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Forensic Toxicology: studio sulla cross-reattività delle amfetamine

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Dall’Italia uno studio sulla cross-reattività delle amfetamine ai test immunoenzimatici

Le amfetamine sono droghe di natura sintetica ad azione stimolante che risultano molto diffuse nel mercato illegale, in particolare nel sudest asiatico e nel nord America. Risulta dunque importante per i clinici e i tossicologi disporre di metodi di screening rapidi per poter determinare l’assunzione o meno di tali molecole, in situazioni di emergenza-urgenza, e dunque intervenire con trattamenti adeguati. I metodi immunoenzimatici si prestano bene per esami rapidi sulle urine, permettendo di evidenziare l’assunzione sul breve termine (circa 24 ore per le amfetamine), con risultati di positività anche per concentrazioni molto basse (nanogrammi/millilitro di urina), anche se necessitano di successiva conferma con metodologie più sofisticate quali la cromatografia liquida o gassosa, accoppiate alla spettrometria di massa (LC-MS o GC-MS).
Gianpiero Boatto e collaboratori dell’Università di Sassari, hanno testato un metodo di screening immunoenzimatico  disponibile in commercio (EMIT), su varie amfetamine note circolare sul mercato illecito, al fine di evidenziare eventuali cross-reattività. Più specificatamente la cross-reattività è stata valutata con un test di screening specifico per l’amfetamina e con uno specifico per la 3,4-metilendiossimetamfetamina, (MDMA, meglio nota come ecstasy), testando 41 analoghi amfetaminici che differivano tra loro prevalentemente per le sostituzioni sul fenile, sintetizzati dai ricercatori stessi. Dai risultati dello studio è emerso che delle 41 molecole testate, solo 7 hanno dato cross-reattività. Nello specifico, 5 molecole (PMA, PMMA, MDIP, MDBZ, e MDCPM) hanno dato positività sia allo screening specifico per le amfetamine che a quello per l’MDMA, una (TMA-6) ha dato positività solo allo screening per le amfetamine, un’altra (BOH) solo a quello per l’MDMA. E’ interessante notare invece che, tra le 41 molecole, le 28 costituite da derivati 2,5-dimetossi sostituiti, non hanno dato alcuna positività in nessuno dei due test, fino a concentrazioni pari a 10 microgrammi/ml nelle urine. Alla luce dei risultati ottenuti, i ricercatori sottolineano come - vista la notevole variabilità dei derivati sintetici di tipo amfetaminico - nel caso di sospetta intossicazione da sostanze stimolanti, la negatività ai test di screening immunoenzimatici non deve farne escludere l’assunzione, proprio perché non rivelabili attraverso l’uso di questa sola metodologia.

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)