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Dimagrire con l'alcol: l'ultima follia dei giovani, in 300mila a rischio anoressia

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Dimagrire con l'alcol, l'ultima follia dei giovani. In 300mila a rischio anoressia

In un antico palazzo nobiliare, uno di quelli che impreziosiscono la città di Todi, gli specchi appesi alle pareti sono coperti da panni scuri, così che non riflettano nessuna immagine. Tutti coperti, salvo uno. È un grande specchio, nascosto in un armadio. È magico come quello della favola di Biancaneve.
Rimirandosi in quello specchio per sette volte nell’arco di quattro o cinque mesi, diciassette fanciulle, stregate da un incantesimo che ha scheletrito i loro corpi, riusciranno a riconoscersi, a diventare belle come sono, a scacciare via il demone che le possiede: la maledizione del digiuno. Sono anoressiche o bulimiche. Ad alcune di loro, il demone ha pure intossicato il fegato, somministrando una pozione avvelenata: l’alcol. Sono drunkoressiche. Una patologia doppia, strisciante, subdola, sepolta; la sinergia tra due dipendenze micidiali; un intreccio di compulsioni che strangola già centinaia di giovanissime, in silenzio.

BERE PER DIMAGRIRE Magrissime e sballate. Ubriache e scheletriche. Digiunando, si preparano all’happy hour, ai mix di alcolici, alla discoteca, alle feste, ai rave party del fine settimana. Sono cadute nel tranello di un nuovo passaparola di tendenza, senza riuscire a fermarsi prima del limite: la malattia. Bevono per dimagrire, così da anestetizzare la fame, vomitare, sopravvivere grazie alle ”calorie vuote” dell’alcol, evitando di nutrirsi. Dimagriscono per bere, così da ubriacarsi di più, a stomaco vuoto, e tenere a bada il terrore di ingrassare, e lubrificare meglio le relazioni con i pari, ed esorcizzare le insicurezze che le hanno intrappolate. È un rito multifunzionale.
«Stando agli studi che abbiamo fatto assieme al Ministero della Salute, i drunkoressici sono già 300.000, in prevalenza tra i 14 e i 17 anni, l’80 per cento ragazzine; ma il numero è in continuo aumento, e in dieci anni non ci sarà più nemmeno prevalenza di genere». Lo assicura Laura Della Ragione, referente del ministero per i disturbi alimentari, fondatrice e direttrice del primo centro pubblico, un centro di eccellenza, dove quei disturbi vengono curati.
Palazzo Francisci, 17 ragazze stregate, 17 diverse terapie per restituirle ai loro corpi, alla loro salute, al loro futuro. Usl 2 di Perugia, quattro centri già emulati in Italia, liste d’attesa lunghissime, «la deriva si allarga, i posti sono pochi». Eppure..«voglio guarire. Lo vogliamo tutte». Mita 16 anni, Viterbo, passeggia tra gli alberi secolari del parco col passo regale e rallentato di una principessa segregata. Ci pianta addosso due pupille nere galleggianti in una bolla di malinconia. «Non so se ho cominciato prima a dimagrire o a bere. Volevo vendicarmi di un’infanzia complicata. A un certo punto c’ero dentro fino al collo. Ho avuto paura di morire».


STORIA DI MITA La terapia dello specchio non l’ha ancora cominciata, Mita. E’ qui da un mese. Oscilla tra la determinazione e la paura, proprio come oscillava tra sette chili in meno o in più nell’arco di una sola settimana. E proprio come adesso, pensando a quello specchio, oscilla tra l’orrore di dover visualizzare i chili che ha recuperato, e l’ansia di liberarsi dalle sue ossessioni.
Le diete a base di cracker, ghiaccioli, farmaci, diuretici, lassativi. A base di droga. A base di alcol. «Per perdere la fame. Per acquisire un minimo di calorie senza mangiare. Per ubriacarmi meglio. Per trovare il coraggio di uscire, di non odiare me stessa, di stare in mezzo agli altri». Ora ci sta, in mezzo alle altre. A quelle come lei, transitoriamente immerse in un brodo di empatia, a combattere contro qualche spettro familiare, a ricucire qualche strappo nel tessuto dell’infanzia. «C’è sempre qualcosa del genere, nelle nostre storie». E qui niente farmaci. Qui tutte a condividere le sfide dei fantasmi, e le sedute, e i pasti assistiti, e la danza, e la pittura, e il cucito, e il rito dello specchio, quando un terapeuta ti aiuterà a ”mappare” ogni singola parte di te, a riconoscerla, a spogliarla dall’ansia, a darle una funzione, per scavalcare il confine del tuo corpo.


BAMBINE «Un corpo pensato e non vissuto», spiega Sabrina Mencarelli, coordinatrice degli psicologi. Le guarda con tenerezza, tutte quante. Pensa alla sua bambina. Agli agguati invisibili. Ai genitori che non mettono a fuoco il baratro attorno al quale si stanno aggirando i propri figli.
«E’ raro che le patologie vengano riconosciute in tempo. Fin quando non diventano così malnutrite da avere bisogno del sondino. Fin quando non abusano dell’alcol così da cadere in coma etilico. Sempre di più. Sempre prima. Cominciano ad arrivare qui persino a sette, otto anni». Carolina ne ha dodici. La sua stanza è piena di bambole peluche disegni. «Sei bellissima, lo sai?». Lo è davvero. Lei scuote la testa, abbassa gli occhi: «No. Magari lo fossi». Specchio delle sue brame, accontentala. Mostrandole se stessa, prima o poi.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)

In un antico palazzo nobiliare, uno di quelli che impreziosiscono la città di Todi, gli specchi appesi alle pareti sono coperti da panni scuri, così che non riflettano nessuna immagine. Tutti coperti, salvo uno. È un grande specchio, nascosto in un armadio. È magico come quello della favola di Biancaneve.
Rimirandosi in quello specchio per sette volte nell’arco di quattro o cinque mesi, diciassette fanciulle, stregate da un incantesimo che ha scheletrito i loro corpi, riusciranno a riconoscersi, a diventare belle come sono, a scacciare via il demone che le possiede: la maledizione del digiuno. Sono anoressiche o bulimiche. Ad alcune di loro, il demone ha pure intossicato il fegato, somministrando una pozione avvelenata: l’alcol. Sono drunkoressiche. Una patologia doppia, strisciante, subdola, sepolta; la sinergia tra due dipendenze micidiali; un intreccio di compulsioni che strangola già centinaia di giovanissime, in silenzio.
BERE PER DIMAGRIRE Magrissime e sballate. Ubriache e scheletriche. Digiunando, si preparano all’happy hour, ai mix di alcolici, alla discoteca, alle feste, ai rave party del fine settimana. Sono cadute nel tranello di un nuovo passaparola di tendenza, senza riuscire a fermarsi prima del limite: la malattia. Bevono per dimagrire, così da anestetizzare la fame, vomitare, sopravvivere grazie alle ”calorie vuote” dell’alcol, evitando di nutrirsi. Dimagriscono per bere, così da ubriacarsi di più, a stomaco vuoto, e tenere a bada il terrore di ingrassare, e lubrificare meglio le relazioni con i pari, ed esorcizzare le insicurezze che le hanno intrappolate. È un rito multifunzionale.
«Stando agli studi che abbiamo fatto assieme al Ministero della Salute, i drunkoressici sono già 300.000, in prevalenza tra i 14 e i 17 anni, l’80 per cento ragazzine; ma il numero è in continuo aumento, e in dieci anni non ci sarà più nemmeno prevalenza di genere». Lo assicura Laura Della Ragione, referente del ministero per i disturbi alimentari, fondatrice e direttrice del primo centro pubblico, un centro di eccellenza, dove quei disturbi vengono curati.
Palazzo Francisci, 17 ragazze stregate, 17 diverse terapie per restituirle ai loro corpi, alla loro salute, al loro futuro. Usl 2 di Perugia, quattro centri già emulati in Italia, liste d’attesa lunghissime, «la deriva si allarga, i posti sono pochi». Eppure..«voglio guarire. Lo vogliamo tutte». Mita 16 anni, Viterbo, passeggia tra gli alberi secolari del parco col passo regale e rallentato di una principessa segregata. Ci pianta addosso due pupille nere galleggianti in una bolla di malinconia. «Non so se ho cominciato prima a dimagrire o a bere. Volevo vendicarmi di un’infanzia complicata. A un certo punto c’ero dentro fino al collo. Ho avuto paura di morire».
STORIA DI MITA La terapia dello specchio non l’ha ancora cominciata, Mita. E’ qui da un mese. Oscilla tra la determinazione e la paura, proprio come oscillava tra sette chili in meno o in più nell’arco di una sola settimana. E proprio come adesso, pensando a quello specchio, oscilla tra l’orrore di dover visualizzare i chili che ha recuperato, e l’ansia di liberarsi dalle sue ossessioni.
Le diete a base di cracker, ghiaccioli, farmaci, diuretici, lassativi. A base di droga. A base di alcol. «Per perdere la fame. Per acquisire un minimo di calorie senza mangiare. Per ubriacarmi meglio. Per trovare il coraggio di uscire, di non odiare me stessa, di stare in mezzo agli altri». Ora ci sta, in mezzo alle altre. A quelle come lei, transitoriamente immerse in un brodo di empatia, a combattere contro qualche spettro familiare, a ricucire qualche strappo nel tessuto dell’infanzia. «C’è sempre qualcosa del genere, nelle nostre storie». E qui niente farmaci. Qui tutte a condividere le sfide dei fantasmi, e le sedute, e i pasti assistiti, e la danza, e la pittura, e il cucito, e il rito dello specchio, quando un terapeuta ti aiuterà a ”mappare” ogni singola parte di te, a riconoscerla, a spogliarla dall’ansia, a darle una funzione, per scavalcare il confine del tuo corpo.
BAMBINE «Un corpo pensato e non vissuto», spiega Sabrina Mencarelli, coordinatrice degli psicologi. Le guarda con tenerezza, tutte quante. Pensa alla sua bambina. Agli agguati invisibili. Ai genitori che non mettono a fuoco il baratro attorno al quale si stanno aggirando i propri figli.
«E’ raro che le patologie vengano riconosciute in tempo. Fin quando non diventano così malnutrite da avere bisogno del sondino. Fin quando non abusano dell’alcol così da cadere in coma etilico. Sempre di più. Sempre prima. Cominciano ad arrivare qui persino a sette, otto anni». Carolina ne ha dodici. La sua stanza è piena di bambole peluche disegni. «Sei bellissima, lo sai?». Lo è davvero. Lei scuote la testa, abbassa gli occhi: «No. Magari lo fossi». Specchio delle sue brame, accontentala. Mostrandole se stessa, prima o poi.

 


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)