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Dipendenza: nella mente di un alcolista

Dipendenza: nella mente di un alcolista

Nella mente di un alcolista

Il termine dipendenza ha un’origine latina e significa, tra l’altro, essere subalterno, subordinato e denota una relazione necessaria, obbligata.

Chi ha avuto una dipendenza o ha frequentato un dipendente capisce bene perché questo termine si adatta all’alcolismo.

Nessuno vorrebbe sviluppare una dipendenza per qualche sostanza ma molti ci cadono, esiste quindi un livello in cui la volontà viene dirottata e la persona perde il controllo della sua vita.

Dagli inizi degli studi sulle dipendenze i neurologi hanno fatto progressi nella conoscenza del processo che porta a questa vera e propria malattia e se è vero che gia dal DSM-IV venivano distinte molte forme di dipendenza (da varie sostanze e anche da comportamenti) gli esperti sono in accordo nel vedere le varie dipendenze come espressioni diverse di un comune processo mentale.

Come ragiona un alcolista, il principio del piacere

Il cervello considera tutto ciò che ci dà piacere allo stesso modo; che venga dall’alcol, da una sostanza psicotropa, da un buon pasto, da una vincita di denaro o da un rapporto amoroso. La reazione è il rilascio di dopamina.

E’ un processo naturale sano che nasce per sostenere la sopravvivenza ma che la sostanza dirotta come un terrorista dirotta un aereo. La probabilità che alcune sostanze o anche comportamenti gratificanti portino alla dipendenza dipende dalla velocità con cui il cervello rilascia dopamina associata a quella sostanza o attività particolare.

Le droghe, tra cui l’alcol, assicurano una scorciatoia al rilascio di dopamina nel cervello, per un meccanismo automatico il cervello creerà una risposta condizionata a ricercare la sostanza come fonte di piacere.

In un meccanismo collegato, oggi ben spiegato dalle moderne teorie sulle dipendenze, il senso di piacere sopraffacente della sostanza viene presto registrato dalle aree del cervello preposte alla memoria e alla motivazione creando nuovi percorsi simili a quelli che ci guidano ad appagare fame, sesso e altri bisogni naturali ma con spinte persino maggiori.

Da qui si può leggere l’alcolismo in termini neurologici: il bisogno ossessivo del bere fino a trascurare altri bisogni più naturali, il forte piacere quando si può consumare alcol e ovviamente il craving quando si resta in astinenza per troppo tempo. A ciò si aggiunga la tolleranza ovvero la tendenza del cervello col tempo ad adattarsi di modo da ridurre il piacere creato dall’assunzione di alcol.

La tolleranza nasce per un meccanismo di difesa del cervello stesso che si trova sopraffatto da una quantità di dopamina (quindi di piacere) che non è naturalmente progettato a sostenere a lungo. In natura infatti le attività piacevoli sono rare e non facilmente accessibili mentre le sostanze come l’alcol sono facilmene accessibili e utilizzabili in quantità.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.alcoldipendenza.com/nella-mente-di-un-alcolista/

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)