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Giovani e alcol: qualche considerazione

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Giovani e alcool


Nella nostra cultura vi è ormai un totale e assodato consenso sociale relativo al consumo di bevande alcoliche. Tant'è che l'"iniziazione" al bere avviene spesso in ambito familiare, con un consumo di alcol che potremmo definire "alimentare" (un po' di vino durante i pasti è una componente della dieta mediterranea).


Dopo questa iniziale esperienza il consumo di vino, e soprattutto di birra diventa abituale e i genitori accettano tale abitudine a condizione che rimanga contenuta e sotto il loro "controllo".


Il consumo di alcolici da parte di un giovane all'interno della propria famiglia non si configura quindi mai, sin dall'inizio, come un comportamento inadeguato.


Col passare del tempo però il "controllo" dei familiari viene esercitato sempre meno, gli adolescenti tendono a sfuggire alle regole imposte dai genitori nella ricerca di un'identità propria che si delinea all'interno del gruppo di pari. E' qui che si sperimentano le bevande "alternative" (ad esempio la birra in luogo del vino) e i comportamenti trasgressivi come l'abuso.


Il senso di questo utilizzo eccessivo, anche se non quotidiano, di alcolici, si può comprendere solo se ci si svincola dall'idea che esso sia legato al piacere del gusto. Quest'ultimo è infatti assolutamente secondario all'effetto che si va ricercando nella sostanza, a quello stato di euforia e benessere che può dare o a quella disinibizione che risulta funzionale all'interno di un gruppo di adolescenti. In altri termini, non è tanto importante la qualità di ciò che si beve, ma che la gradazione e i quantitativi siano tali da avere un effetto "potente".


Si può quindi comprendere perchè l'alcol sia considerato da alcuni un valido "sostituto" delle droghe: è una sostanza che può provocare uno stato di profonda alterazione psicofisica ed allo stesso tempo è una sostanza legale e socialmente accettata.


Recentemente si è visto un significativo mutamento nella rappresentazione sociale del bere, con un passaggio dal vino alla birra e ai superalcolici e con l'individuazione di nuovi luoghi del bere spesso assunti da modelli esteri (aumentano i pub e le birrerie a discapito delle trattorie e dei ristoranti). Oggi come oggi potremmo parlare di due modelli del bere: un modello tradizionale legato al vino e alla cultura dello stare insieme e un modello moderno legato al consumo per lo più di birra e superalcolici e alla necessità di affrontare difficoltà personali (timidezza, paura, imbarazzo, ecc).


Come già detto in "alcol e alcolismi" il bere determinato da tale necessità rappresenta però una modalità di utilizzo di alcolici che espone a una certa probabilità di sviluppare, col tempo, un problema di abuso o dipendenza. E' proprio per questa ragione che, nonostante i giovani siano al giorno d'oggi più consapevoli e informati delle possibili conseguenze negative dell'assunzione di alcol, continuano a rappresentare una popolazione ancora ad alto rischio.


Tale affermazione è avvalorata da una ricerca che ha portato alcuni autori a distinguere tre forme di alcolismo giovanile:

a) Alcolismo come modalità di integrazione nel mondo degli adulti; in questa forma che prelude ad un'alcoldipenenza, l'influenza delle famiglie e del gruppo di pari è fondamentale. Le feste familiari, il luogo di lavoro, il servizio militare, svolgono un ruolo induttore.

b) Alcolismo come auto-medicazione: messo di fronte alla crisi adoloscenziale (noia, solitudine, sentimento di inferiorità, ecc.) o ad uno stato più patologico (depressione, alto livello di ansia, ecc) il giovane ricerca nell'alcol un effetto farmacologico. Per lo più solitario questo alcolismo comporta una degradazione rapida e a volte assume il valore di un equivalente suicidario.

c) Alcolismo tossicomaniacale: sebbene per molto tempo non considerato tale, l'alcol acquisisce ai nostri giorni il valore di una droga. Il tossicomane può alternare l'alcol ad altre sostanze o può sostituire questi con l'alcol in un periodo di carenza.


QUALCHE STATISTICA

Mentre da una parte ultimamente si nota una stabilizzazione del consumo medio pro-capite per la popolazione adulta, dall'altra si assiste ad un preoccupante incremento dell'uso o dell'abuso di bevande alcoliche fra i giovani. In Italia solo il 26% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni dichiara di non avere bevuto negli ultimi tre mesi, ciò significa che il 74 % ha bevuto ALMENO una volta alcolici o superalcolici.


Il 60% dei giovani consumatori beve prevalentemente birra e il 40 % vino. Gli aperitivi e i digestivi sono assunti dal 34% e i superalcolici (per lo più sotto forma di cocktail) dal 21% dei ragazzi in età tra i 15 e i 24 anni.


Le caratteristiche principali dei giovani a rischio rispetto all'utilizzo di alcolici sono: l'iperattivismo, la paura della quotidianità e della noia il che orienta la loro vita verso l'avventura, l'imprevisto, l'iperstimolazione e le condotte trasgressive a tutti i costi.


Tutti i dati rilevati fino ad ora evidenziano l'aumento del consumo di alcol al crescere dell'età e in particolare un salto significativo dopo i 18 anni, il che evidenzia una correlazione positiva con l'aumentare della capacità economica, l'ingresso nel mondo del lavoro e la maggior possibilità di occasioni di incontro sociale. Un dato particolarmente preoccupante è che se si confrontano i consumi dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni con quelli della popolazione adulta si può notare come i primi mostrino una frequenza più episodica, ma un consumo generalmente più elevato, con forti bevute che si prolungano magari per intere nottate.


Vale a tal punto la pena di citare il cosiddetto paradosso di Kreitmann ed altri. Questo autore ha rilevato che i cosiddetti heavy drinkers (letteralmente bevitori pesanti, quindi gli alcoldipendenti) costituiscono un onere per la collettività di gran lunga inferiore a quello dei bevitori occasionali o moderati. Gli effetti negativi degli incidenti stradali, ad esempio, determinati da un abuso accessuale costituiscono quindi un costo sociale più rilevante di quello dovuto ai comportamenti di abuso cronico. Tale considerazione porta ad una logica conclusione: i giovani che, più frequentemente rispetto alla popolazione adulta, adottano appunto una modalità di bere accessuale sono più a rischio rispetto alla possibilità di subire danni correlati.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)