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Droga: la cronicita' tra decorso ed esito

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Il termine "cronicità" ha a che fare con "decorso" e con "esito". Il primo termine si riferisce alla durata del trattamento, che mediamente si protrae per oltre i 6 mesi. Il secondo allude invece al concetto di inguaribilità, al perdurare del problema nonostante il trattamento. La tossicodipendenza, intesa come patologia-cronico recidivante, si inserisce in questo contesto. E' tuttavia corretto definire la tossicodipendenza una malattia? E soprattutto una malattia cronica? Sono questi i quesiti sui quali si è dibattuto nella sessione di lavoro intitolata "Cronicità o cronicizzazione", tenutasi nel corso della 5ª Conferenza Nazionale sulle Politiche Antidroga, oggi alla sua giornata conclusiva. Quello della cronicità è un tema molto dibattuto. Oggi accedono alle strutture persone con problematiche tanto complesse che, spesso, arrivare a una situazione di cronicità, ovvero di stabilità, diventa un obiettivo. Di fronte a questa situazione risulta necessario rispondere in modo flessibile e adeguato alle esigenze delle persone che vengono accolte. Il problema che si pone di frequente a chi lavora nell'ambito della dipendenze patologiche consiste da un lato nell'individuazione di una definizione più soddisfacente e condivisa della dipendenza; dall'altro nel valutare l'efficacia e l'esito degli interventi realizzati, soprattutto in rapporto con la qualità di vita della persona. Il punto fermo è partire dalle evidenze scientifiche che prevedono la valutazione continua, multi-disciplinare e integrata dei trattamenti sia farmacologici che psicoterapeutici, per verificare l'adeguatezza della cura, valutando gli esiti attraverso indicatori comuni.