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News di Alcologia

Gli adolescenti e l'alcol: l'educazione e la società possono fare di più

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"Li vedo solo barcollare"
Loro, i giovani, anime in pena, esserini sempre in difficoltà. Li vedo barcollare, per le strade buie della vita e provo un senso di assurda

colpa.
Sono figli illegittimi di una società manomessa dal mal costume, dall'indifferenza, dall'incoerenza, dall'egoismo.
E sono là, ad ogni angolo di strada, chiusi nella loro disperazione e nel loro silenzio.
Neanche il passante vi sosta accanto, tutti incuranti del loro grido.
Perché la società attuale è indirizzata ad altro; nella meticolosa cura di un'immagine votata verso il benessere ed il bello, adoperata a

soddisfare voglie e passioni.
Le loro necessità invece parlano d'altro e nel silenzio invocano. Per riuscire a stabilire un contatto è indispensabile formulare un

programma, i cui punti incisivi e d'effetto si incontrano nel programma Amore.
L'amore è un elemento di spicco nella vita di ognuno e racchiude ingredienti come l'ascolto, la comprensione, la dolcezza, l'attenzione.
Dentro ognuno di questi si trova la luce.
Bisogna saperla vedere con occhi sensibili, con validi argomenti di discussione e con gesti di sicuro effetto.
"Siamo ragazzi di oggi", cantava Eros Ramazzotti, "camminiamo da soli, nella notte più scura, anche se il domani ci fa un po' paura", e poi,

quasi un'invocazione, "finché qualcuno ci darà, una Terra Promessa, un mondo diverso, dove crescere i nostri pensieri".
Ironia della sorte, Terra Promessa, descriveva l'inizio di una contestazione profonda attraverso la ricerca di ideali, la tensione verso un

futuro nuovo, le illusioni, i sogni, le aspirazioni dei giovani di allora. Sembrava essere lontano l'identikit che Ramazzotti fece della

gioventù, invece da lì a poco sarebbe scattato l'allarme della crescita esponenziale dell'alcolismo giovanile e delle droghe cosiddette

leggere. L'abbiamo ignorato un po' tutti: genitori, politici, amministratori, educatori, uomini di chiesa e di scuola... Abbiamo rimosso il

problema, affibbiandogli l'etichetta di "fenomeno tipico della fase adolescenziale".
Invece ecco che il problema bussa alla porta di ogni famiglia e ad essa chiede maggiore responsabilità. Ma le famiglie, così come i punti di

riferimento fanno orecchi da mercante. Non vi è certamente la presa d'atto.
"Prima l'uomo beve un bicchiere, poi il bicchiere beve un bicchiere. Infine il bicchiere beve l'uomo". E' proprio vero che a un certo punto

non è più l'uomo che comanda, ma il bicchiere. E inizia così un penoso processo di auto schiavizzazione con la conseguente graduale

autodistruzione. In questa criticità la mancanza di obiettivi.
Così i giovani sono sulla strada del graduale suicidio da alcol. Loro che hanno deciso liberamente o trascinati dal branco, senza rendersi

conto che nel breve tempo possibile l'assunzione crea assuefazione, distrugge l'organismo (con gradualità diversa, ma lo fa) e rende schiavi.
L'alcol è droga, non una sostanza innocua per fanciulli innocenti o adolescenti di primo pelo. Una droga presente e sottovalutata,

quotidianamente pubblicizzata e abbondantemente consumata. Una droga che distrugge, cellula dopo cellula, la vita di giovani e non, che

riempie prigioni e ospedali, uccide su strade e autostrade. Un flagello sociale!
Ecco perché l'alcol è il killer numero uno dei giovani .
D'altra parte per un ragazzo il bere ha un valore simbolico e psicologico, così come per il primo pacchetto di sigarette. E' la sensazione di

entrare in questo modo nel mondo degli adulti, di sentirsi più liberi e indipendenti. L'alcol diventa quasi una «pozione magica» che ti dà

senza sforzo quell'extra di cui hai bisogno per sentirti forte, coraggioso, super. Quasi sempre l'iniziazione alla bottiglia avviene in

gruppo, dove ogni adolescente trova risposta al suo bisogno di socializzare, di evadere, di costruire la propria identità.
Insomma i ragazzi bevono per sentirsi grandi, abusano di alcol per essere accettati dal gruppo, si ubriacano per essere trasgressivi e

muoiono da imbecilli, perché non sono più padroni di se stessi. In realtà non bevono, piuttosto sono bevuti dall'alcol.
I giovani così non sanno di andare incontro a conseguenze terrificanti (una vita piena di guai). L'abuso di alcol provoca un aumento della

mortalità in molte malattie; ed è all'origine di comportamenti devianti e violenti, di suicidi, tragedie familiari, esclusioni sociali e di

incidenti stradali mortali (le cosiddette stragi del sabato sera).
Le cause? Molteplici. Tra cui il disagio esistenziale, la fragilità psicologica, la carenza affettiva, il non riconoscimento del se di chi

affronta l'insostenibile leggerezza della propria vita con mezzi pericolosi come l'alcol. Il fatto poi di vivere in una società consumistica,

che spesso ti mette a disposizione il denaro ma non l'educazione ai valori facilita l'abuso alcolico. Fatto sui figli di una cultura

edonista e individualista, dove i desideri sono legge, dove prospera la cultura del rischio e del tutto è lecito, dove l'imperativo è l'

autodistruzione!
La sfida è proprio quella dell'educazione al valore della propria libertà fino al corretto e responsabile comportamento davanti al bicchiere

da bere, per non correre il pericolo di essere ‘bevuti' perdendo così la propria dignità e la vita.
Tutto ha una spiegazione... intanto il volume d'affari che gira attorno alla vendita di alcol e ancor di più la leggerezza con la quale si

affronta questo immane problema.
Allora cari signori. Questo non è il fallimento dei giovani. Questo è il fallimento di una società civile fondata sul proprio ego, cioè sul

nulla.
Bisogna smetterla di parlare, bisogna intervenire con modalità mirate, tralasciando il rischio della perdita del guadagno attraverso l'

assunzione. Bisogna farlo tutti insieme. Intanto i genitori, la scuola, gli educatori in genere, gli operatori di strada, gli esercenti

commerciali, le autorità preposte con maggiori controlli e maggiori divieti.
I divieti e la responsabilità con la presa di coscienza genitoriale, fa si che i giovani possano essere inseriti in una società con il

totale coinvolgimento delle famiglie attraverso programmi " terapeutici" con gruppi di mutuo-aiuto. Bisogna fare anche scelte impopolari,

quali ad esempio la somministrazione di alcol attraverso una " carte d'identità dell'alcol" ( non è un marchio) che riassuma il consumo

giornaliero, ( consumo da stabilire) oltre il quale non è possibile andare.
Interventi di questo tipo sono efficaci per una situazione diventata oggi una catastrofe.
Giuliana Scaffidi


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)