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News di Alcologia

Doppia diagnosi: considerazioni del prof. Tortorella

malattia tossicodipendenza alcolismo comunita'

Prof. Alfonso Tortorella - Seconda Università di Napoli S.U.N

Il termine "doppia diagnosi" è stato utilizzato in passato, soprattutto da autori anglosassoni e statunitensi, per indicare una condizione clinica caratterizzata da abuso di sostanze associato a disturbi psichiatrici (1).

In origine le descrizioni si limitavano ad una semplice analisi descrittiva che faceva riferimento ad un'idea di separatezza tra due fenomeni che caratterizzano il quadro clinico. In questa ottica è possibile definire la doppia diagnosi come la presenza contemporanea di due condizioni patologiche indipendenti piuttosto che la concomitanza di due sindromi psichiatriche (2). Questa impostazione ha determinato una visione dicotomica che si esprime oggi a vari livelli:

clinico, che stabilisce la competenza del trattamento di questi pazienti da parte dei soli servizi per le tossicodipendenze;

socioculturale, che associa interventi di ordine educativo-riabilitativo, lontani da ogni presupposto clinico-psicopatologico, alla difficoltà di un trattamento farmacologico adeguato;

legislativo-istituzionale, che, per effetto della Legge 685/75, sancisce una distinzione di fatto tra i soggetti tossicodipendenti e quelli con disturbi psichiatrici e, più tardi dalla Legge 162/90, che istituisce nell'ambito del Sistema Sanitario Nazionale i Servizi per le Tossicodipendenze (Ser.T.), servizi pubblici dedicati alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione delle persone che hanno problemi conseguenti all'abuso di sostanze psicoattive.

Nella realtà sanitaria italiana l'intervento sul disturbo mentale risulta spesso disgiunto da quello sulla dipendenza da sostanze per la scarsa integrazione tra i Ser.T. e i Servizi di Salute Mentale. L'osservazione clinica del fenomeno ha dimostrato l'inconsistenza di tale separazione che, se sul piano diagnostico appare artificiale, può generare gravi errori sul piano terapeutico (3).

Inoltre questa visione dicotomica non considera un dato essenziale di queste condizioni patologiche: l'esistenza di substrato comune rappresentato dal sistema nervoso centrale che deve far pensare ad un comune substrato psicopatologico (4).

E' preferibile quindi usare il termine "comorbidità" che sottintende la presenza di più di uno specifico disturbo, in una stessa persona, in un certo intervallo di tempo. Esiste un'elevata incidenza, tra i pazienti in carico ai Ser.T., di diagnosi di disturbi di personalità appartenenti al cluster "impulsivo" dell'asse II del DSM IV (borderline e antisociale) (5, 6) e di diagnosi di disturbi affettivi (bipolare e unipolare) (7).

Uno dei primi autori a evidenziare tale condizione e a prendere atto di una co-occorrenza tra abuso di sostanze (alcolismo nello specifico) e disturbo bipolare è stato Emil Kraepelin nel suo classico lavoro sulla fenomenologia (8).

Oggi sappiamo con certezza che i pazienti affetti da disturbo affettivo bipolare abusano di alcol, cocaina e cannabis, anche se i tassi di prevalenza riportati nei diversi lavori variano dal 18% al 75% (9, 10). Inoltre la maggior parte degli studi suggeriscono che l'abuso di sostanze è significativamente maggiore nelle forme bipolari rispetto alle forme unipolari di depressione (11, 12).

BIBLIOGRAFIA

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Fonte:brainlab.it