Gli americani e l'alcol: tra proibizionismo e trasgressione
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Lasciate bere gli americani
Di Harry Cheadle
Un paio di mesi fa, nella Contea di Limestone, in Alabama, una donna alla guida di un'auto è stata fermata e multata per "trasporto di liquidi proibiti". Che razza di infrazione è il "trasporto di liquidi proibiti"? Come spiega questo articolo, chi entra in Alabama dal Tennessee (dove le imposte sulla birra sono più basse) con a bordo una quantità di birra superiore ai 20 litri, rischia da uno a sei anni di prigione. E infatti, la donna in questione trasportava 15 casse di Bud Light, equivalenti a più di 400 litri. Ma perché diavolo uno non è libero di trasportare tutta quella roba?
L'America ha sempre avuto uno strano atteggiamento nei confronti dell'alcol-chiamatelo puritanesimo, anche se poi in realtà i Puritani si sono sempre ubriacati come dei pazzi. L'Arabella, la nave che li portò a Boston nel 1630, aveva a bordo più birra che acqua, oltre a centinaia e centinaia di litri vino (per fortuna non sono passati dall'Alabama). A quel tempo le bevande alcoliche erano considerate più salutari dell'acqua, e i coloni iniziarono a produrre la propria birra non appena sbarcati. L'alcol ha giocato un ruolo importante agli inizi della storia americana; nel diciottesimo secolo, l'industria del rum prosperava nel New England; Washington e Jefferson bevevano birra di loro produzione; nel 1791, l'istituzione di un'accisa sul whisky scatenò una vera e propria rivolta, e infine, nel 1829, per festeggiare l'elezione a settimo Presidente degli Stati Uniti, Andrew Jackson organizzò un festino che mise sottosopra la Casa Bianca.
Andare contro la tradizione del bere fa parte dell'altra tradizione americana, quella dall'indole bacchettona. Dopo il proibizionismo nessuno vuole veramente vietare l'alcol, eppure sono molte le "dry County" in cui non si possono comprare alcolici legalmente, e alcuni Stati hanno leggi talmente severe che, paradossalmente, potrebbero essere state scritte soltanto da persone sotto l'effetto di sostanze piuttosto pesanti. Nello Utah ci sono norme sull'alcol diverse a seconda che esso sia consumato in ristoranti, locali, sale per ricevimenti o aeroporti, e la birra con una gradazione alcolica superiore al 3.2 percento viene considerata "pesante", perché i Mormoni sono delle fighette. A Knoxville, nel Tennessee, gli strip club non possono vendere alcolici, e ballare all'interno dei locali è proibito a meno che non ci sia uno spazio apposito. In Pennsylvania, non tutti i supermarket e i discount non possono vendere birra. Infine ci sono varie norme che vietano la vendita di alcolici il giorno di Natale, altro esempio del peso della religione nella questione-se il giorno di Natale coincidesse col sabato ebraico e un ebreo dell'Indiana non potesse comprare una bottiglia di vino kosher per cena sarebbe veramente triste, non credete?
Poi c'è il Connecticut, dove non solo di domenica è proibita la vendita di alcol (una legge statale piuttosto comune), ma esiste anche un prezzo fisso minimo. L'obiettivo del governo, l'autorità che impone tale prezzo, è aiutare le piccole attività che non possono competere con i grandi negozi che comprano all'ingrosso. Il risultato è che comprare da bere nel piccolo Connecticut è davvero costoso. Così, alcuni residenti escono dai confini per fare rifornimento, provocando alle casse dello Stato una perdita stimata intorno ai 570 milioni di dollari l'anno. Ultimamente si sta pensando di abrogare la legge sul prezzo minimo per cercare di avere un mercato più competitivo, ma i negozianti protestano perché vedono danneggiata la loro attività. Se l'unica motivazione del governo per non trattare l'alcol come ogni altro prodotto è che "distruggerà imprese che non esisterebbero senza gli aiuti statali"... be', non mi sembra una buona ragione, no? Se tutto va bene, gli abitanti del Connecticut saranno presto in grado di comprare alcolici a prezzi ragionevoli e senza il bisogno di guidare fino in Massachusetts. E forse, un giorno, persino gli abitanti dell'Alabama riusciranno a trasportare le loro Bud Light senza rischiare di finire in prigione
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)