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Gioco d'azzardo online: i dati di un'epidemia

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In aumento per colpa del web i malati di scommesse?
Oggi si può «puntare» da casa, al pc, 24 ore su 24. E la facilità di accesso "gonfia" il numero di casi
MILANO - A Hong Kong è quasi un'epidemia: una persona su venti della tentacolare città cinese non resiste alle lusinghe delle scommesse e

finisce per non poterne più fare ameno, sviluppando una dipendenza patologica al gioco d'azzardo. Non ovunque nel mondo la faccenda è così seria, ma il rischio di cascarci è in crescita: secondo lo psicologo dell'università di Calgary David Hodgins è tutta colpa del web, perché  le infinite possibilità di gioco e scommesse online attraggono nel gorgo della malattia un numero sempre maggiore di persone.
EPIDEMIA - Hodgins ha pubblicato le sue considerazioni sulla prestigiosa rivistaThe Lancet , sottolineando come perfino nei Paesi che per

motivi religiosi o culturali si oppongono al gioco d'azzardo (come Cina, Malesia, Corea del Sud) di fatto sono stati aperti casinò per i

turisti: risultato, pure in questi Stati teoricamente virtuosi sta crescendo la quota di chi, dopo aver provato il brivido del tavolo verde,

finisce per pensare solo a quello, perdendo soldi a palate e mandando spesso in malora le proprie relazioni personali. Tutto perché, si sa,

l'occasione fa l'uomo ladro: il proliferare di possibilità di gioco è la molla, secondo Hodgins, che sta alla base dell'epidemia di gioco

d'azzardo che si osserva nel mondo. «La prevalenza è molto variabile nei diversi Paesi - dice lo psicologo -. Il caso di Hong Kong è

paradigmatico, ma anche altrove il problema è consistente: nel Regno Unito riguarda una persona su duecento, in Norvegia uno su cinquecento, negli Stati Uniti l'1 per cento della popolazione (in Italia stime prudenti parlano di un milione e mezzo di "intossicati dal gioco", ndr).

Il web garantisce a tutti un accesso al gioco 24 ore su 24: persone che magari finora non hanno mai neppure pensato al gioco d'azzardo

iniziano perché per curiosità finiscono su un sito di scommesse. E i soggetti più fragili possono sviluppare la dipendenza».
DIPENDENZA - Perché proprio di questo si tratta. Si comincia magari in sordina, poi il gioco diventa il fulcro dell'esistenza: è una

dipendenza vera e propria, che attiva centri cerebrali associati all'apprendimento e al senso di ricompensa e soddisfazione, e come tale non

sorprende vederla associata ad altre dipendenze, come quella da alcol (il rischio di abuso è quattro volte superiore nei giocatori

patologici) o da droghe (il pericolo cresce di 5-6 volte). Nei pazienti, che quasi certamente hanno una predisposizione genetica alle

dipendenze, è accresciuto pure il pericolo di disturbi dell'umore, 4 volte più frequenti rispetto alla popolazione generale. Il problema è

che molti non chiedono aiuto: solo uno su dieci supera la vergogna e ammette di aver bisogno di cure, la maggior parte cerca di arrangiarsi

come può (provando a distrarsi con attività incompatibili con il gioco d'azzardo, evitando come la peste i posti dove si scommette,

oscurandosi i siti web pericolosi). Forse per questo appena un terzo dei pazienti guarisce davvero: il resto prima o poi ci ricasca.
TRATTAMENTO - «La cura più efficace è buona una terapia cognitivo-comportamentale, che ha per obiettivo la modifica delle percezioni distorte dalla patologia: ad esempio, aiuta il paziente a non sovrastimare le sue possibilità di vincita, a non illudersi di poter controllare il gioco e a non credere che dopo una lunga serie di perdite la vittoria sia sempre e per forza dietro l'angolo, per non meglio precisati motivi statistici - spiega Hodgins -. Fra i farmaci, sembra promettente il naltrexone che già usiamo in alcuni casi di dipendenza da alcol o droghe, ma saranno necessarie ulteriori ricerche per capire se e come potrà essere utilizzato; quanto alle associazioni di pazienti sul modello dell'Alcolisti Anonimi, la loro efficacia è controversa. Sono molto utili a rafforzare i buoni propositi, a sentirsi meno soli e più sostenuti; ma spesso col tempo i pazienti tendono ad abbandonare le sedute, e quindi anche a vanificare i risultati raggiunti». Certo è che il gioco d'azzardo patologico non andrebbe sottovalutato: chi sente di aver perso un po' il controllo su se stesso dopo aver passato ore su un sito di videopoker senza neppure essersi accorto del tempo che passava, farebbe bene a interrogarsi con onestà e a chiedere aiuto. Perché il rischio di perdersi in una girandola di scommesse, oggi più di ieri, è davvero dietro l'angolo.
Elena Meli

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)