Donne e dipendenze patologiche
Un gruppo di lavoro dell'Ausl ha indagato perché in molte, a differenza degli uomini, non arrivano a chiedere aiuto ai servizi in caso di problemi di droga o ludopatia.
Può la differenza di sesso influenzare l’approccio di assistenza e cura nei confronti della salute delle pazienti, soprattutto quando si parla di dipendenze o disagi psichici?
Quali le opportunità che i servizi sanitari e socio-sanitari possono cogliere quando si declina la salute al femminile?
Questi gli interrogativi e i temi al centro del convegno Ogni genere di sguardo che si è tenuto al Palazzo del Governatore nella settimana contro la violenza sulle donne.
Obiettivo del convegno, organizzato dall’Ausl con il patrocinio di Università e Comune di Parma, e dell’Associazione Maschi che s’immischiano e Lenz Fondazione, quello di condividere riflessioni e tracciare alcune linee di confronto, accogliendo e sviluppando tematiche complesse legate al tema della dipendenza di genere.
Nel corso dell’incontro sono stati presentati i risultati della ricerca Ri-Leggere il genere: un’analisi descrittiva al femminile del Servizio per le dipendenze patologiche di Parma condotta dal Gruppo Donne del Servizio per le dipendenze patologiche (SerDP) dell’Ausl.
Si tratta, osserva Silvia Riccardi, psichiatra che ha lavorato alla ricerca, di una equipe sperimentale, un gruppo di lavoro composto da donne unite dall’interesse per le tematiche di genere e spinte ad indagare in una direzione multidisciplinare per offrire percorsi di presa in carico maggiormente centrati sulla persona facendo la differenza nel trattamento delle donne che presentano forme di dipendenza.
Importante obiettivo dell’indagine è inoltre quello di sfidare gli stereotipi legati alle donne con problemi di dipendenza e contrastare ogni forma di stigma e di discriminazione di genere.
La ricerca nasce da una riflessione iniziale sull’accesso ai servizi per le dipendenze: storicamente, si è sempre avuto un accesso prevalentemente maschile mentre le donne, tra le quali pure il fenomeno dipendenze, seppure sommerso, è diffuso, difficilmente chiedono aiuto .
"Ci siamo domandate - osserva Riccardi - dove fossero queste donne e perché non chiedessero aiuto. Riflettendo sullo stigma sociale che accompagna le donne che presentano forma di dipendenza, è stato messo in luce il fatto che molte non arrivano a chiedere aiuto proprio per timori legati alla vergogna e alla paura che possa in qualche modo essere messo in dubbio il loro valore sia come donne sia come madri. Questo elemento già rappresenta una barriera per l’accesso ai servizi.”
Come emerge dai dati raccolti dall’OedtT (Osservatorio europeo per le droghe e le tossicodipendenze), le donne sono colpite da una più netta stigmatizzazione rispetto agli uomini: l’uso di droga è visto come incompatibile con il ruolo della donna e, in particolare, con la maternità.
“A partire da questa ampia riflessione - prosegue Riccardi- ci siamo interrogate su come agganciare le donne che vivono una sofferenza di questo genere ma che non chiedono aiuto ed abbiamo quindi operato uno studio per capire chi sono queste donne: dalla ricerca è emerso che si tratta in gran parte di persone con una discreta istruzione ma in molti casi non indipendenti sul piano economico.
Chi arriva a chiedere aiuto spontaneamente ai servizi per le tossicodipendenze ha già una buona consapevolezza del problema che, nel 60% dei casi, alla fine del percorso viene risolto positivamente. La maggior parte delle donne alla fine si libera dalla dipendenza e smette di fare uso di sostanze.”
Le donne prese in carico dalle diverse equipe del SerDP di Parma (Dipendenze patologiche, Alcologia e Gioco d’azzardo patologico) rientrano prevalentemente nelle fasce d’età 45-50 anni e 33-38 anni mentre la fascia d’età 15-20 anni rappresenta il 3,1% del campione e quella oltre i 60 anni il 6,2%.
A smentire la fondatezza del timore di un rischio di allontanamento dei figli dalla madre all’emergere di una tossicodipendenza, il dato per cui nell’87,6% dei casi non è stato necessario l’intervento del servizio minori.
Interessante notare che diverse sono le motivazioni che portano maschi e femmine a iniziare l’uso di sostanze: mentre negli uomini la dipendenza è legata alla trasgressione nelle donne è un comportamento di reazione allo stress, alla depressione e alla scarsa autostima associato all’influenza del partner.
Differenti sono anche le conseguenze: in confronto agli uomini, le donne sperimentano una progressione più rapida dall’uso all’abuso o alla dipendenza “effetto telescopio”: si tratta di una veloce transizione da un uso occasionale e controllato di una sostanza e un uso fuori controllo.
L’indagine condotta dalle dott.sse Silvia Riccardi, Evelina Savi e Giorgia Trincone ha evidenziato anche elementi significativi della storia clinica delle pazienti: dai dati appare che l’evento critico che viene maggiormente rilevato nella storia delle donne che sviluppano dipendenze è quello di un abuso o un trauma grave in giovane età.
Rispetto al campione preso in esame, composto da 129 utenti attualmente in carico al servizio per le dipendenze, in seguito ad un approfondimento e a colloqui clinici è emerso che il 46% del campione ha ricevuto una diagnosi di disturbo della personalità.
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/12/03/news/gli_stereotipi_di_genere_colpiscono_anche_le_donne_alle_prese_con_dipendenze_patologiche-242470779/?refresh_ce
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)