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Dipendenze e differenza di genere

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Dipendenze e differenza di genere

Concordo con l'ipotesi di base che ci sia una profonda influenza di genere nella dipendenza e nella tossicodipendenza in particolare e penso che l'assunzione di questo punto di vista possa essere un potente strumento terapeutico. Vorrei anche sottolineare che si può parlare di dipendenze,e non solo di tossicodipendenza,anche al maschile,a differenza di pochi anni fa in cui sembrava che gli uomini fossero esenti da disturbi alimentari e dalla dipendenza affettiva. Penso che questo pregiudizio,che è diventato in alcuni casi anche cecità scientifica,abbia fatto molto male alle donne e abbia contribuito a lasciare gli uomini molto soli di fronte ai loro problemi di dipendenza,per esempio affettiva,di cui la strage di donne di questi giorni è purtroppo una tragica testimonianza.Anche in questo caso vediamo come la differenza di genere influisca nel vissuto degli abbandoni e delle separazioni che rimandano alla dipendenza affettiva.Le donne,alle quali si è sempre riconosciuta la tendenza "naturale " alla difficoltà/impossibilità di vivere senza un uomo, raramente uccidono chi le lascia.Gli uomini,che si ritenevano immuni da tale caratteristica di dipendenza,stanno urlando al mondo intero che non possono tollerare la rottura dei legami affettivi al punto che le loro reazioni sono di morte:che si tratti del vecchio delitto d'onore (quanta dipendenza affettiva ha nascosto),dell'acido muriatico gettato dai pachistani o degli omicidi che ormai in Italia e in Europa sono la prima causa di morte per le donne,o delle lapidazioni di molti paesi musulmani.In Italia è soltanto di tre anni fa la fondazione,proprio a Firenze,di una Onlus,il CAM,che si occupa dei maltrattanti,importante via d'uscita alla spirale della violenza sulle donne Con questo voglio dire che mi piacerebbe parlare delle differenze dei due generi,non tenendo un genere come parametro per le differenze dell'altro, altrimenti rischiamo di continuare ad essere ciechi o meglio accecati dai pregiudizi,di cui ben si parla nel libro che ci offre l'occasione di incontrarci oggi. Fra l'ottobre del 2000 e l'ottobre del 2001,abbiamo condotto una ricerca in quattro strutture di disintossicazione pubbliche e del privato sociale, utilizzando due test psicologici di personalità:il 16 PF e l'MMPI.La ricerca ha coinvolto 142 persone di cui 22 donne e ha riguardato vari argomenti,fra i quali anche le differenze di genere nei vari aspetti della tossicodipendenza. Mi ha colpito che i risultati presentati nel libro ricalchino quelli evidenziati anche dal nostro lavoro.Vorrei quindi provare ad integrare i due lavori su un punto che mi sembra rilevante all'interno del tema che oggi affrontiamo. Nella nostra ricerca si evidenziava un elemento estremamente interessante da un punto di vista psicologico,ossia che le donne testate mostravano da una parte una forte adesione allo stereotipo femminile e dall'altra una altrettanto forte tendenza alla rottura delle regole e agli agiti impulsivi. Abbiamo letto in questo la presenza di un conflitto intrapsichico,in alcuni casi lacerante,quasi mai elaborato.E'facile immaginare che un conflitto di questo tipo possa produrre ed alimentarsi di difficoltà di autostima,di comportamenti di scarsa tutela verso se stesse fino a comportamenti autodistruttivi.Ho ritrovato queste osservazioni nel libro anche se formulate diversamente o forse diversamente lette.L'elemento che mi sembra importante sottolineare è che anche gli uomini avevano una difficoltà nell'area dell'adesione al ruolo, espressa in senso inverso ovvero nella percezione di una scarsa capacità di adesione al ruolo sociale atteso.Riporto,per comodità,in coda a queste brevi note,parte dei testi degli articoli scritti sulla ricerca,pubblicati su Salute e Prevenzionde della Franco Angeli n ° 29 e 32. In sintesi mentre per le donne l'esperienza tossicomanica ha anche il valore della ribellione,spesso inconscia,al ruolo sociale tuttora affidatole,per l'uomo spesso diventa un aiuto per reggere il ruolo.Tutti noi sappiamo quanta timidezza ci confessano i nostri utenti strafottenti,o quanta paura si nasconda negli atteggiamenti aggressivi,quanta insicurezza nei comportamenti da branco. Possiamo quindi chiederci quanta difficoltà ci sia nei nostri utenti,in generale, a identificare,introiettare e compiere la propria identità di genere.Che non è forzatamente o solo difficoltà di identificazione sessuale.Come sappiamo, molti autori ipotizzano un'omosessualità dietro molte tossicodipendenze,ma dalla nostra ricerca e dall'esperienza clinica,mi sembra che predominante sia la difficoltà dell'identificazione di genere. Le donne e gli uomini si trovano di fronte a ruoli che diventano difficili da sostenere nella loro valenza tradizionale e allo stesso tempo difficili da trasformare positivamente. In questa ottica vorrei volgere uno sguardo sui comportamenti giovanili rispetto alle sostanze.Per esempio rispetto all'alcool,ma anche alla cocaina, c'è una forte adesione femminile al consumo,con uno sviluppo di comportamenti sociali che spesso scimmiottano quelli maschili,in quella che mi sembra una falsa idea di emancipazione.Mi riferisco alle sempre più frequenti immagini di ragazze con la bottiglia in mano,ubriache o strafatte per strada.Nel gruppo per cocainomani che abbiamo iniziato a Sesto da poco,c'è una ventenne che ha riportato proprio questa voglia di strafarsi, come i maschi.E nel gruppo si è messa in gara con gli altri partecipanti proprio su questo tema. Nel libro mi ha colpito il racconto della socialità di molte donne,che dicono della loro preferenza nel passare il loro tempo con i maschi e della difficoltà a stabilire amicizie con le altre donne.Questo tema è emerso anche nella nostra ricerca e la pratica quotidiana al Luzzi (Centro di osservazione,diagnosi e disintossicazione della Asl 10)ci fa sempre temere la presenza contemporanea di più donne,perchè spesso è conflittuale.Tutti questi elementi,ma potremmo aggiungerne anche altri,ci fanno intravedere,a mio parere,la difficoltà di calarsi nel proprio essere donna e dello starci con serenità.ra l'altro,e questa sì che è una differenza di genere imposta non dalla società ma dalla biologia,questi comportamenti sociali,sono molto più rischiosi per le donne per l'esposizione che comportano alla violenza fisica e sessuale,con le conseguenza psicologiche ed esistenziali che ben conosciamo.

Articoli di Maria Rosaria De Maria - Psicologa Psicoterapeuta U Ser.T Nord Oves - ASL 10 I


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)