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Gli adolescenti e l'alcol: banalizzare è l'errore più grave

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Birra prima della scuola. «Genitori, chiamate il Sert»
I consigli degli esperti: banalizzare è l'errore più grave. I dati più aggiornati dell'Asl parlano della prima forma di dipendenza a 12 anni


Il preside di una scuola media di Bergamo mi ha appena raccontato di uno studente che prima di entrare in classe va al bar e si beve una birra: questo è ovviamente un segnale chiaro, ma in genere le cose sono più complicate». Il dottor Luca Biffi, referente della prevenzione del Sert «Bergamo 2», ha visto molti di quei segnali, perché nella Bergamasca di ragazzini che hanno confidenza con l'alcol ce ne sono tanti.
Secondo i dati Asl, quasi un quarto degli undicenni beve una volta al mese, a 12 anni c'è chi ha problemi di dipendenza, a 15 un terzo degli studenti pratica almeno una volta al mese il binge drinking, bevendo uno dopo l'altro almeno cinque bicchieri di alcolici. Un quarto degli studenti e il 15% delle femmine beve una volta la settimana. In genere all'insaputa dei genitori.

Partiamo dall'inizio. Perché un ragazzino beve alcolici? «È fondamentale la dimensione del gruppo: lo fanno gli amici, lo faccio anche io - elenca il dottor Biffi -. C'è poi la ricerca del piacere, perché l'alcol è legato ai divertimenti. Infine ci sono i problemi relazionali: se uno ha problemi con l'altro sesso, qualche bicchiere aiuta». «Il gruppo dà la spinta principale: per appartenervi si deve fare quello che fanno gli altri», conferma Valerio Ghilardi, educatore e formatore della Cooperativa Linus di Brembate Sopra, che organizza iniziative nelle scuole proprio per prevenire l'abuso di alcolici.


Seconda tappa: come si fa a capire che il figlio fa abuso di alcolici? «Non bisogna trasformarsi in investigatori - chiarisce Biffi -. Il lavoro va fatto prima, mantenendo un rapporto con i figli e guardandoli sempre. Questo permette di capire se qualcosa cambia e fa cogliere i segnali: come va a scuola, che relazioni ha, se ha interessi o è chiuso». Meglio ancora se si vive in un paese, specifica Ghilardi: «In paese si sa chi è la gente con cui il figlio va in giro e se ci si può fidare. Si deve fare un controllo a 360 gradi, vedere il figlio fisicamente, aspettarlo quando viene a casa, capire se studia, se ha abbandonato certi interessi».


Terza tappa: si scopre che il figlio abusa di alcol. Come ci si deve comportare? «Prima di tutto non bisogna banalizzare - spiega Biffi -. I genitori sono prevenuti contro le sostanze illegali ma non rispetto all'alcol, perché è socialmente accettato. Ma l'alcol è, anche più dei cannabinoidi, una sostanza-ponte: segnala una propensione all'abuso che può sfociare verso le droghe. Però non bisogna nemmeno farsi prendere dal panico. Bisogna parlare con il figlio, capire se è un episodio o un abitudine, che significato ha per lui, se c'è qualcosa che non funziona, se sta male, se lo fa per abitudine o è una via di fuga. Ma non è sempre facile relazionarsi con gli adolescenti. Ci si può allora rivolgere al Sert o ai privati: a volte un esterno può aiutare meglio a ragionare con calma e capire come muoversi».
Secondo Ghilardi è fondamentale aprirsi: «I genitori devono spiegare cosa pensano e cosa provano. Bisogna essere veri, comunicare le proprie emozioni per incontrarsi su un piano di autenticità. Ma anche chiarire che questa cosa non la si può tollerare. Bisogna contrattare e imporre il proprio ruolo: io ti permetto di uscire con quei ragazzi ma alle mie condizioni e ai miei orari. E se sgarri vieni punito. Il genitore deve far capire che non è fesso».


Fabio Paravisi

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)