Dipendenze ed autostima: osservazioni della d.ssa Scaporrino
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Dipendenze ed autostima: non è questione di sesso
di Angela Manno
Cosa sono le dipendenze? C'è differenza tra uomo e donna? Si può guarire?
Marcella Scamporrino, psicoterapeuta specializzata in dipendenze presso il Policlinico Umberto I° di Roma affronta un tema
spinoso.
Cos'è una dipendenza?
E' più corretto parlare di dipendenze perché diverse sono le tipologie, in generale però si può definire dipendenza l'
incapacità di controllare dei comportamenti che una persona mette in atto per sentirsi bene. Questo in molte dipendenze ha a
che fare con l'appoggiarsi a qualcosa di esterno (cibo, alcol, partner) senza il quale il soggetto non saprebbe affrontare
alcuni stati emotivi.
C'entra una carenza di autostima?
Sicuramente. Emerge anche il bisogno di controllare una serie di situazioni che la persona non riesce a gestire se non
attraverso la dipendenza.
Le donne sono più soggette rispetto agli uomini?
No. La dipendenza è asessuata ma può assumere forme diverse di genere. La donna sviluppa più dipendenze alimentari e
affettive, gli uomini invece dipendenze da droga e alcol. Si tratta anche di un fenomeno culturale: il disagio maschile si
esprime di più nei luoghi pubblici, ad esempio nei bar, invece se una donna ha un problema di alcolismo in genere il consumo
avviene in uno spazio più privato.
Esiste una predisposizione genetica a sviluppare dipendenze?
Sono in gioco diversi fattori, sia di predisposizione che culturali e sociali. I bambini apprendono per modelli di
comportamento e se quello che vedono e vivono fin da piccoli li allontana dalla possibilità di svilupparsi serenamente, al di
là della predisposizione genetica, è più probabile che portino dei disagi crescendo.
C'è una differenza tra contesti storici e socio-ambientali?
Certamente. Per esempio i disturbi alimentari sono legati allo stile di vita dei paesi occidentali dove si è sviluppato il
mito del benessere e in cui il cibo ha un particolare significato.
Qual è l'approccio terapeutico da seguire, si cura il sintomo o si cerca l'origine di questa dipendenza?
Gli interventi avvengono a livelli differenti a seconda della persona e della dipendenza. Spesso all'approccio farmacologico
deve essere affiancato un sostegno psicoterapeutico, coinvolgendo in alcuni casi anche tutta la famiglia del paziente
attraverso una psicoterapia familiare. Insomma, bisogna lavorare su più livelli. Il sintomo non è altro che la manifestazione
di un disagio che può assumere varie forme, è un tentativo che il soggetto fa per gestire ansia, depressione e le sue
emozioni. Importante è lavorare per raggiungere l'autonomia della persona perché quello che si tenta di gestire va capito e
curato. La prima cura però dev'essere la prevenzione, cioè il benessere.
Un problema comune sono le ricadute, come si affrontano? E' possibile una cura definitiva?
Io lavoro molto con pazienti che soffrono di alcolismo e la ricaduta fa parte del percorso di guarigione, nel senso che non
esiste una cura immediata e definitiva, bensì un processo che passa attraverso una consapevolezza sempre maggiore dei
meccanismi emotivi che hanno portato ad uno stato di dipendenza. Non si può avere la certezza matematica che la persona mai
più adotterà quel comportamento ma la conoscenza diventa un' occasione per capire quali sono le situazioni di rischio per
evitarle il più possibile. Ovviamente tutto dipende da come si affrontano le ricadute; prima bisogna prendere atto di cosa
non ha funzionato per capire invece cosa sarebbe stato utile fare, allora la ricaduta diventa un momento prezioso perché si
ricomincia con un nuovo livello di consapevolezza.
Anoressia e bulimia: è colpa del mondo della moda?
Sicuramente l'ideale di bellezza dettato dalla moda influisce nell'immaginario di una ragazza, ma solo nel dar forma ad un
disagio interno già presente. In questo caso il mondo della moda, con le sue donne ossute e androgine altro non è che il
contenitore che accoglie quel disturbo e gli dà una forma. Se una ragazza ha difficoltà nella gestione della solitudine e
problemi di identità si identifica in quelli che sono i modelli presentati come buoni, a cui aspirare. In questo senso
possiamo parlare di anoressia e bulimia come patologie di origine sociale ma se non prendesse questa forma il disagio ne
troverebbe chissà quante altre.
Quali sono dunque i segni da non sottovalutare?
Se vediamo che una persona usa un regime alimentare troppo restrittivo accompagnato da insicurezza ansia depressione, deve
scattare il campanello d'allarme. Poi è necessario fare attenzione all'aspetto emotivo notando se ci sono squilibri e
comportamenti eccessivi. Noi lavoriamo ogni giorno per migliorare la qualità di vita di queste persone, ma ripeto, la prima
vera cura passa attraverso la prevenzione e la pretesa del benessere, ed anche quando ci si è ammalati è importante sapere
che si può guarire e tornare a vivere.