Gioco d'azzardo: un giro da 50 miliardi
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Quattro miliardi e seicentosettantadue milioni di euro: sono le giocate degli italiani nel solo mese di ottobre. Una cifra pari a mezza Finanziaria. Superiore a quanto lo Stato pensa di recuperare dallo scudo fiscale. Sei volte il costo del nodo fiorentino della Tav. Un dato record dall'inizio dell'anno, che comunque ha sempre visto giocate superiori ai 4 miliardi in ogni singolo mese.
Anche se a novembre e dicembre le performance confermeranno la tendenza attuale, che a ottobre vede un incremento del 13,15% delle spese per il gioco, il 2009 si chiuderà con un incasso di oltre 53 miliardi di euro per lotterie, slot machines, giochi online, scommesse e le mille altre offerte dei concessionari dei Monopoli di Stato.
Già nel 2008, con 47 miliardi e mezzo di prodotto, l'industria del gioco rappresentava la quinta in Italia, dietro a Fiat, Telecom, Enel e Ifim. Cifre che si spiegano facilmente, considerato che l'Italia è il paese al mondo con la maggiore spesa pro-capite nel settore. Le statistiche del mese di ottobre confermano un dato stabile per tutto il corso dell'anno: la parte del leone lo fanno le "macchinette", che da sole fanno il 45,09% della raccolta. Poi vengono le varie lotterie (15,95%), i "giochi numerici a totalizzatore nazionale" (che comprendono superenalotto, win for life e superstar, in tutto il 9,85%), il lotto (9,70%), il gioco a base sportiva (8,69% a cui aggiungere il 3,36% dell'ippica), il bingo (2,27%).
Interessante il 5,09% dei "giochi di abilità a distanza", i cosiddetti "skill games" a cui si partecipa online. Un panorama variegato, un menù del rischio e della fortuna con pietanze per tutti i gusti, figlio della liberalizzazione del settore voluta da Pierluigi Bersani e gradualmente attuata negli ultimi anni, con la conseguenza di far raddoppiare il prodotto dell'industria del gioco.
Anche il poker online è diventato legale, con la possibilità di giocare sul circuito più famoso, quello del "Texas hold' em". Nonostante qualche limite sulla formula del gioco, il poker è rapidamente diventato una moda, con i suoi campioni e i suoi miti osannati da trasmissioni TV. Il mercato degli "skill games", dopo la liberalizzazione, è subito schizzato sopra i 200 milioni di euro mensili. Cifre che hanno sbaragliato anche le più ottimistiche previsioni dei gestori.
Lo Stato e i concessionari si godono le entrate che derivano dal colossale business del gioco; alla prevenzione della dipendenza, però, non va neppure uno spicciolo.
E' quanto denuncia ALEA, associazione attiva nello studio del gioco d'azzardo e dei comportamenti a rischio.
«La cosa più grave - spiega Riccardo Zerbetto, psichiatra e past-president di ALEA - è che il gioco d'azzardo in Italia non è stato recepito come patologia e non ha nessuna copertura finanziaria, nonostante l'Oms abbia definito il fenomeno come malattia sociale dal 1980.
Il gioco d'azzardo non compare tra i livelli essenziali di assistenza, nonostante il mercato del gioco 50 miliardi di euro e di questi lo Stato ne incassa 7,8.
Alea, unitamente ad altre associazioni impegnate in questo settore, attraverso un documento presentato al Governo, chiedendo che una parte - almeno l'1% - di questi soldi siano destinati a interventi di sensibilizzazione, prevenzione e cura del gioco d'azzardo».
«Ci sono persone che si rovinano, continua Zerbetto, mentre i Monopoli di Stato e i gestori fanno campagna promozionale attiva. E' grave: come se si facessero campagne per incentivare a fumare, dicendo che le sigarette dei Monopoli sono buone e quelle di contrabbando no».
Stiamo assistendo ad un fenomeno in continua evoluzione in cui vengono messi sul mercato nuove forme di azzardo senza nessuna indicazione alla cautela.
Solo due Regioni, la Toscana e il Piemonte hanno sposato la causa.
La Toscana ha avviato l'aggiornamento degli operatori nei Sert, e ha finanziato un progetto sperimentale, unico in Italia: Orthos, un programma intensivo di tre settimane di psicoterapia, durante il quale si agisce sulla aree di criticità e si crea un legame molto forte tra i partecipanti, importante anche per la fase del ritorno nel proprio contesto.
Nessun governo ha mai commissionato delle ricerche serie, tali da quantificare l'entità del fenomeno e questo è funzionale al voler negare il problema. Recentemente il Cnr ha stimato che i giocatori sono il doppio di quelli ipotizzati: si pensava che ci fosse uno 0,7% della popolazione patologica e uno 0,7% problematica, invece complessivamente il problema riguarderebbe un 3%. E a soffrire per il gioco non sono solo gli interessati, ma anche le famiglie».
Le principali associazioni nazionali hanno proposto al governo una legge che tocchi alcuni punti fondamentali, primo tra tutti la limitazione della pubblicità del gioco d'azzardo - che vede una spesa annua di 40 milioni di euro. Questo soprattutto perché a giocare solo le fasce deboli: extracomunitari, pensionati, disoccupati.