338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Dipendenze al femminile: una prospettiva storico-sociale

Dipendenze al femminile: una prospettiva storico-sociale

DIPENDENZE AL FEMMINILE: UNA PROSPETTIVA STORICO-SOCIALE


La rivista Medicina delle dipendenze dedica il numero di dicembre al tema delle dipendenze al femminile. Si tratta di una tematica sovente marginalizzata o trascurata, che solo negli ultimi decenni comincia a essere affrontata nella sua rilevanza e complessità e che può essere spiegata in larga parte con il perdurare del potere maschile nella medicina e, in generale, nella società. E’ infatti solo molto recente lo sviluppo della medicina di genere e l’inizio di una critica alle basi androcentriche della medicina occidentale.


Nei vari contributi la questione dell’influenza del genere sulle dipendenze da sostanze viene declinata secondo varie prospettive e approcci. L’articolo di Paolo Nencini, Abuso di sostanze e differenze di genere nella storia, offre una sintetica e interessante ricostruzione storico-sociale delle differenze di genere nell’esposizione e nella vulnerabilità alle sostanze. Nencini parte, nel proprio excursus, dal mondo antico, spiegando come, nella civiltà greca e  romana, dall’uso voluttuario delle sostanze psicotrope più diffuse (papavero da oppio e alcol) fossero escluse, per motivi simbolici e socio-culturali, le donne. Al tempo stesso, sono giunte a noi testimonianze scritte di epoca greco-romana sull’associazione fra oppio e divinità femminili. Più precisamente, fra i romani, comincia a delinearsi un’importante differenziazione sociale che vedremo all’opera anche in altri contesti storici e geografici: mentre le donne sposate sono tassativamente escluse dal consumo di alcol, le ragazze non sposate e le prostitute vengono ammesse all’uso voluttuario di vino. Solo gli uomini appartenenti all’élite sono ritenuti in grado di esercitare in modo corretto quel bere sobrio richiesto al cittadino.


Ritroviamo questa ambivalenza anche in epoca moderna, ad esempio per l’alcol nell’Inghilterra nel XVI e XVII secolo, nel cui consumo vi è una netta differenza fra la maggioranza delle donne, cui viene imposto l’astinenza, e la donna proletaria e di “facili costumi”, che può partecipare al rito maschile del bere e dell’ubriachezza proprio in virtù della sua condizione sociale di esclusa/deviante.


Passando ora all’800, è fondamentale notare che, fino alle leggi proibizioniste della prima metà del ’900, per alcune delle principali sostanze psicoattive (oppio, morfina) si registra un forte uso femminile. Tuttavia, per interpretare questo dato, occorre specificare che si trattava di un uso socialmente non stigmatizzato e con finalità terapeutiche, sia sotto prescrizione medica che per auto-medicazione. Tanto l’oppio che la morfina erano infatti indicati dai medici per una vasta gamma di disturbi: per le donne rappresentavano il trattamento d’elezione per i disturbi legati all’apparato genitale e alle mestruazioni. Alcune fonti mediche dell’epoca e alcuni storici ritengono che il consumo femminile di oppio e morfina fosse molto alto, ma ciò va contestualizzato alla luce di due considerazioni. In primo luogo, era la stessa comunità scientifica che promuoveva l’uso di tali sostanze e, secondariamente, è solo progressiva la presa di coscienza dei pericoli della dipendenza iatrogena per oppio e morfina, che comunque riguarda in egual misura uomini e donne.


Passando ora alla cocaina, Nencini sottolinea come il suo uso si caratterizzi prevalentemente sin dall’inizio , a differenza di oppio e morfina, per ragioni voluttuarie. Salvo significative eccezioni (l’uso strumentale della cocaina nei soldati di trincea nella prima guerra mondiale), il consumo di cocaina è associato al mondo della trasgressione, dell’eccesso e della libertà sessuale. Ciò favorisce, per la prima volta, la formazione di una subcultura deviante ed edonistica associata alla cocaina, subcultura assente o marginale nel caso delle altre sostanze citate. Nencini, commentando l’implementazione della successiva legislazione mondiale proibizionista, rileva come ciò determini la perdita del primato femminile nella dipendenza da oppiacei e favorisca, paradossalmente, “(…) il sorgere di una subcultura in cui le dipendenze sono indotte pressoché esclusivamente solo dall’uso edonico dei farmaci psicotropi e dove i criteri diagnostici stessi ne sono influenzati nella misura in cui enfatizzano le disfunzioni psico-sociali.


(...omissis...)


Nencini P., 2014, Abuso di sostanze e differenze di genere, Medicina delle dipendenze, IV, pp. 13-19.


copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.cesda.net/?p=8442#more-8442


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)