Epatite: in Italia quasi 2 milioni di pazienti cronici
Epatite: in Italia quasi 2 milioni di pazienti cronici
In Italia più di due milioni di persone ignorano di aver contratto l'infezione da epatite B e C. Secondo stime recenti, infatti, nel nostro Paese sarebbero circa 600mila i portatori del virus dell'epatite B (Hbv) e un milione e 600 mila quelli con epatite C (Hcv). Si tratta di patologie che rimangono silenti e asintomantiche per decenni per poi manifestarsi sotto forma di cirrosi, scompenso e tumore epatico.
Prevenzione, tempestività nella diagnosi, ricerca sono state le parole chiave dell'"Epatiti summit" organizzato martedì 18 maggio a Roma con la partecipazione delle associazioni dei pazienti e delle società scientifiche per lo studio delle malattie del fegato. Obiettivo degli esperti è stato sollecitare una maggiore attenzione nei piani di politica sanitaria per l'attività di screening e il sostegno alla ricerca.
Fino alla seconda metà degli anni '90, l'infezione da epatite B riguardava più del 2% della popolazione italiana. L'introduzione, nel 1991, della vaccinazione obbligatoria imposta per i neonati e gli adolescenti fino al dodicesimo anno di vita, accompagnate da adeguate campagne informative per la vaccinazione degli adulti a rischio, dal progressivo miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie e dall'introduzione di dispositivi medici monouso e di test sempre più sensibili per le donazioni di sangue hanno garantito di fatto la scomparsa dell'infezione nella popolazione giovanile italiana. Rimangono, tuttavia alcune categorie ad alto rischio di contagio: i cittadini (over 40) infettati quando il virus si diffondeva in modo incontrollato, cui si aggiungono gli emigranti, provenienti da aree dove l'epatite B è ancora altamente endemica (Est europa, Cina, Russia, Sud Mediterraneo). Si ritiene che questi soggetti abbiano minor accesso ai servizi sanitari e rappresentino una possibile fonte di contagio soprattutto attraverso la via sessuale. Per accertare l'infezione basta un semplice esame del sangue (ricerca di HBsAg) e in caso di risultato positivo si può intervenire efficacemente rallentando la progressione della malattia, e prevenendo l'infezione dei familiari vaccinandoli.
Più subdola e pericolosa dell'epatite B è l'epatite C, a cui si accompagna un rischio di cronicità più elevata. La sua diffusione è stata di notevole impatto tra gli anni '60 e i primi anni '90; procedure mediche o chirurgiche, dispositivi medici e siringhe non monouso, trasfusioni con sangue infetto, (prima dell'introduzione di test efficaci per i donatori), e l'uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa le modalità di contagio più frequenti. A differenza dell'epatite B, per la C non esiste un vaccino e i trattamenti sono spesso inefficaci a prevenirne l'evoluzione. La diagnosi di laboratorio (HCsAg) anche in questo caso è affidabile ed economica. Le terapie antivirali infatti sono efficaci soprattutto nei più giovani e in assenza di complicazioni. Inoltre l'adozione di uno stile di vita corretto, per esempio l'astinenza da alcol e il mantenimento del peso ideale, può rallentare la progressione della malattia nei portatori.