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Giovani e alcol: il ruolo dei genitori

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Giovani e alcol, meglio i genitori «proibizionisti»
Rischio di abuso più alto per gli adolescenti a cui è consentito bere sotto la supervisione di mamma e papà
Permissivi o «proibizionisti»?
MILANO - Molto meglio bandire completamente l'alcol dalla vita degli adolescenti che consentire loro di bere qualche sorso sotto l'occhio

vigile di mamma e papà. Essere più morbidi e permissivi, magari con l'intento di insegnare a bere in maniera responsabile, in realtà aumenta

il rischio di abuso. A dirlo sono i ricercatori dell'università del Minnesota che, con un nuovo studio pubblicato sul Journal of Studies on

Alcohol and Drugs, sembrano proclamare la vittoria del "genitore-proibizionista" sul "genitore-amico".
DUE SCUOLE DI PENSIERO - Quando si parla di giovani e alcol, in genere si scontrano due scuole di pensiero. Da un lato ci sono i genitori che

scelgono la "tolleranza zero", mentre dall'altro ci sono quelli che pensano che se il figlio deve proprio bere, allora è meglio che lo faccia

a casa sotto il loro controllo. Per capire quale delle due strategie fosse quella vincente, i ricercatori del Minnesota hanno messo a

confronto giovani americani e australiani, agli antipodi per quanto riguarda l'educazione al consumo di alcol: mentre per i primi vige il

divieto assoluto di acquistare e consumare alcolici fino ai 21 anni, per gli altri la vita è un po' più facile. In Australia, infatti, fino

al 50% dei giovani bevitori afferma di aver ottenuto gli alcolici proprio dai genitori, e lo stesso governo nel 2001 ha pubblicato delle

linee guida (revocate nel 2009) in cui si suggeriva ai minorenni (per cui è vietato l'acquisto di alcolici) come bere in maniera

responsabile, per esempio facendolo sotto la supervisione di un adulto.
LO STUDIO - I ricercatori hanno messo sotto la lente quasi mille ragazzini australiani e altrettanti americani, tutti di età compresa fra i

12 e i 13 anni: dopo aver compreso quale fosse il modello educativo proposto dai genitori, sono andati a vedere come si evolveva il consumo

di alcolici nell'arco di tre anni. Ed è proprio dall'elaborazione di questi dati che è emersa la vittoria della linea più dura. «All'inizio

dello studio - scrivono i ricercatori - l'uso di alcolici tra gli studenti australiani (59%) era significativamente più alto rispetto agli

americani (39%). Durante il secondo anno, aveva bevuto con i genitori il 67% degli australiani, contro il 35% dei giovani americani. Nel

terzo anno di studio, il tasso di consumo alcolico è salito fino al 71% in Australia e al 45% in America. Inoltre, il 36% degli studenti

australiani ha ammesso di aver sperimentato le conseguenze negative dell'alcol (come incidenti, malori o risse), contro il 21% degli

statunitensi». Indipendentemente dalla nazionalità, comunque, è apparsa chiara la relazione tra permissività della famiglia e maggior

pericolo di abuso.
MEGLIO IL PROIBIZIONISMO - Lo studio demolisce così l'idea che far bere i giovani sotto il controllo dei genitori possa in qualche modo

aiutarli ad approcciare l'alcol in maniera più consapevole. «La possibilità per i ragazzi di bere sotto la supervisione degli adulti -

commentano gli esperti dell'università del Minnesota - ha portato ad un maggiore uso e abuso di alcol in entrambi i Paesi presi in esame.

Questi risultati ci dicono che le politiche dei governi non devono incoraggiare i genitori a bere con i figli, né a supervisionare l'uso di

alcol. Anche quando un adolescente ha già iniziato a consumare alcolici, la supervisione dell'adulto sembra peggiorare la situazione».
NO ALLE MEZZE MISURE - Bianco o nero, giusto o sbagliato: per gli adolescenti, si sa, non esistono le mezze misure. Per farsi capire da loro,

quindi, bisogna essere forti e decisi. «I ragazzi - sottolinea Barbara J. McMorris, coordinatrice dello studio - hanno bisogno di genitori,

e non di compagni di bevute. Gli adulti devono perciò mandare dei messaggi molto chiari». Come dire, insomma, che è inutile spiegare a parole che l'alcol può essere pericoloso se poi non si fanno seguire dei fatti concreti.
Elisa Buson