Empoli: sempre più giovani schiavi dell'alcol
Empoli: sempre più giovani schiavi dell’alcol
Dal 2001 a oggi è triplicato il numero delle persone che chiede aiuto all'Asl per smettere di bere
Decine gli under 40 in cura al Sert, molti hanno meno di trent'anni
EMPOLI. Sono sempre di più i giovani dipendenti dall'alcol nel territorio coperto dall'Asl 11. Lo scorso anno il centro
alcologico dell'unità operativa farmacotossicodipendenze ha accolto trenta persone al di sotto dei 40 anni e dieci al di
sotto dei 30. Il dramma è che questa non è che una parte di quelli effettivamente schiavi del bere.
«Il problema con l'alcol - spiega la dottoressa Maura Tedici, direttrice dell'unità operativa - è che questa è una dipendenza
della quale ci si stacca con molta lentezza. Le famiglie tendono a tollerarlo o a sottovalutarlo per molti anni, a meno che
il soggetto non abbandoni tutte le sue attività o diventi violento in ambito domestico».
Complessivamente il centro ha avuto in cura 129 pazienti nel 2009 contro i 38 del 2000. Un numero triplicato al quale ogni
anno si aggiungono circa quaranta nuovi soggetti e sempre più donne. Nel 2008 queste costituivano il 20 per cento del totale
ma nel giro di un anno la percentuale è salita al 30 per cento. La bevanda di cui i pazienti abusano in misura maggiore è il
vino. Seguono birra e superalcolici.
Quella dall'alcol è una dipendenza particolarmente insidiosa per diverse ragioni. In primo luogo perché è dettata da sostanze
che sono reperibili ovunque. Dopodiché, diversamente dal consumo di eroina, bere è un qualcosa di socialmente accettato che
non desta preoccupazione finché non degenera a un livello che ha poi tempi di recupero lunghissimi, a volte infiniti. «Chi
entra negli alcolisti anonimi - racconta la dottoressa Tedici - tendenzialmente ci va per tutta la vita, anche se non beve da
anni perché sa che sarebbe sufficiente riassumerla anche una sola volta per sentirne di nuovo il bisogno».