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Decine di auto intestate a prestanome

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INDAGINE. I sette nomadi denunciati dalla polizia stradale dopo il blitz di lunedì mattina sono accusati anche di truffa. Sarebbero un centinaio i mezzi che gli Halilovic cedono sulla carta a tossici e alcolisti per poi utilizzarli in raid e furti.
Il Giornale di Vicenza 29 aprile 2009
Vicenza. Intestavano le auto a dei prestanome per poterle poi utilizzare durante la fuga dopo un furto. È per questo che la polizia stradale, negli ultimi mesi, ha sequestrato una ventina di macchine alla famiglia Halilovic, che l'altra mattina ha subito tre perquisizioni nei campi nomadi di strada Nicolosi, in città, e di via Boschi e via Tribolo (quest'ultimo ieri si è allagato per le piogge ed è stato sgomberato dai vigili urbani) a Torri di Quartesolo.
Sono sette le persone denunciate dagli agenti del vicequestore Macagnino e del commissario Russo nell'ambito di una vasta indagine coordinata dal pm Angela Barbaglio che prosegue dallo scorso anno. Sono tutti Halilovic: si tratta di Venetu alias Petko, Diana, Romano, Sabato, Bairo e Ibrahim. I primi due, Venetu, di 24 anni, e Diana, 22, erano stati arrestati lunedì mattina per clandestinità recidiva; assistiti dall'avv. Chiara Bellini, sono tornati in libertà in attesa del processo per direttissima. Tutti e sette sono indagati con l'ipotesi di aver costituito un'associazione a delinquere finalizzata ai furti, alla truffa, al falso e alla calunnia.
In base a quanto ricostruito dalla sezione di polizia giudiziaria della stradale, gli Halilovic avrebbero adottato un meccanismo criminale articolato. Avendo ampia disponibilità di macchine e furgoni (complessivamente, la stima è di un centinaio), avevano deciso di intestarli a dei prestanome, individuati in tossici o alcolisti: in cambio di poche decine di euro, compilavano i moduli per cedere formalmente loro i mezzi. In questa maniera, dando l'assenso per una-due auto, i malcapitati si trovano intestate fino a 30-40 vetture, che risultano loro anche se non lo sanno.
Di casi analoghi ne sono emersi parecchi negli ultimi mesi; la stradale ha individuato in particolare tre persone, ma le vittime del "furto d'identità" sarebbero più numerose. Non solo: con i loro dati, i nomadi avrebbero anche attivato una serie di sim-card.
Quale sia il motivo di questo vorticoso giro di carte non è difficile immaginarlo: poter compiere azioni criminali con la certezza che, se anche qualcuno annotasse le targhe dei mezzi, le forze dell'ordine risalirebbero semmai ai prestanome, non a loro.
Gli agenti dell'ispettore capo Pozzer e dell'assistente capo Saccozza si sono imbattuti più volte in indagini del genere, con gli Halilovic, sospettati di aver messo a segno i furti, che scaricavano la responsabilità sui prestanome (da cui deriva l'accusa di calunnia).
Quello scoperto, di fatto, è un sistema adottato da tempo dalle famiglie di zingari che vivono di espedienti e di azioni illecite. Con questa indagine, la stradale si augura di riuscire a scardinare un meccanismo che ha consentito spesso l'impunità per gli zingari, che anche lunedì mattina, durante le perquisizioni, sono stati trovati in possesso di materiali rubate e ricettate, fra cui un motorino.
Ora i sette potranno farsi interrogare dal magistrato per chiarire la loro posizione, mentre i poliziotti proseguono gli accertamenti per individuare altre vittime della truffa e per sequestrare altri mezzi, oltre ai 20 già sigillati.