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Gioco d'azzardo: a Brescia un fiume di soldi e di problemi

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L'INCHIESTA. Carte, slot machines, gratta e vinci: l'offerta è sempre più ricca. Ma ad arricchirsi non sono mai i giocatori
In provincia si moltiplicano le sale legali e gli appassionati, ma non mancano le «bische»

Un tempo erano i tornei di briscolone alla Casa del popolo o in osteria. Oggi è il poker on line a casa propria. Ma anche le slot machines e i «gratta e vinci» disponibili ovunque. La febbre del gioco è dilagata in Italia negli ultimi 20 anni e continua a essere un fenomeno in espansione, coinvolgendo oltre l'80 per cento della popolazione e apportando somme enormi alle casse dello Stato: secondo i dati presentati in un recente convegno a Brescia da Francesco De Donato, responsabile dell'Aams Lombardia (amministrazione autonoma dei monopoli di Stato), nel 2008 gli italiani hanno speso al gioco 47 miliardi di euro, il 2 per cento del Pil, mentre nel solo mese di ottobre 2009 sono stati spesi 4.672 milioni di euro nei diversi giochi a premi, in testa le slot machines con 2.107 milioni.
Il gioco d'azzardo legale è dunque un affare per lo Stato, che lo gestisce giuridicamente, permettendo il gioco, le scommesse e le lotterie.
LA LOMBARDIA conferma il dato nazionale, con un aumento del numero delle imprese legate al settore del gioco. Secondo un'elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese 2009 e 2008, le attività lombarde sono aumentate dell'8,5 per cento (passando da 248 a 269), dato inferiore però alla crescita media in Italia, pari addirittura al 14,9 per cento e in decisa controtendenza rispetto al 2008 (-2,8 per cento). Crescono soprattutto la attività generiche (+15,7), raddoppiano quelle connesse con le lotterie e il gioco d'azzardo (+130 per cento). La Lombardia è terza in Italia per numero di attività, dopo la Campania (prima con 492) e il Lazio (317). Tra le province al top c'è Milano con 97 attività, seguono Brescia (con 32 imprese, pari all'11,9 per cento del totale regionale) e Bergamo (30 imprese).
In provincia sono tantissimi i giocatori, numerose le sale, e ricca è l'offerta di giochi. Non mancano le bische illegali.
Lotterie, Totocalcio, Superenalotto e macchinette di vario genere si possono trovare in tutti i bar e in tutte le le tabaccherie; le sale propriamente dette spuntano come funghi in città e paesi: in genere sono locali abbastanza grandi, pieni di schermi che trasmettono corse di cavalli o partite sportive a seconda del giorno e dell'ora, con tavolini per sedersi a meditare sulle schedine e consultare i giornali del settore. Dietro le casse generalmente operano giovani donne italiane. Divisa da una parete a vetri c'è poi la sala delle slot machines, in genere con luci soffuse per far risaltare gli schermi. Si dice che in queste sale entrino persone d'ogni genere e classe sociale, uomini e donne, italiani e stranieri, anche se durante nelle incursioni esplorative compiute in diverse sale per osservare direttamente il fenomeno, le donne sono risultate davvero poche. Diversa anche la composizione dei frequentatori per origine di provenienza, da quartiere a quartiere: dal punto Snai di via Triumplina, per esempio, passano molti africani. «Quando eravamo in via Duca degli Abruzzi, invece, era folta la presenza dei Rom, che avevano il campo lì vicino», dice una delle ragazze che sta alle casse. Il punto scommesse di via Gorizia vede più la presenza di magrebini e uomini dell'est Europa, mentre in viale Sant'Eufemia la percentuale di italiani pare di poco superiore a quella degli stranieri.
ANNESSI alle sale ci sono i caffè-casinò, dove si può bere e mangiare oltre che giocare a biliardo, calciobalilla e, ancora, con le slot. Anche in questi bar la frequentazione è in genere maschile e l'aria che si respira è simile a quella dei punti scommesse adiacenti.
Una cassiera del Punto Snai di via Triumplina accetta di essere intervistata, fatto non comune in questo ambiente, seppur in maniera anonima: giovane, sulla trentina, fa questo lavoro da 7 anni: «Mi piace - ammette - perché sto a contatto con la gente, anche se a volte è stressante per la tensione. All'inizio è strano vedere la gente che perde la testa per un gioco, ma poi ti abitui e ti immedesimi». Racconta che nella sala entrano uomini di tutte le età, a volte ci provano anche i minorenni «ma li facciamo subito uscire», assicura.
Problemi con i clienti? «Dipende da come te li gestisci - spiega la cassiera -. Qui no, ma dove stavamo prima, in via Duca degli Abruzzi sì, una volta uno ha rotto un monitor. Certo, ci sono spesso discussioni accese, anche tra loro, ma risse mai, almeno fino ad ora».
BRESCIA RISPECCHIA il panorama nazionale anche per quanto riguarda l'aspetto malsano del gioco, cioè la malattia psichiatrica definita «gioco d'azzardo patologico», riconosciuta dal DSM IV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders, cioè Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, uno degli strumenti più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo) del 1994 come «disturbo del controllo degli impulsi non altrove classificabili», scrive la psicologa Barabara Bazzana in un opuscolo dello Smi (Servizio multidisciplinare integrato) «Mago di Oz», di Ospitaletto: «Il quadro che viene delineato è la perdita di controllo del comportamento del gioco che conduce a una catena di perdite e a una progressiva pervasività del gioco nella vita del soggetto».
IL VIZIO diventa malattia quando insorgono dipendenza, astinenza e perdita di controllo, sintomi che in Italia colgono circa il 3 per cento dei giocatori. «E' una dipendenza peggio delle droghe, perché non guarisce mai», osserva il dottor Stefano Oliva, della clinica «Le Betulle» di Appiano Gentile che dal 2000 ha predisposto un servizio di cura per questa malattia. «I pazienti arrivano spesso perché spinti dalla famiglia, loro ancora minimizzano il problema. Offriamo consulenze e terapie di gruppo, che prevedono un iter di 5 anni, quindi c'è bisogno di una forte motivazione, che è ciò che generalmente porta al successo, il che significa che l'80 per cento dei pazienti arriva alla fine della cura». I clienti della clinica «Le Betulle» sono italiani benestanti che si possono permettere di spendere cifre notevoli per la cura.
Il servizio pubblico pare ancora impreparato a livello nazionale, forse perché si tratta di una dipendenza cosiddetta nuova, rispetto a stile di vita che in passato non c'erano. A Brescia tuttavia ci sono un paio di opportunità pubbliche per i malati di gioco d'azzardo: il «SerT» dell'Asl dedicato a questo problema è quello di Orzinuovi, che ha iniziato a lavorare nemmeno da un anno («Quindi il campione è insufficiente per valutazioni statistiche», precisa Elisabetta Secchi, responsabile del servizio dipendenze dell'Asl di Brescia). Attualmnete sono in cura 22 persone, 19 uomini e 3 donne, tutti italiani: 11 fanno terapia individuale, gli altri di gruppo. A parte due donne casalinghe, le altre persone hanno tutte un lavoro, e la loro età vara dai 23 ai 55 anni.
Di più lunga data è l'esperienza dello Smi «Mago di Oz» di Ospitaletto, clinica del cosiddetto privato accreditato, che cura le diverse dipendenze tra le quali, dal gennaio 2007, anche quella da gioco. Finora ha assistito 49 persone, tutte italiane, l'88 per cento uomini, di età media di 47 anni, in genere pensionati, «anche perché chi ha molti soldi va nelle cliniche private, come appunto alle Betulle», osserva Ermete Cominelli, direttore del centro. Che poi spiega: «I giocatori patologici arrivano da noi perché spinti dai familiari o inviati dai gruppi di auto aiuto, non sanno più gestirsi, sono pieni di debiti e distrutti psicologicamente». Si tratta di «persone che soffrono di solitudine e si comportano come gli eroinomani: dapprima negano il problema, raccontano un mucchio di bugie, si vergognano».
LA TERAPIA dello Smi ha il costo dei ticket Asl, consiste in una valutazione preliminare e in un primo ciclo di 8 incontri, 2 con medici e 6 con psicologi. Ogni ciclo dura 3 mesi, durante i quali «noi aggiungiamo incontri con assistenti sociali perché è un problema sociale, di cui i Comuni dovrebbero farsi carico». Molto utili secondo Cominelli sono i gruppi di auto-aiuto, come i Giocatori Anonimi che a Brescia si incontrano tutti i mercoledì sera alla Casa delle Associazioni di via Cimabue, ma il vero lavoro da fare è sulla prevenzione, a partire dagli adolescenti, anche se la malattia del gioco colpisce soprattutto gli adulti.
Sul fronte del che fare Fabio Scozzesi della Lega Consumatori che ha recentemente organizzato un convegno a Brescia sul gioco d'azzardo dal significativo titolo «A che gioco stai giocando?», ha proposto un tavolo di lavoro tra Comune, Provincia, Asl e associazioni, per fotografare il fenomeno: «Occorre fare un'indagine dettagliata negli esercizi pubblici, definire il profilo del giocatore medio bresciano e poi attivare un percorso informativo sui rischi indirizzato alle famiglie», ha proposto Scozzesi.
Nel contesto della prevenzione l'associazione And - Azzardo e nuove dipendenze - ha realizzato un sito web sul quale è possibile trovare molte informazioni per capire e prevenire eventuali disturbi derivanti dal gioco: www.andinrete.it offre opportunità di approfondimento per adulti ed educatori e una sezione dedicata agli adolescenti con linguaggi e mezzi ad hoc, quali video animati interattivi tipo Second life o un fumetto animato.