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Droga, la svolta dei grandi del mondo: è il momento di legalizzarla (?)

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Droga, la svolta dei grandi del mondo "E' il momento di legalizzarla"

Cinquant'anni di guerra alla droga hanno fallito e all'Onu non resta che prenderne atto. Dicendo basta alla criminalizzazione e trattando

l'emergenza mondiale per quello che è: una questione sanitaria. Di più: legalizzando il commercio delle sostanze stupefacenti - a partire

magari dalla cannabis. Firmato: l'ex presidente dell'Onu che di questa politica fallimentare è stato uno dei responsabili, cioè Kofi Annan.

Ma anche Ferdinando Cardoso, George Schultz, George Papandreu, Paul Volcker, Mario Varga Llosa, Branson. I grandi del mondo della politica, dell'economia e della cultura mondiale - che certo nessuno si sognerebbe mai di associare a un battagliero gruppo di fumati

antiproibizionisti.
La clamorosa dichiarazione verrà resa nota oggi a New York in una conferenza stampa: il primo atto di una grande campagna mondiale che

raccoglie e rilancia tante idee di buon senso che troppi governi (compresi quelli che loro amministravano) continuano a negare. Lo slogan è

efficace: "Trattare i tossicodipendenti come pazienti e non criminali". E l'obiettivo è più che ambizioso: cambiare radicalmente i mezzi che

Stati e organismi internazionali hanno fin qui inutilmente seguito per sradicare la tossicodipendenza. Il traguardo è una petizione da

milioni di firme che verrà presentata proprio alle Nazioni Unite per adottare le clamorose conclusioni dei "saggi": su cui certamente si

scatenerà adesso un dibattito internazionale.
"La guerra mondiale alla droga ha fallito con devastanti conseguenze per gli individui e le comunità di tutto il mondo" si legge nel rapporto

presentato dalla Global Commission on Drug Policy. "Le politiche di criminalizzazione e le misure repressive - rivolte ai produttori, ai

trafficanti e ai consumatori - hanno chiaramente fallito nello sradicarla". Non basta. "Le apparenti vittorie nell'eliminazione di una fonte

di traffico organizzato sono annullate quasi istantaneamente dall'emergenza di altre fonti e trafficanti". Basta dare un'occhiata alle

statistiche raccolte dal rapporto. Nel 1998 il consumo di oppiacei riguardava 12.9 milioni di persone: nel 2008 17.35 milioni - per un

incremento del 34.5 per cento. Nel 1998 il consumo di cocaina riguardava 13.4
milioni: dieci anni dopo 17 milioni - 27 per cento in più. Nel 1998 la cannabis era consumata da 147.4 milioni di persone: dieci anni dopo da

160 milioni - l'8.5 per cento in più. Sono i numeri di una disfatta.
A cui si accompagna un'altra debacle. "Le politiche repressive rivolte al consumatore impediscono misure di sanità pubblica per ridurre

l'Hiv, le vittime dell'overdose e altre pericolose conseguenze dell'uso della droga". Da un'emergenza sanitaria a un'altra: un disastro che è

anche un tragico spreco. "Le spese dei governi in futili strategie di riduzione dei consumi distraggono da investimenti più efficaci e più

efficienti". L'elenco delle personalità coinvolte è impressionate. Il panel è l'organismo che a più alto livello si sia mai pronunciato sul

fenomeno: tutti esponenti della società politica e civile internazionali che prima o poi si sono occupati ciascuno nel proprio campo

dell'emergenza. Da Kofi Annan all'ex commissario Ue Javier Solana. Dall'ex segretario di Stato Usa George P. Schultz all'imprenditore

miliardario e baronetto Richard Branson. Dal Nobel Vargas Llosa all'ex presidente della Fed Paul Volcker. Ci sono quattro ex presidenti: il

messicano Ernesto Zedillo, il brasiliano Fernando Cardoso, il colombiano Cesar Gaviria, la svizzera Ruth Dreifuss. C'è l'ex premier greco

George Papandreu. C'è lo scrittore messicano Carlos Fuentes. C'è il banchiere e presidente del Memoriale di Ground Zero John Whitehead. La loro voce sarà rilanciata adesso dall'organizzazione no profit Avaaz che conta già nove milioni di iscritti in tutto il mondo.
Non è solo la denuncia del fallimento della politica internazionale. E' anche la prima sistematica proposta di una risposta globale.

Invitando i governi a sperimentare "forme di regolarizzazione che minino il potere delle organizzazione criminali e salvaguardino la salute e

la sicurezza dei cittadini". Ma anche di quelle persone negli ultimi gradi del sistema criminale: "Coltivatori, corrieri e piccoli

rivenditori: spesso vittime loro stessi della violenza e dell'intimidazione - oppure essi stessi tossicodipendenti". Il rapporto presenta e

analizza una serie di "casi critici" dall'Inghilterra agli Usa passando per la Svizzera e i Paesi bassi. Evidenziando quattro principi.
Principio numero uno: le politiche antidroga devono essere "improntate a criteri scientificamente dimostrati" e devono avere come obiettivo

"la riduzione del danno". Principio numero due: le politiche antidroga devono essere "basate sul rispetto dei diritti umani" mettendo fine

alla "marginalizzazione della gente che usa droghe" o è coinvolta nei livelli più bassi della "coltivazione, produzione e distribuzione".

Principio numero tre: la lotta alla droga va portata avanti a livello internazionale ma "prendendo in considerazione le diverse realtà

politiche, sociali e culturali". Non sorprende il coinvolgimento di tante personalità dell'America Latina: quell'enorme mercato che finora si

è cercato di sradicare soltanto a colpi di criminalizzazione e che è invece - dice proprio l'ex presidente colombiano Gaviria "il risultato

di politiche antidroga fallimentari". Principio numero quattro: la polizia non basta e le politiche antidroga devono coinvolgere dalla

famiglia alla scuola. "Le politiche fin qui seguite hanno soltanto riempito le nostre celle - dice Branson, l'inventore del marchio Virgin -

costando milioni di dollari ai contribuenti, rafforzando il crimine e facendo migliaia di morti".
E' una rivoluzione. Sostanziata dalle raccomandazioni contenute nei principi. Una su tutte: "Sostituire la criminalizzazione e la punizione

della gente che usa droga con l'offerta di trattamento sanitario". Come? "Incoraggiando la sperimentazione di modelli di legalizzazione" a

partire dalla cannabis. L'appello è secco. Bisogna "rompere il tabà sul dibattito e sulla riforma" dicono i saggi. Che concludono con uno

degli slogan che hanno portato alla Casa Bianca Barack Obama: "The time is now". Il momento è questo. Non abbiamo già buttato cinquant'anni?


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)