma di una corsa sul posto, come quella di un criceto entro la sua ruota- vi è il desiderio, come anelito interiore proteso verso qualcosa.
E tale desiderio si concretizza facilmente, entro i nostri condizionamenti culturali, nella brama anche di oggetti materiali ben identificabili e quantificabili.
La mente cade così preda di quell’illusione che vede nell’acquisto e nel consumo la realizzazione materiale dell’aspirazione all’appagamento.
Vogliamo, quindi consumiamo.
Magari ciò che realmente vorremmo, ad un livello profondo, non è nemmeno l’orologio nuovo o il prossimo viaggio, ma la condizione interiore di insoddisfazione ci porta a identificare la gratificazione con oggetti per noi più vicini e afferrabili.
Il problema è che il desiderio non è soddisfatto finché non è esaudito, e non sarà mai esaudito completamente finché continuiamo a volere.
Dal momento che il desiderio è potenzialmente senza fine, continuerà a determinare uno stato interiore di continua ricerca inesauribile.

Ed è proprio questa a renderci infelici.
Si perpetua così uno schema: vogliamo, compriamo… e soffriamo. E allora compriamo ancora.
Il marketing fonda il successo proprio su questa illusione di desideri infinitamente insoddisfatti e di risorse illimitate- la stessa illusione che, come rovescio della medaglia, nutre l’infelicità individuale e collettiva, mentre porta all’esaurimento delle risorse di un mondo che rischia di essere devastato da questa fame atavica.


(...omissis...)


Nashira Laura Andreon (Psicologa Psicoterapeuta)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://psichedintorni.it/consumismo-compulsivo/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)