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Cosenza, parla sedicenne "vittima" di un party di Ferragosto

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"SA COME mi sento? Come un resuscitato". Il "Lazzaro" che racconta la sua odissea etilica è un ragazzo di 16 anni, uscito indenne dalla sua sbronza con annesso coma e ora, a tre giorni dallo scampato pericolo, può anche ricordare. Il ragazzo, che chiameremo Mario, anche se il suo vero nome è un altro, ripercorre in flash back le poche ore che potevano catapultarlo dalla felicità al disastro, dalla vita alla morte.
Come è iniziato?
"Siamo andati a cena con i miei genitori, io e i miei fratelli. Era la vigilia di Ferragosto e c'è in Calabria - sul mare di Praja a Mare su cui vado a villeggiare- l'abitudine di cenare fino a mezzanotte in un ristorante sulla spiaggia. E' stata una cena lunga, poi poco prima di mezzanotte, ecco che è scattato il richiamo della foresta".
Il richiamo della foresta?
"Si, un tam tam tribale. E' la tribù di amici che si è data appuntamento sulla spiaggia di Praja".
Una cosa organizzata?
"No, spontanea, come avviene per i rave party. Tanti sms inviati il 13 e il 14. Ognuno di noi ha spedito una cinquantina di sms. Sulla spiaggia sa come ci chiamano?"
No, come?
"Tim tribù, per il nostro incessante scambio di messaggini".
E quanti amici avete radunato?
"Un centinaio".
Che è successo a mezzanotte?
"Con mio fratello più piccolo, ha un anno meno di me, sono andato sulla spiaggia. La sabbia era ancora calda e ricordo che appena siamo arrivati qualcuno mi ha allungato una vodka al melone".
Alcol e poi?
"Poi sono stati accesi i falò e qualcuno ha alzato il volume della musica da una piccola console piazzata su uno stabilimento balneare. Intanto vedevo che girava tanto alcol, io ho intercettato due gin tonic, ho bevuto anche quello che era diretto a mio fratello. Gli ho detto: sei troppo piccolo, tu. E l'ho ingollato in una sorsata".
Anche tu hai portato rifornimenti sulla spiaggia?
"Si, avevo preso una bottiglia di Bacardi e una di Cointreau di mio padre. Gli avevo detto che servivano per una festa tra amici. Mi ha guardato un po' strano, ma non mi ha fatto storie".
Quando sono precipitate le cose?
"Erano le tre, forse anche un po' più tardi: non riuscivo più a vedere le lancette dell'orologio".
Giravano pasticche, "fumo"?
"Non lo so, forse qualcuno fumava uno spinello, ma la verità è che a un certo punto vedevo doppio e continuavo a bere. Non ho mai visto girare tanto liquido: una sfida a chi restava in piedi".
E i tuoi amici che facevano?
"Il bagno".
E tu?
"Io mene stavo disteso, piaggiato su un lettino. Stavo lì fino a quando qualcuno non mi ha detto di fare il bagno. E io mi sono buttato. L'acqua mi è sembrata prima troppo fredda, poi troppo calda, infine gelata. Quando sono tornato a riva, tremavo come una foglia. Mi hanno lanciato un po' di asciugamani, uno mi ha avvolto in un telo. Ma non riuscivo a farmi tornare un po' di calore in corpo. Mi hanno steso sul lettino e hanno aspettato".
Cosa?
"Mio fratello mi ha raccontato che molti dicevano che mi sarebbe passata, che era solo una sbronza. E lui non osava chiamare i nostri genitori per non spaventarli. Erano  le quattro e a quell'ora dormivano da un pezzo. Loro non sospettavano nemmeno in che guaio mi ero cacciato".
Non potevate chiedere aiuto ad un altro adulto?
"Si sono fatti vivi due genitori, arrivati a riprendere le figlie, ma pare che nessuno si sia reso conto della situazione. Io ormai avevo il volto grigio, avevo perso conoscenza".
E dopo?
"Alle cinque qualcuno ha chiamato il 118 e mi hanno portato all'ospedale di Aieta. Per fortuna, tra quei cento qualcuno si è reso conto che stavo scivolando verso la morte. In ospedale, all'inizio, non ho risposto neppure alle prime cure, pare che hanno dovuto farmi anche una pulizia all'intestino. Sono stato per due giorni come un  pugile suonato".
Cosa ti è rimasto di questa storia?
"Sento tanta vergogna verso i miei che neppure immaginavano di dover passare il Ferragosto in ospedale. Per quanto mi riguarda ho promesso a me stesso di non bere più un goccio. Spero di farcela".