Cultura del vino e sicurezza
vino alcol sicurezza stradale giovani alcolismo
Nelle vesti di produttrice di Prosecco avvaloro quanto il ministro dell'agricoltura Luca Zaia ha sostenuto in una trasmissione televisiva, ossia che la maggior parte degli incidenti stradali non è da ricondurre all'uso dell'alcol. E' opportuno fare un netto distinguo tra uso e abuso di vino, superalcolici e stupefacenti. Purtroppo però, a causa di quanto ci viene inopportunamente proposto dai nostri media tradizionali, l'immagine dell'appassionato di vino ne esce svalutata, e il produttore è dipinto come una sorta di carnefice, il mandatario di queste stragi. Ritengo non sia realistica questa situazione, poiché quando ci riferiamo agli appassionati del vino spesso parliamo di persone con qualifiche professionali di prim'ordine, che hanno fatto del vino una professione; altre volte sono semplici amanti del vino che lo sanno consumare in modo coscienzioso; sono persone in accordo con Veronelli quando anni fa scriveva in un suo libro che «le qualità di un vino completano il piacere di un cibo e lo spiritualizzano». Spezzo una lancia verso i colleghi produttori di vino, spesso aziende con solide strutture alle spalle, che da decenni operano nel settore con professionalità, serietà, competenza e soprattutto passione. Non dimentichiamo inoltre che nella nostra provincia, come in molte altre province italiane, il comparto vitivinicolo rappresenta uno dei settori economici trainanti dell'economia che, oltre a offrire numerosi posti di lavoro, punta a valorizzare e preservare il nostro territorio, le nostre tradizioni ed i nostri valori culturali. Non è solo la nostra categoria ad essere colpita da questa sorta di strumentalizzazione, ma a risentirne è tutta la catena che fa della cultura del vino e del cibo di qualità il motore della propria attività economica. Come sottolineato in occasione del Forum Spumanti d'Italia, tenutosi a Valdobbiadene lo scorso ottobre, a farne le spese sono per esempio i ristoratori, costretti a proporre carte dei vini al calice, o addirittura escludere i grandi vini storici tradizionalmente più strutturati ed alcolici. In questo scenario noi produttori dell'area del Prosecco, da poco DOCG, ci chiediamo quotidianamente come affrontare in termini economici la sfida lanciataci dal mercato e soprattutto come educare la società alla cultura del vino. In primo luogo, ritengo personalmente che la politica più giusta da seguire sia quella che vede protagonista la ricerca, al fine di garantire un prodotto sempre migliore in termini qualitativi e salutistici. Dal punto di vista comunicativo quello che ci proponiamo di fare è valorizzare l'uso, e non l'abuso, del buon vino. Quello che ci impegniamo quotidianamente a fare è di comunicare a tutti i nostri pubblici, il valore racchiuso in ogni bicchiere e di far emergere il suo legame con il territorio. Infine non possiamo non veicolare quel bagaglio di tradizione, sapere, ritualità che da decenni vede il vino protagonista incontrastato della nostra storia nazionale.