Dipendenza da Facebook e disturbi alimentari: uno studio evidenzia possibili legami
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Passate delle ore su Facebook? Attente ai disturbi alimentari
MILANO - Passano ore e ore incollate a Facebook. Poi magari sfogliano un paio di riviste di moda, quindi si vedono in tv
telefilm sul genere "Gossip girl", pieni di ragazze bellissime e soprattutto magrissime. Le quindicenni che trascorrono così
il tempo libero sono candidate ideali ai disturbi alimentari, oltre che quasi sicuramente insoddisfatte e poco fiduciose in
loro stesse. Lo dimostra uno studio dell'università di Haifa, condotto su circa 250 adolescenti dai 12 ai 19 anni.
QUESTIONARI - Alle ragazze è stato chiesto di indicare le loro abitudini nel tempo libero, con particolare riferimento al
tempo trascorso su internet e alla televisione: i ricercatori hanno indagato il tipo di siti e di programmi visti dalle
ragazze, in più le hanno sottoposte a questionari per capirne l'atteggiamento verso il cibo e il grado di autostima e fiducia
in loro stesse. I risultati sono chiari: quanto più a lungo le ragazze passavano il tempo su Facebook, tanto più era
probabile che soffrissero di disturbi alimentari come bulimia o anoressia. Le più assidue erano anche le adolescenti con
maggiori problemi di insoddisfazione personale, che non si piacevano e avrebbero voluto mettersi a dieta per perdere peso.
Stesso discorso vale per la televisione o per tutti i contenuti di internet correlati alla moda: in soldoni, la visione di
modelle e attrici francamente sottopeso fa sì che le ragazzine si vedano brutte, inadeguate. E questo per alcune è la molla
che le precipita in un disturbo alimentare vero e proprio, le altre hanno comunque la tendenza a sottoporsi a diete insensate
e vivono male, insoddisfatte e poco sicure di sé.
MODELLI - I modelli estetici proposti dai media, allora, fanno davvero male alle adolescenti? «Fanno malissimo - conferma
Maria Malucelli, specialista di disturbi alimentari psicogeni della Fondazione Fatebenefratelli di Roma -. Nell'essere umano
l'apprendimento dei comportamenti avviene per imitazione di modelli esterni: questo accade nel bambino, l'adulto dovrebbe
confrontarsi con i modelli a cui viene esposto e criticarli, adottandoli o rifiutandoli sulla base della propria elaborazione
critica personale. Oggi però la costruzione di una struttura di personalità, ovvero di ciò che serve per avere le "spalle
forti" di fronte al mondo esterno, è ritardata rispetto al passato: morale, fino a 25 anni i giovani sono ancora "deboli" di
fronte ai modelli e, inconsapevolmente, continuano a imparare per imitazione. I motivi sono vari, uno è senz'altro la
mancanza di un vero ponte di comunicazione fra genitori e figli: in questo vuoto si sono inserite televisione e internet, che
propongono modelli "virtuali" che i ragazzini assorbono passivamente, procurandosi solo dolore e insoddisfazione. Le ragazze
somatizzano l'infelicità per la loro incapacità di aderire perfettamente ai modelli stereotipati di oggi con problemi di
comportamento alimentare, nei maschi spesso compaiono disturbi sessuali già a 20 anni». Ma perché anche Facebook fa male?
«Perché è comunque una comunicazione falsata - risponde Malucelli -. Non c'è un vero contatto umano, pur essendo un mezzo che
consente un approccio più attivo ai modelli proposti rispetto alla televisione». Le ragazzine lo percepiscono e, in questa
assenza di rapporti veri, finire preda delle proprie fragilità è più che probabile.
GENITORI - Come evitare questa deriva dei figli verso modelli irreali, che procurano loro soltanto dolore? Secondo gli
israeliani la chiave di volta sono i genitori: nel loro studio, se mamma e papà trascorrevano tempo con le figlie, guardavano
e discutevano con loro i programmi televisivi, sapevano quali siti frequentavano le ragazze e navigavano anche in rete e su
Facebook con loro, le adolescenti avevano una maggior autostima, si sentivano meglio nei propri panni e questo, per usare le
parole degli israeliani, era un ottimo "scudo" nei confronti di possibili disturbi alimentari. «È davvero così: l'adulto può
rendere "attivo" il modello proposto dall'esterno stando accanto al figlio, criticando ciò che si vede assieme pur senza
imporre il proprio parere. Sarebbe opportuno anche riuscire a limitare il tempo trascorso in Rete, concedendo internet non
più di un'ora al giorno», conclude l'esperta.