Dipartimento di ALcologia di Pordenone: "Famiglie, aprite gli occhi"
Dipartimento di ALcologia di Pordenone: "Famiglie, aprite gli occhi"
VIZI PERICOLOSI - Il dottor Giuseppe Arivella fotografa il problema alcol-giovani in provincia di Pordenone: "Non bisogna
parlare solo ai ragazzi, ma alle famiglie, che fanno finta di niente. I baristi? Stiano più attenti. E gli alcoltest-prova
producono l'effetto contrario" I giovani e l'alcol: un problema serio che, in provincia, di Pordenone presenta più di una
criticità. Come a Maniago dove una apposita commissione sta lavorando per trovare delle soluzioni, coinvolgendo scuole e
famiglie. Dal Sert, anche se dati precisi sull'abuso dei minori sono difficili da reperire, arrivano segnali poco
confortanti. L'età nella quale i ragazzi vengono a contatto con le bevande alcoliche si sta abbassando sempre di più. Le
prime sbronze arrivano a 13 anni, ma c'è chi già alle elementari ha già provato l'alcol. In questi casi, molto spesso sono
gli stessi famigliari (genitori o nonni) a dare un assaggio di vino ai minori. "E' una questione di cultura, che molto
difficilmente si riuscirà a cambiare", spiega il dottor Giuseppe Arivella (foto sotto), medico dell'Ass6 di Pordenone, al
servizio del Dipartimento di alcologia. Uno che ha girato le scuole della provincia per toccare con mano la situazione sul
nostro territorio e spiegare a bambini e ragazzi quali sono i pericoli che si celano dietro la bottiglia. A lui abbiamo
chiesto di farci un quadro territoriale.
Dottor Arivella, la situazione nel Pordenonese?
"Non è che il problema sia molto diverso da alcuni anni fa, anche se preoccupa l'abbassamento dell'età nella quale i giovani
vengono a contatto con l'alcol. Secondo me, va tenuta sotto controllo la pericolosità ambientale: oggi, più che un tempo, i
giovani possono salire in macchina dopo aver bevuto e fare dei disastri".
Questo vale per i maggiorenni, ma i minori?
"Sono trasgressivi per natura. Ma le tentazioni che arrivano dal mondo della pubblicità sono devastanti. E poi, quella dello
spritz da noi è diventata una moda pericolosa. Sembra non faccia male, ma se si esagera...".
Le scuole provano a correre ai ripari con incontri ad hoc...
"Non servono a molto e lo lasci dire a me che di incontri con gli studenti ne ho fatti tanti. Il problema non è educare i
ragazzi, ma le loro famiglie. Pensi che in una scuola elementare della provincia, la metà degli alunni, a 9 anni, mi ha detto
di aver già assaggiato il vino. Naturalmente non lo assumo da soli, ma sono gli stessi genitori o nonni a darlo loro. Questo
significa che, anche per cultura, nelle famiglie non passa il concetto che l'alcol per i giovani è pericoloso. Anzi,
addirittura, a volte, i familiari mettono la testa sotto la sabbia".
In che senso?
"Mi è capitato che una ragazzina sia venuta da noi chiedendo un aiuto. Ci disse: ‘Io, quando posso, mi ubriaco'. Convocammo i
genitori, ma il padre ci rispose di non preoccuparsi: la figlia diceva quelle cose solo perché non voleva andare a scuola.
Solo che, in seguito, emerse che il problema di alcol c'era veramente. Ecco, le famiglie devono imparare a prendere sul serio
alcuni segnali. E non, come accade di frequente, dire che si è trattato di un abuso occasionale".
Locali pubblici: hanno colpe oppure no?
"Purtroppo sì. Molti gestori si trincerano dietro il fatto che chi ordina da bere ha più di 16 anni. Ma poi è impossibile
che non vedano chi consuma gli alcolici. Non tutti sono così, ma accade. Qualche mese fa, abbiamo fatto una serie di incontri
proprio riservati a coloro che servono alcolici in provincia. Ebbene, diciamo che la partecipazione è stata molto bassa. In
proporzione, erano molti più interessati i gestori delle sagre, che conoscevano di meno le normative. Gli altri, pur sapendo
quali sono le leggi, non sempre le rispettano".
Gli alcoltest fuori dai locali sono un buon deterrente?
"Macché, fanno l'effetto contratto. Sapete che accade? I ragazzi non li usano per vedere sono in grado di mettersi alla guida
o meno, ma per fare le gare. Si divertono a utilizzarli per sapere chi è il più sbronzo. Questo ce lo hanno assicurato gli
operatori della Croce rossa che fanno questo servizio".
Fare prevenzione, dunque, è molto difficile.
"Ripeto, è una questione di mentalità. E cambiarla è assai complicato".