Decalogo contro l'alcol: dall'Istituto Superiore di Sanità indicazioni, dati e consigli per combattere il fenomeno alcol
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Aiutiamo i nostri figli a scegliere consapevolmente quando e come consumare le bevande alcoliche.
L'Istituto superiore di sanità (Iss) propone un decalogo per abbattere il consumo, dando utili suggerimenti.
1. I giovani per natura sono poco inclini al conformismo. E bene allora sfruttare questa sana predisposizione per osservare e
smontare con loro le pubblicità sugli alcolici trasmesse dai media. Può essere un ottimo esempio per incrementare la capacità
critica su ciò che la pubblicità promette e che poi, di fatto, non trova riscontro nella realtà quotidiana.
2. I ragazzi sempre più frequentemente bevono per superare difficoltà di relazione, e assumere un ruolo all'interno del
gruppo. Quando l'alcol acquista un valore comportamentale, ai genitori spetta un ruolo chiave: dare il buon esempio, creando
un ambiente familiare in cui la presenza dell'alcol è visibile, ma
discreta. E il consumo moderato.
3. Parlare ai giovani, fin da quando sono bambini, dei danni e dei rischi legati allalcol. Esordire con questo tipo di
discorsi in età adolescenziale, quando tutto è soggetto a critica e frutto dellesagerazione dei genitori, può anche essere
controproducente.
4. Insegnare ai giovani che prima dei 15 anni l'apparato digerente non è ancora in grado di smontare l'alcol, perché il
sistema enzimatico non è completamente sviluppato. Le ragazze inoltre, e in generale tutte le donne, sono in grado di
eliminare la metà di una dose d'alcol che riesce a metabolizzare un uomo.
5. Sia le adolescenti che le donne adulte devono sapere che l'alcol nuoce al feto. Il nascituro non è dotato di sistemi
enzimatici capaci di smaltirlo. Sono sufficienti due bicchieri di bevanda alcolica al giorno per pregiudicare la salute del
bambino, e distruggere i neuroni di un cervello ancora in formazione.
E ancora: 6. Un preciso limite separa il consumo dall'abuso. E bene, dunque, preparare i giovani, informandoli su come le
performance individuali cambino sotto l'influenza di un abuso alcolico. Anche una banale serata in pizzeria può trasformarsi
in una situazione a rischio quando si deve tornare a casa in motorino.
7. Insegnare ai ragazzi a leggere le etichette e analizzare con loro le bottiglie e le lattine contenenti alcol da cui sono
attirati per la forma, il colore e il sapore. Serve a far sentire più complici i genitori, ma al contempo è un'occasione per
evidenziare particolari importanti, spesso trascurati, come, ad esempio, la gradazione alcolica.
8. Spiegare ai giovani che il nostro organismo richiede nel tempo quantità sempre maggiori di alcol per provare le stesse
esperienze di piacere. L'obiettivo di sentirsi più disinvolti, loquaci ed euforici richiede quantità progressivamente
crescenti. I bicchieri aumentano, si perde il controllo ma si diventa anche dipendenti dall'alcol.
9. Coinvolgere i figli nell'organizzazione di una festa o di un semplice incontro può essere l'occasione per dimostrare che
ci si può divertire anche con le sole bevande analcoliche.
10. I genitori dovrebbero compiere un training lungo tutto il percorso di vita dei figli, orientandoli al consumo di bevande
analcoliche (non solo a casa, ma anche al ristorante o in pizzeria), non favorendo un consumo precoce, e dando sempre un
esempio di moderazione.
"L'aumento del consumo dell'alcol da parte dei giovani è un problema che deve essere affrontato con senso di responsabilità
da tutte le istituzioni sociali. Il buon esempio e l'educazione certamente devono partire dalla famiglia, ma per contrastare
la cultura dello sballo serve un'azione sinergica di diverse componenti: la scuola, le istituzioni, i media e le aziende
produttrici". Così Antonio Affinita, direttore delle relazioni istituzionali del Moige (Movimento italiano genitori),
commenta i dati Istat sull'uso e l'abuso dell'alcol in Italia. "Le campagne di prevenzione rivolte ai giovani - sottolinea in
una nota Affinita - non possono essere calate dall'alto senza che ci sia al riguardo una presa in carico collettiva. I
genitori sono certamente i primi a essere chiamati in causa, in particolar modo attraverso l'esempio quotidiano. Fuori dalla
famiglia però - ha concluso - ognuno deve sentirsi chiamato a fare la sua parte, senza proibizionismi ma con una educazione
responsabile
L'esperienza del Telefono Verde Alcol
E' attivo presso l'Istituto Superiore di Sanità il Telefono Verde Alcol (TVA) 800 63 2000, in funzione dal lunedì al venerdì,
dalle 10 alle 16, a cui gli operatori rispondono per dare informazioni e fornire orientamenti basati sull'esperienza dell'
Osservatorio su Fumo, Alcol e Droga e del Centro OMS per la Ricerca sull'Alcol con cui tale iniziativa di comunicazione è
stata realizzata, nel tentativo di favorire, a livello individuale e collettivo, l'adozione di stili di vita e di consumo
alcolico sani.
Nel 2005 il numero delle telefonate al TVA si è notevolmente incrementato superando nei primi 9 mesi dell'anno quello delle
telefonate complessive ricevute nell'intero anno 2004
Ma che ne pensano gli specialisti? "Si sta diffondendo sempre più una sorta di "terrorismo epidemiologico" - ha affermato
Andrea Poli, della Nutrition Fondation of Italy, commentando il quadro a tinte fosche tracciato dall'Istituto Superiore di
Sanità sull'abuso di alcol specie nei giovanissimi - L'idea, in altre parole, che si possano modificare comportamenti diffusi
nella nostra Società utilizzando numeri e percentuali come "proiettili mediatici". I dati relativi al consumo di alcool tra i
giovanissimi, mi sembrano un esempio tipico di questa strategia, di utilità nella migliore delle ipotesi dubbia. Anche perché
se giovanissimi ed adolescenti ricorrono all'alcol per controllare i loro malesseri esistenziali, puntare l'indice contro
l'alcol stesso non servirà a molto. Sarebbe forse meglio interrogarsi sulle cause del loro disagio e cercare di intervenire
in modo appropriato".
Quello che accade sulle strade del fine settimana è un cocktail dove hanno un ruolo psicofarmaci, stanchezza, insonnia, alta
velocità ed azzardi nella guida. Tutto questo vede certamente anche un ruolo dell'alcol ma da comprimario, non da
protagonista killer. Ritengo avventato il catastrofismo con il quale viene disegnato il problema dell'abuso di alcol nel
nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda i giovani.
In un momento in cui in Italia sembra prevalere una caccia alla streghe si sta facendo di tutta un'erba un fascio. Quel
proibizionismo moralistico che credevamo uscito dalla porta principale sta rientrando, surrettiziamente, da tutte le
finestre. Generalizzare casi, che certamente esistono ma ripeto, nel nostro Paese hanno un'incidenza assai minore che
altrove, e farli diventare un fenomeno che coinvolge tutta la popolazione, specie quella giovanile, è scorretto. Singoli
episodi non possono essere presentati come un fenomeno collettivo. Mi rendo conto della notiziabilità giornalistica di
fenomeni del genere ma non è con il sensazionalismo, con lo sbatti il mostro in prima pagina che si fa informazione. Semmai
sono da segnalare, e auspicare il moltiplicarsi di pubblicità responsabile da parte dei produttori".
Anche la nascente Associazione "Adole-Scienza", costituita da psichiatri, criminologi e neuroscienziati, prende posizione.
"Fra i 14 e i 20 anni - dice il prof. Giorgio Bressa che dell'Associazione "Adole-Scienza" è il promotore - il cervello
subisce dei cambiamenti anatomici che lo preparano alla vita adulta. Irrequietezza, instabilità emotiva e stranezze non sono
scelte psicologiche del ragazzo ma i segni che il suo cervello sta tentando di costruirsi anche attraverso gli errori. Solo
dopo la fine del processo di accrescimento delle strutture che vigilano sul senso critico e sul giudizio, si diventa abili a
controllare e a scegliere i comportamenti più adatti. Questo comportamento non significa la sottovalutazione di come il
ragazzo sia "attratto" dai comportamenti estremi. Per questa ragione, la vigilanza continua e non il proibizionismo, come nel
caso dell'alcol, deve essere presa in considerazione dagli adulti come prima iniziativa".
"Dando solo cifre, ammesso che rispecchino la realtà italiana, e ignorando cosa c'è dietro le stesse cifre, non si può
comprendere il vero disagio dei giovani. Non si può capire perché questi giovani cerchino lo sballo attraverso l'alcol. La
mia esperienza fra i giovani mi permette di dire che la realtà italiana è ben diversa, fortunatamente, da quella dei Paesi
del Nord Europa ma questo non vuol dire che non si debba affrontare il problema. Solo che il problema non deve essere dentro
i confini delle cifre ma deve investire il terreno delle motivazioni. E dare soluzioni, quelle soluzioni che purtroppo non
vedo. Con le sole cifre si introduce la cultura del proibizionismo che procurerebbe solo danni". Parla Federico Bianchi di
Castelbianco, psicoterapeuta dell'età adolescenziale e direttore dell'Istituto di Ortofonologia di Roma
"Bisogna tenere in considerazione che il giovane cerca lo sballo. Nel gruppo, chi non si tuffa nello sballo - ha aggiunto
Bianchi di Castelbianco - è fuori dal gruppo. Il giovane non si avvicina all'alcol per il piacere di bere ma solo perché è un
mezzo per lo sballo. Se venisse a sapere, è solo un esempio portato allo stremo, che ci si può sballare con l'acqua, berrebbe
tanta acqua. Ecco perché è importante spiegare ai ragazzi i pericoli che provoca il raggiungimento dello sballo. Non basta
snocciolare le cifre con toni drammatici, queste potrebbero portare solo al proibizionismo oppure a far sì che si ampli la
partecipazione dettata dall'emulazione. Il risultato del proibizionismo è che trovando chiusa la via dell'alcol il ragazzo
stesso imbocchi altre strade, ben più pericolose. Nella mia esperienza di psicoterapeuta a contatto quotidianamente con l'età
adolescenziale, mi permetto di proporre iniziative di educazione, e la sede ideale è la scuola, per informare i giovani. Ma
soprattutto per dare ai giovani coinvolti nello sballo la motivazione per dire no all'invito allo sballo attraverso l'alcol.
Nello stesso tempo dare loro la cultura del bere, quella cultura che sarà preziosa quando diventeranno adulti".
Statistiche
E' sempre elevato in Italia il numero di adolescenti che consuma bevande alcoliche: il 51,1% dei maschi e il 40,4 % delle
femmine di età compresa tra i 14 ed i 17 anni dichiara di consumare almeno una bevanda alcolica prediligendo nell'ordine
birra (37 % e 22,4 % rispettivamente per maschi e femmine) e aperitivi alcolici (24,8 % e 18,7 % rispettivamente per maschi e
femmine). Il vino è consumato "solo" dal 20,6 % dei maschi e dal 12,6 % delle femmine intervistate. E la situazione non
cambia per i giovani al di sotto dell'età legale di 16 anni che mostrano una quota di consumatori non irrilevante anche nelle
classi di età più giovanili (11,12 e 13 anni) per entrambi i sessi.
A partire da questi dati provenienti dall'indagine nazionale ISTAT Multiscopo "Stili di vita e condizioni di salute" sono
state elaborate alcune stime.
Ovviamente il rischio per i giovani aumenta soprattutto se si vive e cresce in una famiglia il cui capofamiglia è un
bevitore. Se questi eccede i limiti di 2-3 bicchieri se maschio e 1-2 bicchieri se femmina incrementa di sette volte nel
coniuge/convivente il rischio relativo di essere esso stesso consumatore a rischio rispetto al coniuge/convivente che vive in
un nucleo familiare con capofamiglia astemio; analogamente è 4 volte superiore il rischio relativo dei figli di essere
consumatori a maggior rischio nell'ambito di un nucleo familiare il cui capofamiglia eccede rispetto alla famiglia con
capofamiglia astemio. Esiste quindi una forte influenza e una relazione diretta tra il modello di consumo delle persone di
riferimento nella famiglia e i componenti della famiglia e dei figli in particolare che mostrano di "assorbire " i
comportamenti genitoriali.
Riguardo all'esposizione al rischio alcol, l'ultima indagine ESPAD (European School Survey Project on Alchool and other
Drugs) condotta nel 2003 ha evidenziato che il 13% dei 15-16enni italiani beve alcolici finalizzando il bere all'ubriacatura
(binge drinking) con prevalenze del 19% tra i maschi e dell'8% tra le ragazze. Inoltre, il Progetto dell'OMS "Health
Behaviours in Schoolaged Children" (HBSC), attraverso l'indagine 2001-2002 ha registrato tra i giovani 11-15enni italiani una
prevalenza di episodi ripetuti di ubriachezza che cresce con il crescere dell'età: a 11 anni il 5,1% e l'1% rispettivamente
per maschi e femmine; a 13 anni il 7,4% e il 5,2% e a 15 anni il 22,8% e il 16,8%. Le prevalenze registrate per i ragazzi
undicenni sono al di sopra della media europea HBSC, sia per i maschi che per le femmine (media rispettivamente del 4,3% ed
1,5%) e costituiscono il fenomeno di maggiore preoccupazione in comparazione con i dati registrati per gli altri Paesi.
I nuovi dati presentati da Linda Laura Sabbadini, Direttore centrale ISTAT confermano tali preoccupanti tendenze ed
evidenziano una situazione emergente di ulteriore allarme sociale relativo al "binge drinking", il bere per ubriacarsi, che
si estende a fasce sempre più ampie di popolazione e non esclusivamente adolescenziali Riguardo alla popolazione generale,
invece, dopo circa venti anni di decremento costante, il consumo di alcol in Italia registra una stabilizzazione, con una
media pro-capite nel 2003 di 7,4 litri di alcol assoluto (World Drink Trend). Tuttavia, secondo l'Health for All Database
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la media di consumo pro-capite per la popolazione di età superiore a 15 anni
è più elevata rispetto alla stime del World Drink Trend e pari ad un valore medio registrato di 10,5 litri pro-capite nel
2003, in calo nel lungo periodo ma in crescita rispetto al 2002 (9,2 litri) e agli anni immediatamente precedenti. L'OMS ha
posto, perciò, da anni come target prioritario per la popolazione europea il raggiungimento entro il 2010 di un consumo pro-
capite pari a 6 litri l'anno e a zero litri per i giovani sotto i 15 anni.
Le modalità di consumo fuori pasto mostrano una leggera diminuzione tra gli uomini (- 3,3%) e un consistente aumento tra le
donne (+ 14,4%), costituendo un modello di consumo seguito nel 2003 da circa un quarto della popolazione (38% di uomini e
14,3% di donne).
Secondo i risultati dell'indagine 2002 "Eurobarometer" promossa dalla Commissione Europea il numero di italiani che dichiara
di non ritenere pericoloso il consumo di alcol è pari al 66%, quota leggermente superiore alla media europea (62%). Nel corso
di un'indagine telefonica su campioni di popolazione rappresentativi degli Stati afferenti all'Unione Europea gli italiani
intervistati hanno fatto registrare il primato europeo della precocità dichiarando un'età media di avvio al consumo alcolico
di circa 2 anni e mezzo inferiore rispetto alla media europea: 12,2 anni rispetto ai 14,6 dell'Unione Europea.
L'incremento dei consumatori, però, non riguarda sono i giovani, bensì anche gli anziani che, tra gli ultra75enni di sesso
maschile, fanno registrare una variazione del 7%. E' tra le donne, poi, che si registrano consistenti variazioni, oltre che
tra le adolescenti (14-17 anni con un 5,2% in più) e le giovani (18-24 anni con un 2,5% in più di bevitrici), anche tra le
donne tra i 65 e i 74 anni (3% in più). Si registrano flessioni tra le 25-44enni (- 2,2 %) e tra le donne al di sopra dei 75
anni (-1,2%).
Secondo quanto si legge nel Rapporto OsservaSalute 2004 e 2005, sembra proprio che gli anziani non si attengono alle Linee
Guida per una Sana Alimentazione pari ad un massimo di 20 grammi di alcol al giorno per le donne (1-2 bicchieri), e 40 grammi
al giorno per gli uomini (2-3 bicchieri di una qualsiasi bevanda alcolica). Le prevalenze più elevate sono state registrate
nelle classi di età 45-64 e 65-74 anni per entrambi i sessi. Il 10 % circa dei consumatori di bevande alcoliche e il 2% circa
delle consumatrici sono considerabili "heavy drinkers", bevitori problematici, secondo le definizioni dell'OMS.
La distribuzione dei consumatori di bevande alcoliche sul territorio nazionale vede un incremento in tutte le regioni
italiane ad eccezione di Calabria, Umbria, Sardegna, Piemonte e Valle D'Aosta. Rispetto alla precedente rilevazione, gli
incrementi maggiori per il sesso maschile si registrano in Lombardia, Basilicata, Abruzzo e Veneto, ovvero in 4 delle 10
regioni con valori superiori alla media nazionale.
Le regioni dove invece si registrano i maggiori incrementi nel numero di consumatrici sono l'Abruzzo e il Friuli Venezia
Giulia. Aumentano, inoltre, le consumatrici di alcol in Sardegna e in Umbria (contrariamente a quanto avviene per gli
uomini). Forti diminuzioni si registrano in Campania e Puglia; flessioni si registrano anche in Basilicata, Calabria, Molise,
Sicilia e Toscana.
Riguardo alle prevalenze dei consumatori delle differenti bevande alcoliche, il maggior incremento tra i maschi si registra
per gli aperitivi alcolici che passano, nel periodo considerato 1998-2003, dal 37,4% al 43,8% (+ 17%), seguiti da
superalcolici ( + 6,6%) e amari (+ 4,4%). Diminuiscono, invece, coloro che erano soliti consumare mezzo litro di vino (-
16,5%) e più di mezzo litro di birra (- 15%) al giorno, e che rappresentano rispettivamente l'8 e l'1,7% della popolazione
maschile.
Nell'ambito del consumo femminile, si evidenzia un significativo aumento delle consumatrici di aperitivi alcolici e di
superalcolici con una variazione percentuale rispetto al 1998, rispettivamente di + 22,7% e + 9%. Anche in questo caso
diminuisce chi prima consumava vino e birra in quantità superiori al mezzo litro giornaliero, categorie che rappresentano
rispettivamente l'1,1% e lo 0,2% della popolazione femminile.
Ancora una volta sono i giovani a preoccupare, quelli tra i 14 e i 16 anni, tra cui il consumo dovrebbero essere pari a zero.
I dati mostrano, invece, un consistente aumento nel corso dei 4 anni in esame, tra gli adolescenti di sesso maschile, degli
aperitivi alcolici (+ 43,5%) dei superalcolici (+ 28,7%). Un'inversione di tendenza si registra per il consumo di vino (-
4,1%) e di birra (- 9,6%). Ciononostante nel 2003, il più elevato numero di bevitori giovani riguardava i consumatori di
birra (314.802 individui) seguiti da quelli di superalcolici (212.764) e di amari (97.778).
Le loro coetanee consumano principalmente birra (19%), aperitivi alcolici (16%), con una diminuzione rispetto al 1998 del
consumo di birra, ma con un aumento di quello di aperitivi alcolici. Molte di loro, poi, consumano superalcolici (62.195) e
amari (49.930)
"Nonostante l'Italia possa definirsi, in confronto con il resto d'Europa, un Paese moderato in termini di consumo di bevande
alcoliche - ha affermato Emanuele Scafato, responsabile alcol dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga - OssFAD e Direttore del
Centro Collaboratore dell'OMS per la Ricerca sull'Alcol - da molti anni un numero crescente di giovani, ma anche di adulti,
ha adottato abitudini che si sono allontanate da quelle tradizionali. Ed è soprattutto tra i 14-16enni che si annidano i
comportamenti a maggior rischio in quanto influenzati dall'immaturità del sistema enzimatico deputato allo smaltimento dell'
alcol. E ciò è vero ancor di più per le teen-agers maggiormente vulnerabili per le differenze di genere degli effetti di
consumi, pur moderati, di alcol.
I problemi sociali e di salute che così si vengono a creare, tuttavia - ha continuato Scafato - sarebbero facilmente
evitabili a fronte di una corretta informazione e responsabilizzazione da parte dei giovani. Per questo, ogni anno, il
Ministero della Salute promuove una serie di iniziative di comunicazione, sono oggetto di un accordo di collaborazione con
l'Istituto Superiore di Sanità. Tra queste: un Cd-Rom con 2 spot Tv, di cui uno ha come testimonial Gigi D'Alessio e l'altro
i ragazzi di "Amici", la nota trasmissione televisiva di Canale 5, uno spot radiofonico con Gigi d'Alessio, due locandine che
mettono in guardia sui pericoli della guida in stato d'ebbrezza. Un libretto informativo "Alcol: Sai cosa bevi?" porge
informazioni idonee a promuovere una reazione costruttiva da parte dei giovani mentre un ulteriore opuscolo, il "Decalogo"
per i genitori, fornisce gli elementi essenziali per una riflessione da fare insieme, in famiglia, tra genitori e figli