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Giovanissimi e primi assaggi di bevande alcoliche: intervista al prof. Enrico Tempesta

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Giovanissimi e primi assaggi di bevande alcoliche.
Intervista al prof. Enrico Tempesta

"L'approccio all'alcol dei ragazzi in Italia avviene principalmente in famiglia. E ciò fa sì che, rispetto ai paesi del Nord Europa, ci sia un rapporto più culturale, fisiologico e meno trasgressivo, il che è certamente un bene". Enrico Tempesta, neuropsichiatra, già docente di Psichiatria presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, continua a occuparsi della cura di soggetti dipendenti da sostanze psicoattive e della cura di soggetti dipendenti da alcol.


Professore, in base alla Sua esperienza maturata nell'ambito delle dipendenze patologiche e dell'impegno profuso in oltre venti anni nell'educazione e sensibilizzazione al bere responsabile come Presidente del Laboratorio Scientifico dell'Osservatorio Permanente sui Giovani e l'Alcol, ci può dire come si è modificato in questi venti anni il rapporto dei giovani con le bevande alcoliche?
Partendo dal presupposto che è ancora forte la tradizione enogastronomica italiana di accompagnare i pasti con il consumo di bevande alcoliche quali vino e birra, indagini molto rigorose come la longitudinale Osservatorio-Doxa pubblicata nel 2012, dimostrano che l'abuso e i comportamenti a rischio dei giovani di venti anni fa si sono modificati, negli attuali quarantenni, in comportamenti più responsabili dove la qualità è privilegiata rispetto alla quantità delle bevande alcoliche assunte. Ciò vuol dire che le persone, crescendo, sono più capaci di consumare in modo consapevole e responsabile. D'altro canto però dobbiamo constatare un aumento del consumo di bevande alcoliche nella fascia giovanile ed un abbassamento dell'età di inizio del consumo.


I giovani di oggi, invece, come si pongono nei confronti dell'alcol?
Vede, proprio nell'ultima ricerca realizzata in collaborazione con la SIMA (Società Italiana Medicina dell'Adolescenza), in cui sono stati intervistati più di 2000 studenti della terza media in tutta Italia, cioè i ragazzini di tredici anni, ne è emerso che il primo assaggio di una bevanda alcolica è avvenuto ad una età maggiore dei 10 anni per il 41,6% degli intervistati contro il 29,5% di chi ha iniziato prima dei 10 anni: sicuramente un'età precoce, ma va evidenziato che il primo assaggio per circa il 73% dei casi avviene alla presenza degli adulti, genitori o parenti, in ambienti conviviali associati ai pasti.


Si può dunque dire che il primo assaggio avviene con mamma e papà?
Certamente, e questa abitudine, del tutto italiana fa sì che nei ragazzi bere alcol non rappresenta un gesto proibito. Sappiamo quanto un divieto stimoli l'irrefrenabile curiosità di un adolescente, in questo modo, il contatto con l'alcol assume una valenza meno importante, meno intrigante. Infatti, nei Paesi dove il proibizionismo è più forte l'uso dell'alcol ha un valore di iniziazione e di trasgressione in cui l'esperienza viene consumata in gruppo e quindi può portare a pericolose derive.


Si sta riferendo alla nuova moda del binge drinking?
Tradotto, l'abbuffata alcolica è una pratica che deriva dalla globalizzazione. I giovani di oggi si muovono con maggiore facilità di un tempo e la tecnologia ha accorciato notevolmente le distanze, per cui soprattutto dai paesi del Nord Europa, dove appunto l'idea di trasgressione è più forte, stiamo "importando" questa pericolosa pratica che ha effetti devastanti sul sistema nervoso, pari a quello dell'uso di droghe: 5 o 6 bevande ad alto tasso alcolico bevute in un intervallo molto breve non sono proprio una passeggiata. Secondo l'ultima indagine promossa dall'Osservatorio con la Doxa (2011), effettuata sui ragazzi di età compresa fra i 13 e i 24 anni, si evidenzia un consumo di alcol, almeno occasionale nel 70% dei casi con una percentuale del 23% a rischio di abuso e, proprio fra questi, rientrano i casi di binge drinking, pratica sperimentata già a 16 anni dal 14,6% dei ragazzini, percentuale che sale al 21 nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni.


Professor Tempesta, in che modo gli adulti dovrebbero comportarsi per arginare fenomeni così preoccupanti?
Intanto continuando a parlarne e a fare informazione e direi giusta informazione. La carta che noi adulti, a tutti i livelli, dobbiamo giocarci è quella educativa. Nel fare questo è necessario coinvolgere tutti: famiglia, scuola, istituzioni, distributori, produttori di bevande alcoliche. Ognuno deve fare la propria parte investendo sulla nell'educazione alla salute, recuperando e trasmettendo il valore alimentare dell'alcol, pur restando validissima, ovviamente, la raccomandazione per cui i minori non devono bere. Il lavoro che dobbiamo fare, ripeto tutti insieme, è quello di riorganizzare il contesto della vita dei nostri giovani, sul territorio, nelle scuole, nel tempo libero fino ad arrivare ad un potenziamento dei servizi di presa in carico dei ragazzi che presentano particolari ed anomali patologie. Occorre rispondere in modo veloce ed efficace alla loro mancanza di punti di riferimento ed incidere sui modelli di comportamento del gruppo dei pari.


Quindi la società ha una sua precisa responsabilità rispetto a certi comportamenti?
Direi fondamentale. Stiamo assistendo ad un particolare momento storico in cui la condizione adolescenziale appare critica e la capacità di ascolto scarsa o colpevolmente assente. Alla base di un uso pericoloso dell'alcol ci sono ragioni psicologiche e sociali: l'assenza di punti di riferimento, le scarse prospettive di lavoro, l'incertezza di un futuro migliore, la solitudine e l'incapacità di saper gestire le sconfitte che la vita di volta in volta ci propone, l'assenza di regole. L'alcol in questo contesto rappresenta per gli adolescenti una via di fuga, li fa sentire ciò che non sono, li fa sentire uguali agli altri dando loro una collocazione nella società. Per questo è importantissimo che gli adulti esercitino una costante e attenta vigilanza e siano un punto di riferimento forte ed autorevole a partire dai primi anni di vita.


Tratto da: Osservatorio News n. 9 - marzo 2013


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)