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Consumo di vino e longevità: riflessioni, ricerche, interrogativi aperti

Consumo di vino e longevità: riflessioni, ricerche, interrogativi aperti

I ricercatori americani e il segreto della longevità
Vivere sino a mille anni? E perché no? scrive David Stipp nella sua "Pillola della Giovinezza", che sta rapidamente scalando

la graduatoria dei bestsellers americani. Abbiamo raggiunto e superato i cento anni. Ora puntiamo ai centocinquanta. Ma forse

vogliamo di più. Forse vogliamo l'immortalità del corpo dopo avere riposto la nostra fede in quella dell'anima. Diamo uno

sguardo indietro: se un secolo fa qualcuno ci avesse detto che oggi ci sarebbero stati tanti centenari, lo avremmo preso per

visionario. E invece - come nota Jonathan Weiner in "La strana scienza dell'immortalità" - "il numero dei centenari sul

nostro pianeta è più che raddoppiato decennio dopo decennio dal 1960". E continua: invecchiare non è una costante biologica.

Per esempio, alcuni organismi come l'idra e la spugna sono virtualmente immortali, mentre altri (i pipistrelli, i topi) hanno

un'esistenza cortissima. Ma la differenza fra l'uomo e il mondo animale è che il primo può riportare all'indietro le lancette

dell'orologio. Il secondo no, se non nei laboratori scientifici. Partendo da questo assunto, Aubrey de Grey, ricercatore

anglo-americano dalla lunga barba, arriva a sostenere che il traguardo dei mille anni non è più utopia. L'invecchiamento

dell'uomo - spiega a Weiner - ha le sue cause nel progressivo deterioramento delle nostre cellule e del nostro Dna. E questo

deterioramento deriva da fattori interni, quali pericolosi prodotti di reazioni metaboliche, o esterni, quali l'esposizione a

radiazioni e composti chimici mutagenetici. Vanno anche considerate le mutazioni ereditarie rimaste nei nostri genoma. Fatta

la diagnosi, ecco la lista delle "cose mortali" che possono colpire qualsiasi essere umano: accumulazione di "spazzatura"

dentro e fuori le cellule, mutazioni dannose, perdita di certe cellule cruciali e sovrapproduzione di altre, incroci

progressivi di molecole nei tessuti connettivi tali da provocare rughe, indurimento di tessuti, danni ad organi importanti.

"Risolviamo questi problemi e chiunque potrà vivere sino a mille anni", è la sua conclusione. Già, è più facile dirlo che

farlo. E poi quali dovrebbero essere le terapie preventive? Le ipotesi si intrecciano e si confondono. Con una certa

approssimazione le si possono far ruotare attorno a coloro che esaltano il potere rigeneratore del resvetrarol. David

Sinclair, ricercatore di Harvard, l'ha sperimentato sui topi con successo, riscontrando una maggiore durata della vita. Il

resvetrarol - dice - è una sostanza presente anche nel vino rosso. In piccole quantità. Quante bottiglie bisognerebbe berne

per averne effetti concreti? Silenzio dalla scienza. Ma da un'inchiesta pubblicata dalla rivista "Alcoholism: Clinical and

Experimental Research" emerge una sorprendente realtà. Coloro che bevono, moderatamente s'intende, vivono più a lungo e

meglio di coloro che non bevono. L'inchiesta è stata condotta su 2mila individui fra i 55 e i 65 anni, più uomini che donne,

in un arco di 20 anni. Il 69 per cento degli astemi sono morti durante i 20 anni presi in esame, contro il 60 per cento dei

forti bevitori e appena il 41 dei bevitori moderati. Il resvetrarol - aggiunge Sinclair - "attiva geni coinvolti nella

risposta dell'organismo animale a stress ambientali. Alcuni di questi geni sono stati scoperti in vermi mutanti o insetti da

frutta la cui vita è insolitamente lunga. Altri sono stati scoperti dai ricercatori esplorando le cause per le quali una

limitata ingestione di cibo prolunga la vita e conserva vigore un po' in tutte le specie studiate". Ma anche in questo caso

attenzione a non esagerare. Mangiare troppo poco - scrive Stipp - fa calare la massa muscolare, produce stanchezza e

infertilità, deprime la psiche. Inoltre c'è un'altra sostanza in grado di combinarsi con i risultati della restrizione

calorica, si chiama rapamycin, anch'essa sperimentata sui topi, anch'essa apparentemente portatrice di benefici genetici.

Insomma la porta è aperta. Ma rimane l'interrogativo di fondo: siamo sicuri che con i tempi che corrono vogliamo tutti vivere

sino a mille anni?
Autore: Cesare De Carlo