Fumo, alcol, obesità e reflusso gastroesofageo fanno salire il rischio di ammalarsi di tumore all'esofago
Tumore dell'esofago, casi in aumento (per le cattive abitudini)
Fumo, alcol, obesità e reflusso gastroesofageo fanno salire il rischio di ammalarsi. Neoplasia fra quelle a prognosi peggiore, ma la mortalità è in calo
In cinque anni (2015-2020), in Italia, i nuovi casi di tumore dell’esofago sono aumentati del 26%, passando da 1.900 a 2.400, ma la mortalità è diminuita del 12,4% nelle donne e del 6,7% negli uomini. Un risultato significativo, a cui ha contribuito la migliore capacità di gestione della malattia, soprattutto in fase preoperatoria con la chemio-radioterapia per le forme squamose e la chemioterapia per quelle non squamose. Resta, però, il fatto che questa neoplasia, scoperta spesso in fase ormai avanzata, è purtroppo tra quelle con la prognosi peggiore: a 5 anni dalla diagnosi è infatti vivo soltanto il 13% dei pazienti. «Anche per questo la prevenzione è ancora oggi la nostra arma più importante — sottolinea Stefano Cascinu, primario della Medicina Oncologica all'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele —: fumo, alcol, obesità e reflusso gastroesofageo fanno salire il rischio di ammalarsi. E questo, purtroppo, spiega anche perché i casi in Europa siano in crescita, insieme alla diffusione di stili di vita scorretti».
Troppi pazienti scoprono la malattia in stadio avanzato
Sono due i tipi principali di tumore dell’esofago: il carcinoma a cellule squamose, dovuto soprattutto a consumo eccessivo di bevande alcoliche e uso di tabacco, e l'adenocarcinoma, causato principalmente da malattia da reflusso e obesità. «La forma non squamosa del carcinoma dell’esofago è la più frequente nei Paesi occidentali — continua Cascinu —, mentre quella squamosa rappresenta circa il 40% del totale dei casi che trattiamo al San Raffaele, uno dei principali centri di riferimento per la chirurgia e la cura di questa neoplasia. Avere una diagnosi istologica certa è sostanziale per decidere il trattamento, che si basa su chirurgia, chemioterapia e radioterapia eseguite prima o dopo l'intervento: il tipo di tumore fa la differenza per stabilire con quale ordine procedere fra queste opzioni». Se la neoplasia viene scoperta già in fase avanzata, come accade in circa due terzi dei casi, la neoplasia non è più operabile e la sopravvivenza in media non supera i 10 mesi. «La situazione è ancora più complicata perché molti malati sono persone fragili, spesso di età avanzata e colpite anche da altre malattie, con una bassa qualità di vita. Da qui necessità di terapie efficaci e tollerabili. La svolta può venire dall’immunoterapia, che rinforza il sistema immunitario contro il cancro».
(...omissis...)
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(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)