Giorgio Calabrese: due bicchieri non sono una colpa
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Era prevedibile che dopo le affermazioni del ministro delle Politiche agricole e alimentari, Luca Zaia, secondo il quale bere due bicchieri di vino non può fare ubriacare, si scatenasse una bagarre di tipo misto: scientifico e sociale. In casi come questo si possono trovare ragioni nelle diverse posizioni. È comprensibile che da parte di noi medici (e in questo caso lo ha fatto il collega Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio sull'alcol dell'Istituto superiore di Sanità) venga un messaggio di cautela che rifiuti totalmente la concessione dell'uso di alcol da parte di chi guida un automezzo. Ma dall'altra parte ha anche ragione il ministro Zaia quando afferma, con un po' di buon senso, che due bicchieri di vino durante un pranzo o una cena normale non bastino a ubriacarsi.
La cosa che non mi piace come nutrizionista è che si parli solo e sempre di vino, criminalizzandolo anche in minime quantità, e mai di superalcol inebriante anche a piccole dosi. Penso che pure dai colleghi dell'Istituto Superiore della Sanità debbano venire consigli e messaggi non assolutisti ma articolati.
Non si può comparare il bere un po' di buon vino ai pasti con due drink di superalcolici, magari a stomaco vuoto, perché questi sono i maggiori colpevoli durante l'ormai diffuso happy hour. Non si può paragonare il bere sempre quei due bicchieri di buon vino e invece minimizzare l'introduzione di tante lattine di birra durante una serata di allegria, in sostituzione della veramente dissetante acqua. Un altro aspetto da considerare è che la guida automobilistica risente dell'introduzione di bevande alcoliche, e soprattutto superalcoliche, producendo effetti differenti in base all'età, alla taglia corporea, alla quantità di grasso e muscoli, alla genetica e alla cultura familiare, alla presenza contemporanea di un pasto completo.
Sono d'accordo che bisogna dare un messaggio di saggezza ai giovani patentati, fino ai primi tre anni di guida, imponendo di non bere qualunque tipo di alcolico prima di mettersi al volante, ma ricordo ai colleghi medici che bisogna fare contemporaneamente la battaglia per impedire a costoro di guidare auto che superino i 900 cc di cilindrata. Queste due idee rappresentano proibizioni che vanno nel verso giusto di una società attenta a svezzare chi si mette sulle strade, per prevenire incidenti anche mortali.
È bene ricordare che l'Europa ci chiede di allinearci alla linea di completo proibizionismo perché i giovani europei, specie nella zona Nord del Continente, si ubriacano bevendo sempre e solo superalcolici o fiumi di birra. Gli incidenti «alcolici» infatti avvengono sempre dopo gli happy hour e dopo l'uscita dalla discoteca. Non mi risulta che in questi luoghi di divertimento si vendano vini tipo barbera, amarone, vermentino, chianti; si vendono invece superalcolici a iosa che contengono, oltre all'alcol, sostanze deleterie, tra cui il metanolo e alcoli superiori che inducono allo sballo. La buona birra, se bevuta nella dose di due lattine al pasto, non ubriaca; se invece sostituisce l'acqua per dissetarsi, dopo un certo numero di lattine danneggia il cervello. Possiamo allora paragonare il poco alcol della birra al molto alcol del superalcolico? No!
Ecco perché capisco il collega Scafato nella sua preoccupazione, ma sono dalla parte del buon senso, espresso dal ministro Zaia. L'Europa mostra la tendenza ad abbassare l'attuale limite di alcolemia a meno di 0,5. È un rigidismo comprensibile con cui, però, si lava la coscienza senza risolvere il problema. Faccio piuttosto un appello al ministro Maria Stella Gelmini che si occupa di Scuola e Università: renda obbligatorio per gli studenti di Medicina l'insegnamento di Nutrizione umana e Dietoterapia, perché in Italia esiste una delle migliori classi mediche del mondo, che mostra però una scarsa competenza circa il contenuto salutistico o dannoso dei singoli alimenti, bevande alcoliche comprese. Bisogna fare educazione alimentare al cibo e al bere nelle nostre scuole, con figure competenti (dietologi, dietiste, biologi-nutrizionisti, tecnologi alimentari ecc.) che spieghino come prima dei 17-18 anni il nostro fegato non abbia completato la produzione di enzimi che aiutano a metabolizzare l'alcol, per cui non bisogna bere alcolici ma, tutt'al più, assaggiarli non frequentemente e sempre durante i pasti. Anni fa inventai il motto «Si beve l'acqua e si gusta il vino». Lo rinnovo oggi, proponendo ai ragazzi di bere acqua per dissetarsi e gustare il vino sorseggiandolo. Venditori e consumatori debbono essere alleati, per cui una vendita dannosa procura un guadagno immorale perché causa danni irreversibili e mortali. Non dobbiamo invece distruggere la cultura del bere moderato, nel rispetto della nostra storia.