Giovani e Internet: uno su quattro soffre di dipendenza
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Giovani e Internet: uno su quattro soffre di dipendenza
Ci fermiamo un attimo prima di iniziare l'intervista. Sfoglio qualche appunto in cui sono annotate parole, acronimi... I.A.D.,
disturbi psichiatrici, comunicazione, paradossi e contrasti... E poi una parola ancora, non più magica da tempo: giovani.
"Iniziamo..." e annuisce il dottor Michele Iacono, educatore presso il Ser.t. del Distretto Sanitario 3 di Termini Imerese (ASP
di Palermo), in passato impegnato con la riabilitazione psichiatrica presso Villa Sofia di Palermo e sempre al Ser.t di
Termini Imerese occupandosi di prevenzione nelle scuole, dei detenuti in carcere e di utenti in comunità.
"Indagine su popolazione giovanile e utilizzo di internet, "Giovani e uso di internet", 677 studenti...". Si sistema
velocemente sulla sedia e precisa: "Mancava da tempo un focus su questo rapporto nella nostra realtà. Ricerche nazionali ed
internazionali, infatti, indicano come l'inadeguato utilizzo della rete possa portare ad una situazione di dipendenza...".
"Come la droga?" intercalo. "Si, direi di si. In alcuni casi sono stati registrati fenomeni psicopatologici che si esprimono
con una sintomatologia simile a quella che si osserva in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive. Droga, appunto".
Parlando con il dottor Iacono ci rendiamo conto di parlare di prime volte. L'indagine da lui condotta nel 2010, infatti, non
è stata mai fatta in Sicilia. "Siamo i primi..." e c'è un certo, comprensibile, orgoglio nel suo tono. Si è pure tra i primi
nel resto d'Italia e Iacono c'ha visto giusto, dal momento che "alcuni ragazzi sono già in terapia presso la nostra
struttura" intercala non senza preoccupazione.
Ricerche ed indagini del genere servono a mettere in guardia, analizzando e fotografando una realtà. Non nascono per
demonizzare, ma per puntualizzare. La comunicazione grazie ad internet ha subìto una rivoluzione copernicana. Oggi tutto è
veloce e vicino, possibile, sperimentato e sperimentabile. La conoscenza è a portata di tutti ed internet è sinonimo di
democrazia e di democratizzazione dell'informazione. Ma come ogni aggeggio lasciato libero di ingrossarsi pantagruelicamente
può abbandonarsi a lati oscuri, dipendenze, difficoltà, disagi. Rete da pesca per reati sessuali, per reati informatici,
appunto. Per reati in genere. Niente più privacy o almeno ridotta. Tutto il mondo, alla fine, alla finestra di se stesso.
Eppure non si potrebbe più pensare la nostra società senza internet. Ma lo sanno anche quanti ne dipendono patologicamente.
"Già" precisa serio il dottor Iacono... Lo butto come un amo: "I.A.D." e lui: "Internet Addiction Disorder: dipendenza da
internet, che si manifesta sottoforma di sintomi astinenziali e di tolleranza oltre la soglia critica". "Per esempio, quali
tra questi sintomi?". "Innanzitutto, il bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
una marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano internet; lo sviluppo, dopo la sospensione o la
diminuzione delle ore trascorse attaccati alla rete, di agitazione psicomotoria, di ansia, perfino di pensieri ossessivi su
cosa accade in rete o, ancora, la necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati...".
"Un po' quello che accade all'utente di Facebook. Ha necessità di stare sempre con lo spioncino socchiuso per vedere quello
che succede...". "Si, anche". "E poi? Altri sintomi?". Il dottor Iacono è immediato nella risposta e aggiunge: "Anche
continuare ad utilizzare internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, di lavoro, di scuola o di relazioni".
Si subiscono insomma veri e propri cambiamenti nella vita di chi è internet-dipendente: cambiamenti nei comportamenti, nelle
relazioni interpersonali, modificazioni significative dell'umore, alterazione del vissuto temporale. "Succede, purtroppo,
tutto questo. Alcuni soggetti tendono a sostituire il mondo reale con uno virtuale" dice Iacono. Una sorta di seconda vita,
parallela e meglio voluta. Una sorta di Second Life e alla piazza reale, all'agorà del faccia a faccia, del contatto fisico,
indispensabile per un giusto benessere ed equilibrio esistenziale si sostituisce la piazza virtuale e il contatto irreale
"che possono anche portare ad una spersonalizzazione del sé" continua Iacono. "Dietro al monitor ci si sente più protetti e
più sicuri", più nascosti e più potenti, "ma ci si priva di tutto un mondo di esperienze" precisa Iacono.
I dati raccolti hanno interessato giovani di età compresa tra i 12 e i 21 anni, di cui ben il 20% è risultato essere "utente
a rischio", il 34% "utente abusatore" e il 6% "utente dipendente". Il campione d'indagine è stato di 677 studenti delle
principali scuole medie inferiori e superiori di Termini Imerese. "E 677, statisticamente, è un campione abbastanza ampio"
precisa Iacono, a sottolineare che a sostegno della ricerca i numeri ci sono. Nello specifico si è trattato di 109 alunni
delle seconde classi della Scuola Media Statale "Tisia d'Imera" (il 16% del totale); di 212 alunni del secondo e quinto anno
del Liceo Scientifico "N. Palmeri" (il 31% del totale); di 80 studenti del primo e dell'ultimo anno del Liceo Classico
"Gregorio Ugdulena" (il 12% del totale) e di 276 delle classi seconde e quinte dell'Istituto "Stenio" che raccoglie ITC, ITI,
Istituto Tecnico per Geometri e IPIA (il 41% del totale). Si tratta di istituti scolastici frequentati da ragazzi dell'intero
comprensorio e quindi il campione può essere rappresentativo, seppure in parte, di un territorio ultracittadino. Il Distretto
Sanitario interessato, infatti, è il 3, quello di Termini Imerese (guidato, al tempo dell'indagine, dall'allora direttore
sanitario, Giuseppe Abbate) e l'indagine parte proprio dal Servizio per le Dipendenze Patologiche di questo Distretto e
facente capo al Ser.t di Termini Imerese, di cui è responsabile il dottor Giuseppe Passalacqua.
La ricerca è stata condotta attraverso il test proposto da Kimberley S. Young, somministrando al campione di giovani 19
domande (item) per 19 risposte progressive circa la frequenza di certi comportamenti legati all'uso di internet, con una
specifica gradazione (mai, raramente, ogni tanto, spesso, sempre). Ogni studente doveva semplicemente indicare età e sesso
prima di procedere con le risposte, per un questionario del tutto anonimo.
E le domande sono state di questo tipo: "Quante volte vi siete accorti di essere rimasti on-line più a lungo di quanto
intendevate?" oppure "vi capita di trascurare le faccende domestiche per passare più tempo on-line?" o con che frequenza
"stabilite rapporti con altri utenti on-line?" (si, nel 66,7% dei casi, a dimostrazione di una forte necessità di rapporti e
contatti interpersonali ed emotivi, cui fa da contraltare la difficoltà di instaurarli). O, ancora, se gli studi risentano
negativamente della quantità di tempo che si passa collegati ad internet; o la resa sul lavoro o la produttività quanto siano
da ciò influenzate o se "vi capita di pregustare il momento in cui tornerete on-line" o di sentirvi "persi" al solo pensiero
della "vostra vita senza internet" (risponde affermativamente e drammaticamente ben il 28,5% degli intervistati). Una
perdita, una sorta di lutto mai realmente elaborato. O, ancora, "quanto vi capita di concentrarvi con il pensiero su internet
quando non siete al computer?", "vi capita di scoprirvi a dire "pochi minuti e spengo?"", "quante volte scacciate pensieri
negativi sulla vostra vita consolandovi con il pensiero di Internet?".
In base alla somma delle risposte (tanti mai o tanti spesso, ad esempio) è stato assegnato un profilo in base al livello di
dipendenza da internet (da un uso normale, con un buon controllo nel 71,8% dei casi a difficoltà nel controllare e gestire il
tempo che si trascorre in rete cominciando a rendersi conto dell'effetto che possa avere nella propria vita nel 27,9% dei
casi, a problemi significativi nella propria vita causati dall'uso di internet nello 0,3% dei casi analizzati).
"Il dato del 27,9% di per sé è già abbastanza alto, perché parliamo di una popolazione giovanile in stato di difficoltà"
precisa Iacono "e che molto probabilmente presenta scarsi risultati, sotto il profilo scolastico; ma anche poca autostima di
sé e difficoltà a gestire le relazioni sociali". E del campione, in questa fascia di problematicità, fa parte il 39,3%
rappresentato dalla sola scuola media inferiore, mentre gli studenti di scuola superiore, per le stesse difficoltà, si
attesterebbero attorno al 26-27%; mentre il profilo di maggiore gravità è presente esclusivamente tra i giovani delle classi
degli istituti superiori.
"Ciò che è possibile leggere in quel 39,3% è la totale assenza dei genitori. I loro figli stanno a contatto con internet
senza averne alcun controllo dal padre o dalla madre, per ragazzi potenzialmente "a rischio", visto che si tratta di dodici-
quattordicenni" sottolinea Iacono. Che continua: "È molto probabile anche che i genitori non sappiano quanto tempo gli
adolescenti restino collegati e con chi, che siti frequentino, cosa scarichino, che tipo di relazione instaurino con altri
utenti; ed è anche molto probabile che i ragazzi, nell'immediato, si presentino tranquilli, senza manifestare particolari
comportamenti e che i genitori interpretino il tutto come condotte non meritevoli di particolare attenzione. Forse
cominceranno ad accorgersi che qualcosa non va con la pagella fra le mani a fine quadrimestre...".
Entrando nel cuore dell'analisi, nelle singole domande, emerge che le condotte a rischio sono da tenere seriamente sotto
controllo. Un uso eccessivo di internet può dare vita a disturbi ossessivo-compulsivi, ad agitazione psicomotoria, ad
alterazione dell'umore (28,5%), a riduzione delle esperienze di vita e di relazione (20,5%), ad isolamento sociale e a
dipendenza (20,5%). E da lì, alla pornografia e al gioco d'azzardo online, il passo è davvero breve. E poi l'irritazione
quando si viene "scocciati", "seccati", "disturbati" mentre si è collegati. E il genitore che ne esce fuori è sempre più
debole davanti a depressione e irritabilità montanti.
E poi il tempo, il rapporto spazio/tempo. "Alla percezione del tempo e a questo rapporto, finora, è stata data poca
attenzione da parte di altre ricerche. Anche in questo l'indagine indica qualcosa che non si sapeva o comunque non si era
studiato" precisa Iacono. "Cioè?" chiedo e lui: "La percezione del tempo che fluisce o che resta bloccato non è un dato
secondario rispetto all'agire umano. Al contrario è fondamentale. La misura del tempo, cadenzarlo, ha sempre accompagnato lo
svolgersi degli accadimenti umani, con i loro tempi e i loro ritmi, per l'appunto. E lì c'è la percezione, ancora, della
distinzione tra il giorno e la notte, il feriale ed il festivo, ecc. Con internet, invece, non c'è più questa differenza e il
tempo si dilata, non ha più argini né limiti, diventa fluido...". Già. "Il tempo, insomma, non è più misura delle nostre azioni
e ciò che conta è la possibilità di trovare sempre a disposizione internet, in cui né la notte né il giorno, né il feriale né
il festivo, né l'impegno né il disimpegno, rappresentano più una demarcazione netta dei tempi e dello spazio delle relazioni
umane". Poco rassicurante, per certi versi.
"In conclusione?" chiedo. E Iacono: "in conclusione pensiamo che sia indispensabile collaborare attivamente con le scuole,
promuovendo incontri con i ragazzi, con i docenti e le famiglie, con le amministrazioni pubbliche, diffondendo i dati
raccolti e sviluppando progetti come quelli già in atto". "Per esempio?" incalzo. "Per esempio il CEASA, il Centro Educazione
Alla Salute Adolescenti, basato sul concetto di educazione alla pari e avviato in dieci comuni del Distretto di Termini
Imerese, grazie ai fondi della legge n. 328 del 2000 e che si concluderà nel 2012". "Bene". Lo guardo e il grazie è d'
obbligo. Una ricerca non ha solo il sapore della conoscenza; ha la capacità, anche, di rendere la soddisfazione di aver fatto
ciò che andava fatto.
Abbiamo tanto bisogno di vedere un mondo migliore che crediamo di trovarlo e viverlo sul web, dove tutto è good e dove tutto
è a portata di clic. Su facebook, in fondo, l'unico pulsantino da cliccare è "mi piace". Sarà per questo che tutto è un "più"
e mai un "meno"? Ma è davvero questo che rende tutto più "smile"? In realtà, forse, più che stringere un mouse si dovrebbe
ricominciare a saper stringere una mano. Non dovrebbe essere poi così tanto complicato.