Gli spericolati signori dei neuroni
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Test a Stanford e San Francisco: si usano raggi di fotoni per alterare le informazioni nel cervello. "Condizioniamo anche i centri del piacere: è la strada per sconfiggere il Parkinson e le dipendenze dalla droga"
Ecco una scoperta che piacerà agli amanti del «multitasking» - l'eseguire più compiti in contemporanea - non rassegnati al fatto che il cervello rallenta, e a volte si inceppa, se si impegna su troppe cose allo stesso tempo: i colpi di luce «sparati» sui neuroni migliorano l'efficienza di elaborazione dei dati. Così, un giorno, potrebbe bastare un banale dispositivo wireless portatile che invia raggi luminosi per diventare un po' più intelligenti, quando se ne sente il bisogno.
Un primo «prototipo» è già stato sperimentato su alcuni topolini e le ricerche pubblicate sulle riviste «Science» e «Nature» da due team Usa, uno dei quali guidato da uno scienziato italiano. I neuroscienziati hanno dimostrato che i fotoni, diretti in modo selettivo, permettono di modulare il flusso di informazioni, mentre altri, inviati su altri neuroni, consentono di condizionare comportamenti specifici. Tutto è stato reso possibile dall'invenzione di una tecnica - l'«optogenetica» - che rende le cellule cerebrali fotosensibili e permette di manovrarle a colpi di luce di intensità variabile.
Il team di Karl Deisseroth della Stanford University, California, ha testato il metodo sui neuroni che producono parvalbumina, arrivando così a una seconda scoperta: sono i «timonieri» del cervello, in quanto producono onde gamma, quelle che danno il ritmo a tutti gli altri neuroni, proprio come nel canottaggio un membro della squadra scandisce i tempi di remata dei compagni.
L'altra ricerca, guidata dall'italiano Antonello Bonci dell'Università di San Francisco, ha avuto invece come bersaglio i neuroni dopaminergici, che controllano la risposta a stimoli piacevoli, ne memorizzano la provenienza e mediano anche la ricerca di nuove esperienze appaganti. Bonci, negli Usa dal ‘98, dove è arrivato dopo una laurea in medicina all'Università Cattolica di Roma e la specializzazione in Neurologia all'ateneo di Tor Vergata, li ha stimolati con la luce, condizionando le reazioni di alcuni topolini. La tecnica di controllo è stata battezzata optogenetica, perché si compone di due ingegnosi sistemi, uno ottico e uno basato sull'ingegneria genetica: il segreto sta nell'aver inserito nel Dna dei neuroni che si vogliono controllare la proteina fotosensibile di un'alga, la canale-rodopsina 2. Il gruppo di Bonci, in particolare, ha osservato un fenomeno significativo: più intensamente sono stimolati i neuroni e più dopamina producono e questa «secrezione» si accompagna a differenti comportamenti dei topi in cerca di stimoli piacevoli. Anche in questo caso la scoperta è duplice. «Grazie al nostro studio, infatti, per la prima volta abbiamo ottenuto anche l'evidenza diretta che ondate di dopamina rilasciate nel cervello causano variazioni significative nelle azioni - spiega Bonci -. Ne consegue che, manipolando i ritmi di attività di queste cellule, potremo pensare a una molteplicità di azioni».
Questa stimolazione selettiva - aggiunge - «è di per sé un passo avanti enorme in confronto alle ormai vecchie tecniche di stimolazione cerebrale, come la "deep brain stimulation", vale a dire la stimolazione profonda, che richiede l'impianto di elettrodi e che oggi viene utilizzata nella cura del Parkinson e di altre malattie neurologiche». L'optogenetica potrebbe sostituire questo metodo ancora «indiscriminato» con una logica molto più «intelligente». E non solo. Un'altra possibilità è legata alla neutralizzazione di molte dipendenze, dall'alcol e dalla droga, cancellando con rilasci controllati di dopamina la sindrome acuta di astinenza, mentre si pensa di riuscire a controllare anche il comportamento delle onde gamma, distorto in malattie come l'autismo e la schizofrenia, riportandolo così alla normalità.