Dipendenza dal gioco: considerazioni
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Il gioco, anche quello d'azzardo, dovrebbe essere un passatempo occasionale, un divertimento saltuario, un'attività sporadica, magari legata a qualche giorno particolare. Quando però diventa un'ossessione quotidiana è una malattia, che va curata e riconosciuta
In Italia sono circa 700 mila le vittime del gioco d'azzardo; per molte persone tutto è iniziato per caso, tentando la sorte per sfidare amici o parenti, o provare a racimolare qualcosa senza fatica. Ma tra una puntata di poker e una schedina in più al Superenalotto, è poi facile farsi travolgere dal rischio, fino a non riuscire più a darsi dei limiti e arrivando inconsapevolmente ad avere una vera e propria dipendenza da gioco.
Il gioco d'azzardo patologico è una malattia, riconosciuta anche dall'Oms ed inserita nel manuale diagnostico dei disturbi mentali come disturbo del controllo degli impulsi. Chi soffre di questa patologia prova un impulso irresistibile e incontrollabile a giocare, un desiderio che però non riesce mai ad essere soddisfatto completamente e che porta quindi a trascorrere la maggior parte del tempo alla ricerca del gioco.
Il giocatore d'azzardo patologico ha tutte le caratteristiche del tossicodipendente anche se non usa sostanze. Se all'inizio una persona gioca per il piacere e per divertimento, quando diventa malattia il giocatore non trova più piacere nel gioco, ma continua a farlo per riprendersi dalle perdite accumulate e alla fine gioca per trovare consolazione all'ansia che lo attanaglia. Il gioco si trasforma da momento di gioia e creatività in ossessione, dove l'unico modo per sentirsi vivo è continuare l'azzardo.
Identikit del giocatore d'azzardo
Secondo l'Istat il giocatore tipo è uomo, sui 38-45 anni, sposato e con una cultura media. Il fenomeno è omogeneo sul territorio italiano, anche se il Piemonte ha un picco di persone con questo disturbo.
Come guarire
Dalla dipendenza da gioco si può guarire; il modello di psicoterapia che negli ultimi tempi ha avuto più riscontri positivi è quello cognitivo-comportamentale. Lo psicoterapeuta ha il compito di far emergere le risorse interiori del malato e insegnargli ad usarle per liberarsi dalla schiavitù del gioco. Così l'individuo è attore principale e non spettatore passivo della sua guarigione.
Inoltre gli vengono suggeriti esercizi comportamentali per prepararlo a fronteggiare eventuali tentazioni e ricadute.
Le sedute solitamente sono di gruppo, a frequenza settimanale, e la cura può durare da un minimo di 3 mesi a un massimo di 2 anni.
Cosa fare per aiutare chi è malato
La famiglia e gli amici hanno un ruolo importante nel riconoscimento del problema e nel successo della cura. Ecco qualche dritta.
I campanelli di allarme sono: trascurare partner, famiglia, lavoro, perdita di interesse nelle attività e insoddisfazione generale. L'umore di solito è alterato, si ha difficoltà a dormire e una costante ansia e irritabilità, alternate a momenti di euforia esagerata e apparentemente immotivata.
In questo caso la cosa migliore è accompagnare la persona da uno psicologo e aiutarlo a prendere consapevolezza che la sua è una malattia. Evitare di lasciarlo solo e stagli vicino nei momenti di forte stress e quando ha l'impulso a voler giocare.
In caso di ricaduta la persona va sempre appoggiata e gli si deve dare fiducia, facendogli capire che può capitare anche durante il percorso di cura.