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Gianni Testino: «Bere responsabilmente? Vale solo per gli adulti»

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«Bere responsabilmente? Vale solo per gli adulti»
«Si sente dire troppo spesso, bevete responsabilmente. Questo adagio può essere valido per un adulto, ma si calcolano i danni

che, ad esempio, l'alcol provoca nel fisico di un ragazzo di appena 16 anni? Il concetto non è ammissibile per un fatto

biologico, a quell'età basta un quantitativo minimo per avere gravi danni». A parlare, ai microfoni di Radio19, è Gianni

Testino, direttore dell'Unità di alcologia e patologie correlate del San Martino, intervistato durante la trasmissione News

Jockey, dopo l'episodio di tre minorenni genovesi finiti all'ospedale in coma etilico.
Già i dati pubblicati non molto tempo fa sul rapporto alcol-giovani nella nostra regione erano poco confortanti: «Il 40%

della popolazione ligure - prosegue Testino- beve fuori pasto, soprattutto i ragazzi; tra gli 11 e i 18 anni di età a bere

fuori pasto è il 38% dei maschi e il 20% delle femmine, mentre tra i 18 e i 24 anni la percentuale aumenta al 50% per i

maschi e al 33% per le femmine. Se poi si va a vedere chi fa uso del "binge drinking", cioè l'assunzione elevata di quantità

di alcol in poco tempo, i dati sono preoccupanti, si parla del 2% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni che seguono questa

tendenza, la percentuale sale all'8% tra i 16 e i 17 anni, addirittura al 16% tra i 18 e i 24 anni». Secondo il direttore

dell'Unità di alcologia del San Martino la colpa, di questo andamento, è degli adulti:«Si tende sempre a minimizzare il

problema e poi chi vende alcolici ai minorenni?Spesso, addirittura, i ragazzi arrivano già ubriachi nei locali perché

comprano da bere al supermercato. E poi ci sono gli abusivi, ci dovrebbero essere più controlli».
Anche l'assessore alle politiche giovanili del Comune di Genova è intervenuto a Radio19, puntando il dito, soprattutto,

contro il modo di somministrare alcol ai più giovani:«Ci deve essere un' azione decisa,per vietare determinati modi di

somministrazione degli alcolici, come i chupito, per esempio. Dare da bere così alimenta la cultura dello sballo. Invece

bisogna lavorare per creare nei giovani aspettative migliori. Non si deve demonizzarli, non tutti i ragazzi vivono così,

hanno ideali e aiutano anche la comunità come chi presta servizio civile».