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Epatite C in Italia: statistiche di contagio

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Epatite C, in Italia è record di casi in Europa.

L’Italia è uno dei Paesi occidentali con il maggior numero di persone con Epatite C. In occasione della presentazione della sesta edizione del Premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”, dedicato quest’anno alla Virologia, a Milano ricercatori di fama mondiale fanno il punto sulla svolta che sta cambiando il destino di milioni di pazienti.

Secondo Massimo Colombo, direttore della Medicina Specialistica e Trapianto d’organi all’Ospedale Maggiore di Milano, “almeno 1 milione di italiani siano portatori cronici di infezione con il virus dell’Epatite C e che di questi circa un terzo abbia sviluppato o stia sviluppando importanti malattie del fegato.”

“La maggior parte dei pazienti ha contratto l’infezione negli Anni ’60-’70 attraverso trasfusioni di sangue infetto, in un periodo in cui non erano disponibili i test sierologici per lo screening dei donatori oppure attraverso l’uso di materiale pungente riciclato soprattutto aghi di siringhe di vetro. Una quota minore di persone, stimabile in 2-300.000 individui, ha contratto l’infezione attraverso comportamenti a rischio (droga in vena, più raramente sesso non protetto). In questi pazienti di più recente infezione la percentuale di casi che evolvono verso la malattia severa di fegato è probabilmente minore, ma la prognosi spesso è aggravata dalla coesistenza di altri fattori di malattia, quali abuso di alcol e farmaci. Al gruppo di infetti nostrani da Epatite C bisogna aggiungere un sostanzioso numero di migranti, provenienti da aree geografiche con tassi elevati di infezione, stimato attorno alle 50-100.000 persone.”

Ma accorgersi di avere l’Epatite C non è facile. Possono passare anni prima che possano apparire i segni della malattia. Come accorgersi dell’insorgenza dell’HCV e in che modo diagnosticarlo precocemente?

“In effetti – risponde Colombo – l’infezione quasi sempre decorre senza sintomi, se si eccettua in molti pazienti la stanchezza. L’intervallo tra il momento dell’infezione e lo sviluppo di serie conseguenze epatiche come la cirrosi è assai variabile. In alcuni pazienti con altre morbilità come diabete, sovrappeso, abuso di alcol o altre infezioni concomitanti, l’intervallo può essere di circa 20 anni. In altri pazienti invece l’intervallo è più lungo ed in un numero di pazienti l’infezione dura tutta la vita senza mai sviluppare cirrosi. Il 30% di tutti i pazienti cumulativamente evolve in cirrosi epatica e di solito impiega 10-15 anni a sviluppare le complicanze della cirrosi cioè lo scompenso clinico: ascite (liquidi in addome), ittero (colorazione gialla della cute, delle mucose e delle sclere), emorragie digestive. L’intervallo che separa l’insorgenza della cirrosi dalla comparsa delle complicanze cliniche spesso decorre senza sintomi ma può riservare una brutta sorpresa: lo sviluppo silente di un tumore primitivo del fegato.”


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)