Cresce l'allarme alcol sui luoghi di lavoro
alcol vino prevenzione infortuni sul lavoro giovani alcolismo
Ogni anno in Italia 25mila persone muoiono per cause legate al consumo eccessivo di vino e liquori. Tanti gli infortuni professionali per livelli di alcolemia uguali o superiori a 0.80 grammi/litro. Gli astemi hanno quattro volte di meno la probabilità di farsi male. Venticinquemila persone: è questo il bilancio della mortalità in Italia correlata, ogni anno, all'alcol. Venticinquemila persone - di età maggiore ai 20 anni (dunque, al netto della riduzione del rischio cardiovascolare) - che compromettono così la propria vita. Guidando in stato di ebbrezza, per esempio. O lavorando in condizioni di scarsa lucidità. Perché la cultura della sicurezza non significa soltanto operare su un ponteggio munito delle protezioni adatte, ma anche in condizioni mentali reattive e consapevoli. Cosa che, purtroppo, spesso non succede. "L'INAIL stima che in Italia un numero rilevante di persone, ogni anno, subisce un infortunio sul lavoro con documentati livelli di alcolemia uguali o superiori a 0.80 g/l", afferma, in merito, il direttore regionale vicario di INAIL Puglia, Mario Longo. "Di recente l'Associazione Ricerca Risorse Umane ha valutato che il 45% di soggetti con funzioni manageriali abusa di alcol. La probabilità di infortunio nei bevitori è quattro volte più elevata che negli astemi, l'assenza per malattia nei bevitori è quattro volte più elevata. I problemi collegati al consumo di bevande alcoliche rappresentano, inoltre, la causa del 40% dei cambi di lavoro e la dipendenza produce dopo alcuni anni il verificarsi di difficoltà nello svolgimento del lavoro, di riduzione della capacità lavorativa, di assenteismo, di alterati rapporti interpersonali". A questo argomento così delicato è stata dedicata la seconda edizione di un recente corso di formazione all'interno del programma di ricerca "Alcol ≠ Lavoro", avviato dalla Sovrintendenza medica regionale INAIL Puglia in collaborazione con Asl Bari, Clinica medica dell'Università degli Studi di Bari, Medicina del lavoro ospedaliera e Società italiana di alcologia. Il progetto si inserisce tra le attività previste dal Protocollo d'intesa INAIL - Regione Puglia siglato nel settembre 2008 con l'obiettivo di coinvolgere tutti i referenti territoriali nella realizzazione di un documento di valenza politica regionale in grado di fungere da linea guida di riferimento per gli operatori del settore. "Allo stato attuale l'Italia non spende praticamente nulla nella ricerca sull'alcol", ha affermato, nel corso del suo intervento introduttivo, Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale alcol - struttura che collabora con l'Oms per la ricerca e la promozione della salute su alcol e problemi alcol correlati - e rappresentante governativo del Working Group Alcohol and Health DgSanco, della Commissione europea. Impressionanti i dati evidenziati a livello europeo: sono 55 milioni i consumatori a rischio e 23 milioni gli alcoldipendenti. Sono 195mila, invece, le persone che muoiono per una delle 60 cause di morte legate al consumo di alcolici (il 25 % dei decessi riguarda maschi di età 15-29 e il 10 % dei decessi registrati tra le giovani donne è causato dal consumo rischioso di alcol). Ancora, 266 milioni di adulti bevono alcol fino a 20 grammi al giorno (le donne) o 40 grammi (gli uomini); 20 milioni di persone bevono più di 40 gr (donne) o più di 60 gr (uomini) al giorno. Dato ancora più eclatante: ogni anno almeno 2,3 milioni di persone muoiono per una causa alcolcorrelata. Particolarmente grave il problema se rapportato al mondo del lavoro. L'Oms, infatti, stima tra il 10 e il 30% la quota di infortuni attribuibili all'alcol, l'Iss tra il 4 e il 20% . "In generale, le evidenze disponibili mostrano che la frequenza del bere a rischio in Italia è un fenomeno sottovalutato", ha affermato Scafato. "Esiste, oggi, nel nostro paese una consistente fascia di popolazione che segue modelli e stili di consumo a rischio che richiedono di essere intercettati e prevenuti attraverso adeguate strategie globali". Molteplici le strategie di intervento suggerite : dalla riduzione della disponibilità di bevande alcoliche nell'ambiente di vita, di lavoro e lungo le principali arterie stradali a una informazione più corretta nei confronti dei consumatori; dal contenimento della quantità di alcol nelle bevande alcoliche al rafforzamento degli interventi di prevenzione primaria e secondaria nella medicina di base; da alleanze più stringenti col mondo del lavoro a una formazione più efficace degli operatori "Impedire che nuovi individui cadano vittima di rischi per definizione evitabili è un obiettivo di civiltà, sociale ed etico. Occorre un impegno collettivo per favorire livelli più elevati di salute e sicurezza e di protezione rispetto agli effetti negativi dell'alcol", ha concluso Scafato. "La mera logica delle convenienze, economiche e di mercato, che spesso influenza la mancata adozione di misure e di politiche di controllo e di prevenzione deve essere affiancata da una più adeguata cultura individuale, collettiva, istituzionale supportata da una maggiore consapevolezza del rispetto del valore del benessere dell'individuo"