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Disoccupazione e alcolismo, nuova piaga: a rischio i giovani

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Disoccupazione e alcolismo, nuova piaga: a rischio i giovani
Ubriachi di crisi, colpiti anche i professionisti

Sempre più ricorrono alla bottiglia, crolla l'età di chi cerca di disintossicarsi

di Eleonora Grossi

Ancona - Alcolismo e crisi economica. Un'accoppiata pericolosa, in cui la causa e l'effetto a volte si confondono. Non tutti bevono perché hanno perso il lavoro, non tutti perdono il lavoro perché bevono. Quello che è certo però è che l'abuso di alcol in questi tempi duri trova terreno fertile.


"Gli effetti della crisi? Ci sono eccome - spiega il dottor Vincenzo Aliotta, della casa di cura Villa Silvia, struttura leader in Italia per la cura dell'alcolismo -. Ad esempio i nostri accessi, 500 l'anno, ora riguardano in media ragazzi di 25 anni, la soglia di età si è abbassata moltissimo. Molti hanno perso il lavoro, anche extracomunitari. Anche quella dei medici è una categoria a rischio, e professinisti vengono a curarsi spesso".


E non solo a bere si comincia prima, tra i 15 e i 25 anni il 7 per cento è considerato a rischio dipendenza, ma si beve in modo anglosassone e non più mediterraneo. È il famoso binge drinking: bere solo per sbronzarsi. E l'alcol interessa tutti se si pensa che causa il 30 per cento dei ricoveri in regione, e i danni dell'alcolismo costano ben il 10 per cento della spesa sanitaria delle Marche. "Inoltre - spiega ancora Aliotta - la prima causa di morte sotto i 25 anni continua a essere l'incidente stradale alcol correlato".


La disoccupazione giovanile poi, a livelli record, ha acuito il malessere generale. E l'alcolismo, riconosciuto come malattia dall'Organizzazione mondiale della sanità, attecchisce. "Chi arriva a Villa Silvia - continua Aliotta - si rimette in piedi, ma sono poi i gruppi di auto - aiuto a fare il resto del lavoro".


All'interno di Villa Silvia c'è infatti un gruppo di Alcolisti Anonimi, associazione che accoglie le persone che vogliono smettere di bere. "La mia vita era diventata ingovernabile, e chi mi era vicino se la dava a gambe - racconta Italo, 60 anni, tecnico telefonico, arrivato in AA 11 anni fa -. Sono stato ricoverato a Villa Silvia, e lì mi hanno indicato Alcolisti Anonimi. Mia moglie voleva che frequentassi le riunioni, ma io non ci credevo. L'alcolismo è una malattia dell'anima, ed ero ancora nelle sue spire, anche se in astinenza. Poi però, aiutando un mio amico che non voleva smettere di bere mi sono ritrovato ad aiutare me stesso. Ed è nato il miracolo".


Stesso racconto per Giulio, che in AA arriva addirittura a 29 anni: "Sono perito chimico, e andare al lavoro ubriaco metteva a rischio la mia vita tutti i giorni. Avevo provato di tutto, dalla religione allo sport, ma l'alcol continuava a divorarmi. Poi sono arrivato in AA, e pensavo di trovarmi davanti barboni e casi limite. Invece c'era gente di tutti i tipi: liberi professionisti, casalinghe, addirittura in passato c'era stata una suora. L'amore che si respira alle riunioni di AA è l'energia per campare senza bottiglia, e ti rendi conto che solo da quel momento, senza che tutto sia appannato dall'alcol, cominci a vivere davvero".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)